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La “rivoluzione verde” di Cuba

di Neville Spencer

Puoi descrivere in generale la condizione dell'ambiente di Cuba prima della rivoluzione?

Nel 1959 abbiamo ereditato un paese totalmente devastato. Era stato spazzato via l'86% degli ecosistemi naturali. Nel 1900 ce n'era ancora il 52%. Nel 1959 era rimasto solo il 14%. La proprietà terriera era concentrate nelle mani di dieci famiglie cubane e di alcune grandi compagnie Usa. I contadini venivano costantemente spinti verso i margini delle terre coltivabili, dove erano obbligati a pratiche agricole aggressive, che distruggevano ciò che restava dell'ecosistema.
 

L'Avana era terribile, consumava gran parte delle risorse del paese, ad esempio l'energia. C'erano enormi bordelli, e i marines . Le condizioni ambientali non erano molto buone.

Tutte le riserve naturali erano nelle mani di compagnie americane, che realizzarono due enormi impianti per l'estrazione del nickel, ma con procedimenti molti aggressivi. Si usava moltissimo acido, e la lavorazione arrivava solo a metà del processo, che veniva completato negli Usa.

 

 

Quanta consapevolezza ambientale esisteva nella Cuba rivoluzionaria prima dei cambiamenti obbligati dal collasso dell'Unione Sovietica?


Non c'era molta consapevolezza, comunque la rivoluzione aveva preso possesso delle risorse del paese, in particolare miniere e terre, e questo costituisce la base della sostenibilità. Non si può ragionare di sostenibilità se le risorse restano nelle mani di un paese straniero, o private. Anche senza saperlo, stavamo creando le basi per la sostenibilità.

Bisogna dire che anche in tutto il resto del mondo negli anni '60, '70, '80 si ragionava in modo differente. Sia il socialismo che il capitalismo si riferivano alla natura come a qualcosa da dominare: qualcosa necessario a produrre cose per il popolo, trasformare l'ambiente per nutrire il popolo. Il nostro obiettivo era migliorare le condizioni di vita dei cubani.

 

 

Il collasso dell'Unione Sovietica ha avuto un enorme impatto su Cuba, specie privandola delle forniture petrolifere. Può descrivere come è stato affrontato il problema?


Il petrolio è importante, ma [il collasso dell'Unione Sovietica ha interessato anche] le nostre fonti alimentari, mercati per l'esportazione, fonti di credito e materie prime. Così dopo il 1991 sono collassati tutti i sistemi che sostenevano la vita di Cuba.
L'impatto sulla vita delle persone è stato drammatico, specie perché la nostra filosofia è di rendere tutto accessibile a tutti, e non soltanto a pochi. Molti hanno affrontato la fame, problemi alimentari, grossi problemi per avere elettricità.

Parlando da un punto di vista ambientale, affrontavamo due questioni. Primo, aumentava la pressione sulle risorse più vicine alle città. La gente cominciava a tagliare alberi per farsi carbonella da cucina. Si faceva un uso distruttivo della natura per sopravvivere.
D'altro canto, i livelli di inquinamento erano ridotti, perché c'erano molte meno automobili. Molte industrie si sono fermate. Alcune attività agricole sono state abbandonate, e a natura si è ripresa gli spazi.

Era necessario trovare altri modi per produrre alimenti: con pochi input.
Ma si è mantenuta l'idea della sovranità sulle nostre risorse. Abbiamo imparato molto sull'ambiente, sui nostri impatti sull'ecosistema, perché dobbiamo calcolare ogni grammo di quanto usiamo e conoscere le conseguenze delle nostre azioni. Di fronte alla peggiore crisi che il paese abbia mai affrontato in termini di energia, mercati, economia, governo rivoluzionario e popolo hanno iniziato ad apprendere come fare le cose nel modo più sostenibile possibile.
Abbiamo approvato una nuova legge sull'ambiente nel '97, molto, molto avanzata. Sottolinea l'importanza dello stato e dei cittadini nella tutela delle risorse naturali del paese.

Complessivamente si è trattato di un'esperienza molto ricca: difficile ma molto istruttiva. E con un risultato sorprendente.

 

 

Quali sono le misure prese da Cuba in quel periodo?


Dovevamo vivere nel modo migliore possibile con meno risorse ed energia. Abbiamo imparato a far molto con quasi nulla.  Una cosa molto importante per Cuba è stata l'enorme trasformazione verso un sistema di produzione alimentare a basso input e amico dell'ambiente: coltivazioni biologiche, agricoltura urbana, trazione animale. Così quanto si consumava veniva prodotto vicino alle città, vicino alla fonte, e non significava un grosso dispendio di energia.

Sono state realizzate straordinarie forme di trasporto pubblico. A Cuba abbiamo le auto statali, e ognuna di queste auto deve fermarsi e raccogliere passeggeri nel suo percorso di servizio. Se non lo fa — la macchina non è di chi ci sta sopra, è del popolo — ci saranno poi dei problemi.

