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            TERRORISTI CECENI A 
        “LIBERAZIONE” E “MANIFESTO” 
              
            06/09/2004 
              
            Rientrare in Italia dopo una mesata 
            nel Venezuela bolivariano è come rientrare tra le capre del proprio 
            villaggio di capanne dopo aver girato con Odisseo per le terre di 
            Alcinoo, Nausicaa, Circe e Polifemo, Calipso e Ilio. Gli anglofobi 
            lo chiamano anticlimax, 
            il contrario di una vetta, un vertice, o di un orgasmo. E’ come 
            riprecipitare nel sottosviluppo provenendo da una civiltà avanzata. 
            E basterebbe il confronto tra la buona educazione, l’allegria, la 
            gentilezza, il buonumore universale e pandemico dei venezuelani, 
            andini o della piana, metropolitani o della selva tropicale, e la 
            nevrosi collettiva dei romani, sconvolti da decenni di devastazioni 
            capitoline,  pronti alla rissa al primo sorpasso giudicato protervo, 
            al primo pestone subito sull’autobus della compenetrazione dei 
            corpi, al primo scataracchio da enfisema automobileindotto., al 
            centesimo sacco di rifiuti sparso tra i piedi e sotto i nasi. 
            Basterebbe vedere come la rivoluzione bolivariana ha sottratto alla 
            manomorta degli infiltrati dell’oligarchia l’azienda di Stato degli 
            idrocarburi, rilanciandola a terza impresa sudamericana e a motore 
            dell’integrazione ed emancipazione sociale continentali, a fronte di 
            quanto l’esperto di devastazioni industriali e sociali a un miliardo 
            al mese, Cimoli, va facendo all’Alitalia, sul modello del degrado da 
            lui già inflitto a quelle che erano le migliori ferrovie d’Europa e 
            oggi farebbero pena al Mali. Basterebbe anche, l’esperienza della 
            serietà, competenza, maturità politica, modestia di modi e di beni, 
            al limite del pauperismo, di coloro che pur dirigono la più 
            importante rivoluzione dei nostri tempi: la sede centrale del 
            partito di maggioranza, MVR è una casetta gialla a due piani con un 
            televisore in bianco e nero, l’ufficio nel Comando Maisanta, 
            quartier generale elettorale, del braccio destro di Chavez, Willian 
            Lara, è un bugigattolo dove a stento ci stanno lui e la segretaria, 
            le redazioni dell’unico quotidiano di sinistra, dell’unico canale 
            governativo, delle tante tv e radio di quartiere, ricordano le 
            atmosfere, i mezzi, gli arredi del nostro passato extraparlamentare. 
            E poi, a ogni livello, la cordiale fraternità tra tutti i 
            partecipanti a questa grande rivoluzione di popolo che non conosce 
            gradi e gerarchie, che ovunque piega il verticale all’orizzontale. 
            E, di fronte, le degenerazioni salottiere, le cadute di stile, i 
            quaquaraquismi, le serpentine dell’opportunismo, le familistiche e 
            compiaciute disponibilità ai Vespa, Costanzo, Socci, Carrà , 
            chiunque abbia a disposizione una telecamera, di certa gente di qui. 
            Ricordo un ministro del governo venezuelano che riteneva 
            incompatibile con la sua funzione e la sua etica accogliere l’invito 
            a uno “show” televisivo. Non ci ho mai visto nessuno dei bolivariani 
            sulle ginocchia di un qualche locale principe mediatico. C’è classe 
            politica e classe politica, da noi abbiamo scambiato per tale una 
            banda di arraffoni, arruffoni e guitti. Un bagno nella rivoluzione 
            bolivariana e  il grano si separa dal loglio come per miracolo. 
              
