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Vittime della schiavitù

Gilda Fariñas Rodríguez

 

• Sembrano di vivere nel Regno del Rovescio. Un mondo così alla rovescia che conoscerlo fa male allo sguardo e spezza il cuore. Circa 218 milioni di piccoli angeli vivono oggi crocifissi con le catene della schiavitù. Bambini tra cinque e 15 anni che, invece di star disegnando la speranza della storia del mondo, piegano le loro deboli schiene nei mestieri più atroci che l’immaginazione umana possa supporre.

Bimbi che non appena hanno equilibrato i loro passi nella vita, devono cambiare giochi, scuola, salute, ricreazione, infanzia per uno stipendio quasi sempre misero e un’esistenza non meno sfruttata e scabrosa. Alcune cifre stimano che circa 22mila di loro muoiono ogni anno in incidenti relazionati con il lavoro. Intanto circa nove milioni sono vittime della schiavitù, la prostituzione, la pornografia e il traffico umano.

Nell’America Latina, per citare una regione vicina, i bambini lavoratori superano i 40 milioni, oltre alle migliaia che sono coinvolti in differenti conflitti armati.

Un assortimento di cause e casi barricano il lavoro infantile da nord a sud e da est a ovest. Nessuna zona del pianeta si affranca da tale flagello, al quale unisce i suoi spintoni la povertà, una Signora che, di fatto, stringe il collo di quella porzione di piccoli dalle cui manine molte volte pende la sopravvivenza familiare. Non per caso più del 95% del lavoro infantile si verifica nei paesi in via di sviluppo. Ma una buona parte dei bambini nelle potenze economiche anche viene acciuffata in qualche tipo di condizione lavorativa.

Per organismi internazionali come l’Unicef e l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oit), il vassallaggio che soffrono  queste creature ha i suoi peggiori segni sui scenari delle miniere artigianali o cave, molte delle quali operano illegalmente.

Ogni giorno, assicurano dati ufficiali, almeno circa in milione di bambine e bambini in tutto il mondo rischiano la vita in questi stretti, scuri e mal ventilati tunnel sotterranei.

Oltre a farlo senza protezione legale, i piccoli devono trascinare il pesante carico, inalare polveri dannose, manipolare esplosivi, strumenti pericolosi ed equipaggiamenti per triturare rocce e minerali, e addirittura mettersi in acque solitamente inquinate con piombo, mercurio e altre sostanze molto tossiche.

Addirittura quando restituire loro i sonni, la dignità, la vita richieda un tempo ben lugno, l’Oit, l’Unicef e altre organizzazioni difensore dei diritti infantili insistono e persistono a cambiare tali atrocità, subite da buona parte dei 2 miliardi di piccolini che abitano la Terra.

Ma quando ricorre il 18° anniversario della Convenzione dei Diritti del Bambino – firmata il 20 novembre 1989- riappaiono statistiche che, se sono certe, assai poco beneficiano simile pretese.

Come se non bastassero i 218 milioni di bimbi lavoratori, più di 70 milioni non vanno a scuola, circa di 20 milioni patiscono malnutrizione severa, più di 13 milioni sono orfani a causa dell’Aids, mentre altri 10 milioni sotto i cinque anni muoiono ogni giorno per malattie a maggioranza prevedibili e guaribili.

Altra delle grandi preoccupazioni dei paesi firmatari della Convenzione – non ratificata solo dagli Stati Uniti e Somalia- è la presenza di bambini nei conflitti bellici. Stando a dati delle Nazioni Unite, nel 2006 c’erano più di 250mila coinvolti in ogni tipo di scontro armato.

Questa Convenzione ha un Protocollo che chiede alle nazioni firmatarie di adottare “tutte le misure possibili” affinchè nessun membro delle sue forze armate sotto i 18 anni partecipi in modo diretto alle ostilità.

Guerra, povertà, disoccupazione. Parolacce. Peggiori significati per coloro che devono affrontare ogni giorno queste generose disgrazie. Forse adesso la scuola possa risultare un buon mezzo per far pendere la bilancia a favore dei bambini. Stando agi stimati dell’Organizzazione internazionale del lavoro, in 10 anni potrebbero uscire solo dalle miniere un milione di bambini verso le aule.

Altre  soluzioni possibili? Rinvigorire le leggi contro lo sfruttamento della mano d’opera infantile, offrire maggiori opportunità di impiego agli adulti della famiglia, aiutare le comunità povere con macchinari agricoli attraverso le cooperative, indurre i paesi industrializzati e più ricchi a incrementare l’assistenza economica annua alle nazioni impoverite.

Certamente tutti sono obiettivi benintenzionati che necessiteranno coscienze fertili per prosperare, perchè al margine degli organismi internazionali che aspirano a cambiare questo “Regno del rovescio”, molti e poderosi interessi determineranno, alla fine, il futuro di questi piccoli e grandi angeli che vedono spezzarsi oggi in qualsiasi luogo del mondo i loro sogni infantili. (Mujeres) •