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Il terrorismo e la società civile come strumenti della politica degli Stati Uniti verso Cuba

 

Philip Agee – L’Avana - Maggio del 2003

Tradotto per Rebelion da Germán López

 

La condanna di Cuba nell’aprile scorso per aver processato e incarcerato  75 dissidenti politici e per l’esecuzione sommaria di 3 sequestratori di un traghetto fu forte e praticamente globale.

 

Tra i critici si fecero notare alcuni ex amici di Cuba di fama internazionale.

Leggendo le centinaia di denunce che giunsero al mio indirizzo di posta elettronica fu facile per me vedere come i nemici della Rivoluzione approfittarono di questi temi per condannare Cuba per violazione dei diritti umani. Ebbero la loro estate  Una confusione deliberata e scomposta tra i dissidenti politici e i sequestratori, due elementi senza relazioni fu facile, poichè i fatti avvennero quasi negli stessi giorni.

Una pubblicazione del Vaticano giunse a descrivere i sequestratori come dissidenti, mentre in realtà erano terroristi. Altri, generalmente in buona fede verso Cuba, presero ugualmente il carro della condanna e trattarono i due temi come fossero uno solo; le osservazioni che seguono si riferiscono al tema dei diritti umani nei due casi.

 

Per ciò che si riferisce alla prigionia dei 75 attivisti della società civile, la vittima principale è stata la storia, perchè  questa gente giocava un ruolo centrale nello sforzo del Governo degli Stati Uniti per distruggere il lavoro  della Rivoluzione.  Sicuramente un cambio di regime come ultimamente è stato definito l’abbattimento dei governi, è stato sempre l’obiettivo continuato degli Stati Uniti a Cuba, sin dai primi giorni del governo rivoluzionario, i programmi per realizzare questo obiettivo hanno incluso la propaganda per denigrare la Rivoluzione, l’isolamento diplomatico e commerciale, il blocco commerciale, il terrorismo e l’appoggio militare ai contro rivoluzionari, l’invasione di Playa Girón, i complotti per assassinare Fidel Castro e altri dirigenti, la guerra biologica e chimica e di recente gli sforzi per fomentare un’opposizione politica interna camuffata da società civile indipendente.

 

Il terrorismo

 

Warren Hinckle e Wilima Turner in “The fish is red  (Il pesce è rosso) che senza dubbi è il miglior libro sulla guerra della CIA contro Cuba durante i primi  20 anni di Rivoluzione, racconta gli sforzi della CIA per salvare la vita di uno dei suoi protetti seguace d Fulgencio Batista. 

Fu nel marzo del 1959, meno di tre mesi dopo il trionfo del movimento rivoluzionario. Il vice capo della principale polizia segreta di Batista appoggiata dalla CIA era stato catturato, processato e condannato a morte per fucilazione. L’agenzia aveva creato questa unità poliziesca nel 1956 e l’aveva chiamata Buró per la Repressione delle Attività Comuniste ossia  BRAC.  Con denaro, addestramento e attrezzature della CIA, il BRAC divenne la peggiore delle organizzazione di tortura e assassinio sotto il regime di Batista, diffondendo il suo terrore contro tutta l’opposizione politica e non solo contro i comunisti.

Il vice capo del BRAC, un certo José Castaño Quevedo era stato addestrato negli Stati Uniti ed era il vincolo tra il BRAC e la CIA nell’ambasciata degli Stati Uniti. Conoscendo la sentenza, il capo della stazione della CIA inviò un collaboratore giornalista chiamato Andrew St. George alla caserma di Che Guevara che era a disposizione dei tribunali rivoluzionari per intercedere per la vita di Castaño.

Dopo aver ascoltato St. George quasi tutto un giorno il Che  gli disse che doveva informare il capo della CIA che Castaño sarebbe morto e non perchè era stato un boia di Batista, ma perchè era una spia della CIA.  St. George se ne andò dalla caserma del Che all’ambasciata degli USA, vicino al mare, sul malecón e riferì il messaggio. Ascoltando le parole di Che Guevara il capo della CIA rispose solennemente: “ Questa è una dichiarazione di guerra!” Sicuramente la CIA perse molti agenti cubani durante quei primi giorni e negli anni di guerra non convenzionale che seguirono.

Attualmente mentre guido verso l’aeroporto proprio prima di girare a sinistra dell’Ospedale Militare di Marianao – scrive Philippe Agee -  passo a sinistra di un grande commissariato bianco con vari piani che occupa tutto un isolato  della città. È una cattiva imitazione di castello, costruita negli anni 20 del secolo XXIº, che divenne alla fine  un incredibile affare per gli hamburger Castillo Blanco. Alti muri circondano l’edificio e  ci sono in alto le guardiole vuote  come gli angoli, tutti vuoti come i posti di guardia. Separato dal castello da calle 110 c’è un annesso, una casa verde relativamente grande a due piani con le finestre con le inferriate e altri elementi di sicurezza. Non so a cosa serve oggi, ma prima era la temuta caserma generale del BRAC, uno dei luoghi più infami della CIA a Cuba. Nello stesso mese nel quale fucilarono il vice capo del BRAC, il presidente Eisenower il 10 marzo del 1959 fu presente in una riunione del Consiglio Nazionale di Sicurezza durante il quale venne discusso come rimpiazzare il Governo a Cuba e fu  l’inizio di una politica continuata per cambiare  il regime cubano, continuata da tutte le amministrazioni, da allora e sino ad oggi.   Quando ho letto degli arresti dei 75 dissidenti 44 anni dopo e nello stesso mese dell’esecuzione del vice capo del BRAC ho visto l’indignazione del Governo degli Stati Uniti di fronte ai processi e alle condanne. Mi ricordo di una frase pronunciata a Washington che mette in relazione le reazioni degli USA del 1959 e i fatti del 2003: “ Ehi! Questi disgraziati stanno arrestando i nostri ragazzi!”

Un anno più tardi, nel 1960, io mi stavo preparando in una base segreta in Virginia nel mese di marzo. Eisenower aveva approvato il progetto che avrebbe portato all’invasione di Playa Girón e stavamo apprendendo i trucchi delle spie, includendo interventi al telefono, microfoni nascosti,

l’uso delle armi, le arti marziali, come usare gli  esplosivi, i sabotaggi... In quel mese la CIA nel suo sforzo di privare Cuba di armi prima dell’invasione degli esiliati fece saltare in aria una nave mercantile  francese, la Coubre, mentre stavano scaricando un carico di armi provenienti dal Belgio in un molo dell’Avana. Morirono più di 100 persone per l’esplosione e la lotta contro l’incendio. Vedo il timone e alcuni resti di La Coubre che ora sono monumento a quei morti ogni volta che guido per l’Avenida del Porto passando davanti alla stazione ferroviaria dell’Avana.