            Ma è la chiarezza delle cose della 
            vita, cioè della politica, che da quelle parti riflette la 
            limpidezza del cielo, mentre da noi le cose della vita si confondono 
            e mescolano in melmosa omologazione, rivaleggiando con le turbolenze 
            tossiche delle polveri sottili e del biossido di carbonio dello 
            smog. Fin dal primo momento, nessuno tra i compagni venezuelani si 
            sarebbero sognato di fraintendere le tanto turpi quanto evidenti 
            provocazioni di un “Esercito Islamico” che agisce a parla in 
            sincrono con il mercenario Cia Ayad Allawi, a sua volta sgambettante 
            dai fili di Donald Rumsfeld, Ariel Sharon e neonazisti vari. Prima -  
            hanno scritto sui loro giornali i bolivariani, che non hanno la 
            vista ottenebrata dalla fregola di andare al governo con i propri 
            opposti – questo “Esercito Islamico”, né islamico, né iracheno, 
            chiede il ritiro di 50 insignificanti filippini che, comunque, se ne 
            sarebbero dovuti andare un mese dopo. E si accredita come grande 
            vincitore nei confronti di una presidente Gloria Arroyo, che, 
            amichetta di Clinton in gioventù, come sente un fischio statunitense 
            arriva al godimento e, dunque, ritirando i suoi ragazzi, ha danzato 
            al trillo di uno zufolo pseudoiracheno il cui fiato sapeva 
            distintamente di stelle e striscie. Acquisita credibilità 
            resistenziale, questi specialisti Mossad si sono rivolti al 
            bersaglio vero: giornalisti ficcanaso e non 
            embedded (con qualche 
            magagna dal punto di vista iracheno, tipo la familiarità con 
            l’agente occidentale Scelli e le intimità con le soldatesse USA), e 
            il vero, massimo stato canaglia, la Francia laica e del rispetto per 
            gli arabi e musulmani, la Francia, magari imperialista di suo, ma 
            massimo intralcio allo “scontro di civiltà” finalizzato alla 
            conquista sion-statunitense del mondo. Ora, per capire queste 
            cosucce elementari, basterebbe saper distinguere tra oro e piombo. 
            Cosa che d’acchito hanno fatto tutti gli arabi e tutti i musulmani 
            del mondo, compresi 60 milioni di francesi, da Chirac a Monsiù 
            Benoit., nonché una gran massa di compagni che si sono allenati a 
            studiare la differenza tra un comunista e, che so, il segretario di 
            Rifondazione. 
              
            Non così da noi. Per esempio e 
            limitandosi a RC, i vari dirigentoni Consolo, Migliore (quello dal 
            cognome-presa per il culo), Bertinotti stavano a Caracas per il 
            referendum e sapeste quanto erano antimperialisti, filocubani e 
            internazionalisti, al fianco di tutte le resistenze, da quelle parti 
            (non che avessero convinto: ricordo deputati bolivariani che mi 
            chiedevano angosciati come fosse possibile che  comunisti 
            antimperialisti, antiliberisti almeno, andassero al governo con D’Alema, 
            autorevole sponsor dei locali fascisti). Gli è bastato farsi mezza 
            dozzina di fusi orari e rientrare nella rete di ragno delle 
            “maggioranze”, delle “coalizioni democratiche”, dei ministri di 
            Rifondazione, della non violenza alla faccia dei cani di Abu Ghraib 
            attaccati alle palle, del Risiko per le regionali, che le resistenze 
            sono tornate a essere “terrorismi”, tutti uguali, tutti orrendi, 
            saddamisti, muktadisti, eserciti islamici, zarkawisti, alqaidisti, 
            kamikaze palestinesi. Ma il top l’hanno davvero raggiunto e superato 
            con la Cecenia. Devo dire che il “Manifesto” ci ha messo del suo, 
            una cazzuolata di calce sulla tragica faccia della verità e 
            buonanotte ai suonatori (e meno male che c’è stata la rettifica a 
            muso duro di Marina Forti, che ha raccontato l’oscena verità sulle 
            “donne martiri” cecene!). Il cerchio, poi, l’ha chiuso sul 
            giornaletto di RC Antonio Moscato, un “intellettuale organico” di 
            Bertinotti, che da anni si muove in perfetto sincrono con gli 
            estremisti della comunità ebraica statunitense, detti neocon ma in 
            tutta evidenza neonazi, ex-trotzkisti come lui (anzi, a dispetto di 
            Trotzki, Moscato trotkista si dice ancora, quanto il capetto della 
            combriccola, Salvatore Cannavò, che edita una fanzina, “Erre”, e 
            scrive editoriali in cui altalena giocosamente tra acrobazie 
            rivoluzionarie e inchini a sovrani e distributori di poltrone).
             
