OSCAR FLAMMINI
Argentino, operaio e sindacalista, Oscar fu un perseguitato
politico al tempo della dittatura. Fu costretto ad espatriare
e a rientrare clandestinamente per continuare la lotta per il
suo popolo.
Diviene collaboratore di Siporcuba, scrivendo reportage,
momenti di storia, analisi della realtà quotidiana che regna
in Argentina, parlandoci di lui e del suo popolo.
Questa è la sua storia.
Nato in
1944 nella città di Ensenada, provincia di Buono Aires,
all'età di 14 anni cominciai a lavorare come apprendista nel
Cantiere navale del Fiume Santiago nel quale lavoravano 5500
operari. A i 15 anni condivido la primo sciopero generale: fu
una lotta molto forte, che la repressione ebbe bisogno della
fanteria di marina. Questa lotta mi fece conoscere un grande
dirigente operaio che per la sua prodezza ed atteggiamento mi
segnò per sempre e determinò il mio destino di incorporarmi
alle file dei comunisti.
Cosicché a
15 anni mi affilia alla Gioventù Comunista. Ovvio che la
rivoluzione Cubana, ebbe nei giovani della mia generazione
un'influenza molto poderosa ed un po' ci indicava che se a 90
miglia dell'impero era possibile portare a termine una
rivoluzione e sostenerla, come non potevamo anche noi poterla
fare? con ottimismo e con utopia atta a raggiungere questa
meta, vivemmo, militammo ,lavoravamo ed infine amammo.
A 18 anni
mi nominarono delegato generale ed entrai nella militanza
sindacale e come delegato fino all'anno 1976 quando la
dittatura militare decretò la mia espulsione del Cantiere
navale per attività "sovversiva". In quel periodo fui
imprigionato due volte (1969 e 1971) per quasi un anno ogni
volta.
L'esperienza di lavoro nel Cantiere navale con 5500 compagni
,con le sue lotte, con le sue assemblee, con i forti dibattiti
politici ed ideologici, con la mobilitazioni, marce ed atti mi
segnò per sempre nella personalità. Appresi a convivere e
fraternizzare coi compagni peronisti che erano il 90 percento
dei lavoratori e che a dispetto delle differenze ideologiche,
e di molti errori della sinistra che generava sfiducia e
tensioni, mi scelsero come loro rappresentante.
Nel
novembre del 1975 (esistevano già i gruppi paramilitari delle
tre A "Alianza Anticomunista Argentina) ci fu un tentativo per
sequestrarmi dal quale uscii illeso e partito decise di farmi
uscire dal Paese come mezzo di preservare la mia incolumità
dal momento che già esistevano tutti i sintomi per un golpe.
Nel marzo del 1976 avvenne il golpe e s’installò la dittatura
più sanguinaria di tutta la storia dell’Argentina con 30mila
desaparecidos.
Solo nel
Cantiere navale contammo 50 compagni spariti e centinaia
imprigionati. Nell’ aprile del 77 ritornai in Argentina in
forma clandestina e militai clandestinamente nel partito per
quasi tre anni. Passammo anni molto duri, la dittatura e poi
i problemi interni e la dispersione del partito, il governo
Menem che instaura il feroce neoliberalismo furono elementi
che si radicarono profondamente nella coscienza
l'individualismo.
Era come
parlare nel deserto dove ti guardavano come fossi un folle.
Crebbe la disoccupazione, la paura di rimanere senza lavoro e
tutto sia con la compiacenza di una dirigenza sindacale
corrotta ed con una maggioranza del paese che coltivava
l'illusione che stava entrando nel "primo mondo".
Tre anni
dopo e dopo di 30 anni di lotte per ritornare al Cantiere
navale trionfò e fummo rincorporati in 14 compagni ed ora
stiamo seguitando le nostre battaglie. Attualmente stiamo
lavorando in un quartiere molto popoloso e molto umile,
formando una cooperativa di lavoro con 50 giovani che si
dedicano al sociale.