Si sono fatte cose semplici come usare carri a cavalli per raccogliere la spazzatura. Il tutto il paese si sono cambiate milioni di lampadine a incandescenza con altre energeticamente efficienti. Abbiamo decentrato completamente, in modo molto efficace, il sistema elettrico.

Si è anche fatta un'analisi sui bisogni. Per chi abita all'Avana e non può coltivare alimenti da nessuna parte, ci sono delle razioni più abbondanti. La gente delle campagne ha bisogno di altre cose, e gli sono state date più biciclette.

In termini di energie rinnovabili, c'è da dire che gran parte delle turbine eoliche sono prodotte negli Usa . Quindi tutti i generatori arrivati qui sono contrabbandati illegalmente.

Tradizionalmente l'agricoltura cubana era caratterizzata da un uso pesante dei pesticidi. Ora immettiamo 25 volte meno veleni nel terreno. Ciò significa un controllo naturale, un suolo che ritorna più sano, con meno danni per l'acqua da bere e i raccolti. L'agricoltura cubana è biologica all'86%.

Stavamo progredendo con molta difficoltà e lentezza, finché non è arrivata la rivoluzione in Venezuela. Ma anche ora, con accessibilità a petrolio a prezzi ragionevoli, la nostra politica energetica è completamente orientata verso la sostenibilità. Non chiediamo: “Venezuela, petrolio, petrolio, petrolio”. Prendiamo solo ciò che ci serve per le necessità base e manteniamo la sostenibilità nell'uso delle risorse disponibili.

 

 

Qual è la situazione per l'energia solare?


Il solare è molto costoso per i paesi in via di sviluppo. La priorità per Cuba è quella di arrivare alle 150.000 famiglie ancora non collegate alle rete elettrica. Persone che hanno aspettato per 50 anni. Dunque, anche se qualcuno pensa che dovremmo usare l'energia solare all'Avana e nelle altre grandi città, la posizione etica è che chi ha creduto nella rivoluzione per avere l'elettricità deve averla al più presto possibile.  Per il benessere dei cubani, istruzione e cultura vengono al primo posto. Per la salute, sono stati distribuiti appositi kit alle strutture mediche nelle zone più remote: pannelli solari, una piccola stazione radio, autoclave per la sterilizzazione, un frigorifero per i vaccini. Così tutti i dottori nelle montagne sono attrezzati.
Per noi, è importante che un ragazzo in una zona remota possa ricevere la medesima istruzione di quelli che stanno in centro all'Avana. Questa è eguaglianza.
Ma molte delle scuole rurali sono senza elettricità. E c'è un altro kit con due pannelli solari, così che si possa avere la luce e una televisione con canali educational, un lettore Dvd e un computer. Una cosa che si fa anche per scuole con un solo alunno.

 

 

Cuba ha anche cominciato a usare biocombustibili?


Prima dobbiamo fare chiarezza sulla parola biocombustibili. Si tratta di prodotti a fonte biologica. Quelli che vediamo oggi sono invece “agrocombustibili”: è la cultura affaristica dei carburanti.

La posizione etica di Cuba è contraria a questi agrocombustibili, e non permetteremo che un solo ettaro di terra venga usato per coltivare alimenti che andranno poi a produrre etanolo, perché la gente continui a sprecare energia.

Comunque, in alcune zone del paese generiamo fino al 30% dell'energia dalla bagasse [la biomassa degli scarti dopo che è stato estratto il succo della canna da zucchero]. Ma si tratta di canna da zucchero coltivata per un intero anno, che ha assorbito anidride carbonica prima di crearla.
Questo è un esempio di biocombustibile. Però non usiamo la paglia, ne abbiamo bisogno per lasciarla sui campi a proteggere il suolo, per recuperare parte del carbonio.

La nostra idea è di trovare moltissime piccolo soluzioni, completamente decentrate, che contribuiscano alla soluzione del problema.
Altra cosa importante è che tutte le attività industriali non energicamente efficienti sono state smantellate. Avevamo cartiere del 1920 che usavano tecnologie obsolete. E le abbiamo chiuse: lo possiamo fare, perché appartengono al popolo.

Gran parte delle tecnologie antiquate a bassa efficienza energetica sono state fermate. Ma non si è licenziato il personale, i lavoratori si sono spostati verso altri settori dell'economia. Oppure, quando sono stati chiusi 75 zuccherifici, si è pagato lo stipendio pieno per far studiare i lavoratori, perché non possiamo lasciare indietro nessuno.

 

 

Come mai Cuba è riuscita a diventare l'unico paese sostenibile al mondo?


É una cosa a cui non puntavamo, all'inizio. Nei momenti peggiori della crisi l'unica nostra ambizione era di resistere, di sopravvivere, di lottare. Passato il peggio, nel 1996, abbiamo cominciato a perfezionare le idee, e a puntare ad uno sviluppo sostenibile. Ma uno sviluppo sostenibile si può avere solo se c'è giustizia sociale.