              
            L’assonanza di Moscato con la banda di 
            tagliagole di Wolfowitz non è solo nominale. Va nel profondo. Mi 
            ritrovai a dibattere sulla Jugoslavia con questo luminare 
            dell’università di Lecce. Dopo una sua “ricostruzione” storica 
            dell’indipendentismo kosovaro e della necessità genetica della 
            Grande Albania, della stessa disinvoltura onirica con cui su 
            “Liberazione” del 3/8/04 ha inventato una storia del popolo ceceno  
            (vedi
            
            aa-info@yahoogroups.com “Antonio Moscato e Zbigniew Brzezinski 
            in prima linea per squartare la Russia”, originato da “Coord.Naz.per 
            la Jugoslavia”), Moscato è arrivato ad attribuire ai tagliagole e 
            narcotrafficanti dell’UCK di Hashim Thaci, guidati da Osama Bin 
            Laden e foraggiati da Germania e USA, i meriti e la nobiltà di 
            un’autentica lotta di liberazione. Il tutto anche allora corredato 
            dall’ampio ventaglio di invenzioni e menzogne sulle “atrocità serbe” 
            con cui le agenzie apposite (Ruder & Finn, Hill & Knowles), oltre al 
            Pentagono e ai media assoldati, hanno accompagnato la pulizia etnica 
            contro i serbi e lo sbranamento della Jugoslavia. E il tutto anche 
            assolutamente privo di riferimenti alla strategia nazifascista, 
            prima, e imperialista eurostatunitense, poi, di sbriciolare i 
            Balcani a forza di “piccole patrie”, identitarismi tribali, etnici e 
            confessionali, strategia identica a quella che oggi, utilizzando i 
            soliti mercenari di Al Qaida, strumento privilegiato dei 
            nazisionisti di Washington e Tel Aviv dall’11/9 in poi, viene 
            sostenuta da Moscato per il Caucaso del petrolio appetito dagli USA 
            e da altri. E qui è assai istruttivo citare, dal testo del Coord. 
            Naz. per la Jugoslavia, un documento di pugno del capo delle SS 
            Himmler: “Nel trattamento delle etnie straniere dell’Oriente 
            dobbiamo vedere di riconoscere e di badare quanto più possibile alle 
            singole popolazioni… Ed ovunque si trovino pure solo frammenti 
            etnici, ebbene anche quelli. Con questo voglio dire che noi non solo 
            abbiamo il più grande interesse acchè le popolazioni dell’Oriente 
            non siano unite, ma che al contrario siano suddivise nel numero 
            maggiore possibile di parti e frammenti. Ma anche all’interno delle 
            stesse popolazioni non abbiamo alcun interesse a portarle all’unità 
            ed alla grandezza, a trasmettere loro forse pian piano una coscienza 
            nazionale ed una cultura nazionale, bensì piuttosto a scioglierle in 
            innumerevoli piccoli frammenti e particelle…” Non vi ricorda niente? 
            La Nato in Jugoslavia, Israele nel mondo arabo, gli USA in Medio 
            Oriente, in Iraq, nell’Afghanistan affidato a fantocci e “signori 
            della guerra” rifornitori di eroina alle banche amiche?  Come 
            ideologo di riferimento non c’è male. 
              
            L’accantonamento totale che questo 
            collateralista, oggettivo o soggettivo (la responsabilità per questi 
            sconvolgimenti di menti indifese resta uguale nell’un caso e 
            nell’altro), compie delle strategie di genocidio terroristiche e 
            imperialiste e del quadro geopolitico degli interessi in cui si 
            inserisce la ferocia sanguinaria senza pari dei gangster teleguidati 
            di Cecenia o Kosovo, (esaminato, invece, con competenza e onestà dal 
            non-comunista, ma professionista e persona  perbene, Giulietto 
            Chiesa) la ritroviamo anche in altri sostenitori slavofobi dell’UCK 
            e della causa grandalbanese: Astrid Dakli e K.S. Karol, ahinoi sul 
            “Manifesto”. Dakli, del resto, si era già fatto notare al tempo 
            della distruzione della Jugoslavia quando, a pulizia antiserba in 
            corso, seppe percorrere il Kosovo ormai albanesizzato e  
            postribolo di Nato e ONG, come fosse un giardino all’italiana, senza 
            vedere neanche un fil di fumo spiraleggiante dai 150 monasteri 
            medievali inceneriti dall’UCK, o una casa bruciata con le famiglie 
            serbe e rom dentro, o qualcuno dei 300.000 serbi in fuga dalla 
            propria terra. All’indomani della carneficina, i due esperti di 
            Cecenia del quotidiano, del quale non possiamo fare a meno, si sono 
            superati. A che pro dilungarsi su un’analisi della natura e 
            composizione e motivazione di “combattenti”, “guerriglieri”, 
            “indipendentisti” (mai terroristi, quelli stanno solo in Palestina e 
            Iraq), sul retroterra di un fondamentalismo d’importazione, guidato 
            da stranieri scaturiti da Al Qaida, cioè dalla Cia, che acchiappa 
            disperate e soggiogate donne, le carica di tritolo e le fa esplodere 
            a distanza (pure, queste cose sul “Manifesto” sono uscite! Elettra 
            Deiana, Imma Barbarossa, Lidia Menapace, voi così pronte a saltare 
            con artigli affilati come Freddy Kruger sulle aberrazioni 
            patriarcali, perché tacete?)? Perché indugiare ancora sull’abominio 
            agghiacciante, inedito in qualsiasi autentico movimento di 
            liberazione, di un terrorismo macellaio che colpisce nei metrò, 
            sugli aerei, negli ospedali, nelle scuole, che pratica i sequestri 
            per riscatto? Perché attardarsi sui risultati di elezioni che, 
            sistematicamente, danno maggioranze schiaccianti e verificate da 
            terzi a coloro che vogliono restare in uno Stato degno del nome, 
            piuttosto che in una colonia USA amministrata da lanzichenecchi? 
            Basta ripetere “elezioni farsa”, non c’è bisogna di dimostrarlo, non 
            fanno così anche gli amici di D’Alema e dell’Internazionale 
            massonico-socialista in quella “Coordinadora Democratica” che esegue 
            i golpe Cia in Venezuela? E, soprattutto, perché andare a 
            sfrucugliare su cosa significhi oggi, alla luce della “Grande 
            Scacchiera” dell’annientatore di Stati Brzezinski, il Caucaso degli 
            idrocarburi e degli oleodotti, che ha in Cecenia il suo nodo 
            decisivo? O il petrolio continua ad andare verso Nord e arriva nel 
            mondo passando, con le relative remunerazioni politico-economiche, 
            per la Russia, o questo Nord viene tagliato fuori e messo alla mercè 
            dei rubinetti occidentali con un percorso, controllato dagli USA, 
            dalle origini alla Turchia, al Kosovo appunto, all’Albania? Cosa c’è 
            di vero nelle voci sulle cisterne di dollari che dalla Exxon 
            arrivano al socio di Osama (l’altro è Bush) Shamil Bassaev?  
            Qualcuno potrebbe vedersi offuscare la vista da un conglomerato di 
            analogie tra 11 settembre, assalto alla Jugoslavia, transito rivale 
            delle risorse e serratura antimperialista, assalto all’Afghanistan 
            dell’Unocal cui i Taleban negavano un oleodotto e piantagioni di 
            papaveri (le avevano sradicate), assalto all’Iraq che teneva duro da 
            quarant’anni a difesa del suo petrolio e del suo Stato sociale, a 
            sostegno dei palestinesi, a spiraglio del riscatto arabo. E Moro che 
            parlava di “convergenze parallele”! Già, si era reso conto.  
            Non per nulla le BR… E poco vale la parziale correzione di rotta del 
            Dakli del giorno dopo, forse imposta da una sana rivolta della 
            redazione, in cui, detta qualche parola di biasimo per gli “orrori” 
            della guerriglia, torna al fondo del suo abisso politico 
            falsificando le cause dell’eccidio, attribuite, contro ogni evidenza 
            accettata perfino dai tg di regime, alla ferocia sanguinaria di 
            Putin e non ai mostri che fanno scoppiare le proprie donne in mezzo 
            ai bambini, imponendo ineluttabilmente il blitz.
             
              
            Tutto questo, con i Moscato, i Dakli, 
            i Karol, i Barenghi del “meglio gli occupanti americani”, va fatto 
            sparire sotto il tappeto. Visto che i neonazi di Washington hanno 
            dato indicazione di sventrare nazioni multietniche e laiche, 
            soprattutto quelle che ostacolano la rapina universale delle 
            risorse, e di prevenire il sorgere di qualsivoglia rivale al dominio 
            universale degli USA, con Israele al guinzaglio (o viceversa),  
            la bisogna chiama alla criminalizzazione mediante inquinamento, per 
            trascorsi ed esperienza con ogni probabilità Mossad, di chi resiste, 
            sacrosante armi in mano, e alla benevola e indulgente comprensione 
            per chi delinque contro i futuri “rivali”, anche straziando forzate 
            kamikaze e centinaia di bambini. Fanno un buon lavoro, questi 
            “analisti”. Qualcuno li ricompenserà. Alla stregua di Marco Pannella, 
            che già solo sopravvivendo ferisce la dignità umana e che non è 
            mancato all’appuntamento con Moscato e soci. Da giorni quella faccia 
            devastata dalla corruzione sbraita che i “combattenti” della scuola 
            in Ossezia sono “partigiani alla Ghandi”. Ringraziamolo però, il 
            patron di quell’altro bravo giornalista, Antonio Russo, che dopo 
            aver berciato su Radio Radicale, da un nascondiglio in Macedonia, 
            come “dalla sua finestra a Pristina” si vedessero i serbi arrostire 
            allo spiedo bimbetti albanesi, è stato fatto fuori proprio dalle 
            parti dei cavernicoli attivati in Cecenia. Senza il parallelo con il 
            capoccia transnazionale, come potremmo comprendere fino in fondo la 
            natura del  pensiero di Moscato? 
              
            Una citazione  a parte merita 
            Gennaro Migliore, un prodotto che pare sfuggito al suo artefice 
            prima delle rifiniture finali, uno che Bertinotti ha reso 
            responsabile delle relazioni internazionali, ma anche uno che ha nel 
            cognome il risarcimento per tutto il resto. Poteva Gennaro Migliore 
            esimersi dal rilasciare una “nota di commento”, al pari di Ciampi, 
            Schroeder, Chirac, Woytila? No, non poteva. Poteva il tabloid 
            “Liberazione” esimersi dal pubblicare in apertura e in grassetto, 
            sotto il titolo fuorviante “Migliore”, il testo di questa 
            esternazione? Ovviamente, non poteva, salvo attirarsi le ire del 
            fratello grande del Nostro. Gennaro non dice nulla di originale, se 
            lo si confronta con gli elucubrati ceceni di Dakli, Curzigliardi, 
            Michele Giorgio, Repubblica, Libero e via citando i fustigatori 
            politically correct di quanto avvenuto a Belsan, in Ossezia. Però lo 
            dice in modo Migliore (pensate se si chiamasse Peggiore!). In 
            primis, prova di intuito: “E’ l’ennesima prova che esiste una lotta 
            al terrorismo che viene utilizzata solo per compiere atti autoritari 
            e di una ferocia indescrivibile”. Poi, inesorabile e abbagliante, la 
            conclusione: “Non possiamo non sottolineare il fatto che il blitz 
            delle forze speciali russe ci conferma ancora di più che a Putin 
            della vita umana non interessa nulla”. Putin si deve contorcere a 
            vedersi così smascherato. Reso il costumario omaggio alla teoria del 
            suo Grande Fratello, per cui esiste e impregna di sé il mondo la 
            famosa “spirale guerra-terrorismo”, la formidabile intuizione 
            risolutrice dei neonazi di Washington e della cosca sionista di Tel 
            Aviv, G.M. non esita a esprimere a voce alta, a titolo di soluzione 
            finale, quanto gli ex-trotzkisti di oltre Atlantico osano solo 
            sussurrarsi nelle fasi più esaltate dei festini chez Condoleezza 
            Rice: “Una comunità internazionale che si rispetti avrebbe dovuto da 
            tempo 
            imporre a Putin una 
            diversa gestione della questione cecena…”  (SIC!!!) E qui solo 
            i bonaccioni possono nutrire un dubbio se il detto Migliore  si 
            riferisse solo al dito minaccioso di Xavier Solana,  ai blandi 
            embarghi iracheni da un milione e mezzo di morti, a qualche 
            alluvione di uranio, o piuttosto a una bella invasione da 200.000 
            vittime civili come quella delle Filippine, o a un bel golpe con 
            invasione di briganti tipo Haiti, insomma alla famosa “esportazione 
            della democrazia”.  
              
            Ma lasciamo Migliore ai suoi 
            collateralismi  e veniamo alle conclusioni. Sulle quali c’è 
            poco da scherzare. Con il vindice dell’UCK Antonio Moscato che 
            attribuisce allo stesso Putin e al suo bisogno di popolarità (sic!) 
            gli orrendi attentati  degli agenti imperialisti in Cecenia e 
            nel resto della Russia, quasi fosse un Bush, al Migliore che chiede 
            l’intervento di quella collaudata associazione per delinquere che è 
            la “comunità internazionale”, per 
            imporre
            a Putin, al Caucaso ambito dagli USA e dall’UE, e al 
            popolo ceceno quello che i terroristi Cia non sono ancora riusciti a 
            imporre, il cerchio si chiude davvero. Esperta di sillogismi, come 
            il più raffinato dei sofisti, questa gente, e i giornali che non si 
            peritano di farsene infangare, argomentano: Bush e Berlusconi 
            solidarizzano con Putin, Bush e Berlusconi sono cialtroni, ergo 
            Putin è un cialtrone. E pensare che sono proprio quelli che, 
            rovesciandosi nel loro opposto (specialità di certi pseudotrotzkisti), 
            ci ammoniscono contro l’equazione: il nemico del mio nemico 
            (mettiamo, la Resistenza irachena, i martiri palestinesi) è mio 
            amico. Non gli passa per la mente (per la mente, magari sì, per la 
            penna falsa e bugiarda no) che se Bush e Berlusconi sostengono Putin 
            è perché devono a tutti i costi mantenere in piedi il teorema – oh, 
            quanto vincente! – del “terrorismo internazionale”, del “terrorismo 
            islamico” che richiede di essere combattuto., con le stragi dagli 
            uni, con la politica, ma non solo alla fine dei conti, dagli altri. 
            Solo così è possibile affogare nella nebbia le patenti motivazione 
            degli eterodiretti macellai ceceni: risuscitare gli oligarchi 
            mafiosi amici di Sion, del FMI e dei neonazi, tagliare la vena 
            giugulare russa dell’energia, far avanzare il progetto imperialista 
            di eliminazione degli ostacoli al dominio planetario. 
              
            Senza saperne assolutamente nulla, 
            senza esibire uno straccio di prova, automatizzano: le elezioni in 
            Cecenia sono, a priori, “una farsa”. E hanno sotto i piedi una 
            democrazia che ha prodotto un presidente  mondiale con i 
            brogli, che conduce guerre permanenti contro nemici fabbricati in 
            provetta e di cui dirige ogni passo, che permette come un partito 
            del 5% (RC) abbia 11 deputati e uno del 4% (la Lega) ne abbia 50, 
            che fa vincere le elezioni a chi ha avuto in dono dai poteri occulti 
            e criminali tutti i mezzi di comunicazione (facendo allineare gli 
            altri a questa imbattibile  potenza di fuoco) e così si è 
            rubato il cervello anche dell’avversario, che finge alternanze o 
            alternative facendo correre uno contro l’altro due fantini sullo 
            stesso cavallo, ovviamente di razza. Quanto a me, le uniche 
            votazioni che abbia mai visto svolgersi in termini ineccepibili sono 
            quelle del Venezuela della rivoluzione bolivariana, nelle quali ha 
            sempre vinto chi aveva contro proprio i berlusconidi mangiatori di 
            cervelli. Nelle sinapsi di questa gente circolano vari tossici: 
            razzismo eurocentrico, arroganza cattolica apostolica romana, 
            elettismo sionista (popolo eletto), dosi massicce di islamofobia e 
            slavofobia, la pluriscreditata teoria negriana dell’intesa imperiale 
            euro-russo-statunitense contro le “moltitudini”. 
              
            Il trucchetto della disperazione è 
            infine quello che avalla il gioco delle parti tra un Shamil Bassaev, 
            di cui è difficile giustificare fanatismo integralista, ferocia 
            sanguinaria e origini Al Qaida-Cia, e un Maskhadov, “presidente” 
            ceceno indipendentista moderato che, tuttavia, con il primo prende 
            il tè ogni pomeriggio alle cinque, si schiera con gli angloamericani 
            nella liquidazione dell’Iraq e, a parte qualche strumentale presa di 
            distanza dai massacri di bimbetti, a uso mediatico e moscatiano, con 
            i terroristi scatenati dagli USA condivide in toto strategie e 
            obiettivi: la Cecenia, l’Abkhazia, l’Ossezia, il Daghestan, come la 
            Georgia e altri stati caucasici, cioè tutto il petrolio, 
            all’imperialismo, in cambio del guiderdone  riservato ai 
            proconsoli della criminalità organizzata dei sequestri e della 
            droga. Della sinergica accoppiata separatista e narcotrafficante 
            albrightiana Thaci-Rugova si sono scordati tutto. 
            E così, cari compagni, i nostri 
            vessilliferi politico-mediatici hanno perfezionato il lavoro dei 
            neonazi avanzanti in Medio Oriente e in Asia: il delinquente vero 
            non è chi ha scatenato l’inferno all’interno della scuola di Belsan 
            in Ossezia del Nord (o fa precipitare aerei, proprio come l’11/9, o 
            polverizza pendolari nella metropolitana, o uccide malati negli 
            ospedali), facendo esplodere povere donne ricattate e mitragliando 
            fagottini nudi in fuga, ma coloro che non potevano non cadere nella 
            trappola e intervenire alla cieca prima che morissero, non 300 o 
            400, ma tutti i 1500 ostaggi, ostaggi del mostro imperialista e 
            della subalternità di finti sinistri. 
              
            Un’ultima notarella per uno bravo, 
            Alessandro Ribecchi, che da ogni “Manifesto” della domenica ci 
            consola e incoraggia con le sue staffilate ai caporali di ogni 
            risma. Anche lui ci parla ora di due leadership di pazzi (Bush e i 
            terroristi islamici) e di “queste due bande di stronzi che sparano 
            addosso a noi, noi sei miliardi di ragazzini di Beslan”. Non sono 
            due, le bande, caro Robecchi, è una sola, anche se ha tante teste  
            quante l’Idra. Sono stronzi in coppia, tipo Osama-Oriana, che escono 
            tutti dallo stesso sfintere.      
          
          
        
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