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STORIA

 

160 anni fa giungevano a cuba i primi cinesi
 

di GUSTAVO BECERRA ESTORINO - speciale per SiporCuba

 

Dopo l’arrivo del brigantino Oquendo con i primi emigranti cinesi, il 3 giugno del 1847, sessant’anni fa, Cuba non è mai più stata quella di prima. I cinesi diventarono una nuova componente inseparabile nella nazionalità cubana e si incaricarono d’arricchire la storia e stringere ulteriormente legami che vincolano le due nazioni da più di un secolo e mezzo.

La nave Oquendo era salpata il 2 gennaio con 330 culies dal porto di Amoy e tutti sognavano di ritornare dopo otto anni carchi di gloria e di denaro, per mitigare la miseria familiare.

Centoquarantadue giorni dopo  sbarcarono nel quartiere di Regla, dov’erano pronti i detti “barracones” per il loro alloggio provvisorio: così iniziava la loro schiavitù a Cuba. Dieci giorni dopo giungeva una seconda nave con 365 cinesi provenienti sempre da Amoy, a bordo del  Duke of Arguile.

Questi uomini, ufficialmente liberi, erano stati assunti dai colonialisti spagnoli per lavorare nell’Isola che necessitava mano d’opera per l’industria dello zucchero, dopo la proibizione  dalla tratta dei negri africani, ed avevano firmato un documento che li obbligava a prestare i loro servizi per otto anni, con una salario di  quattro pesos al mese. 

La quinta parte di loro era morta durante la traversate ma nel 1853 erano già giunti a Cuba più di 5 mila cinesi e tra il 1853 e il 1873 ne arrivarono nell’Isola altri 132.453.

L’assunzione dei cinesi fu un affare vantaggioso per alcuni anni ancora, sino alla visita del mandarino Chin Lan Pin, nel 1874.

Anche se il governo spagnolo e la borghesia cubana cercarono di occultare la vera situazione dei lavoratori cinesi, Eça de Queiroz, console del Portogallo all’Avana, mostrò all’invitato imperiale le terribili condizioni  in cui vivevano i suoi compatrioti.

Come risultato di quella visita, fu  firmato un trattato tra Cuba e la Cina che sospendeva legalmente le assunzioni ... ma non l’immigrazione.

Iniziò così un nuovo processo e dal 1855 alcuni culies che volevano liberarsi dalla contratto firmato nel 1847, riuscirono  a diventare lavoratori liberi. Alcuni sognavano di ritornare e in Patria, ma il fallimento del contratto obbligò molti cinesi – ti hanno ingannato come un cinese di manila, si dice ancora oggi a Cuba – a rimanere nell’Isola, anche attratti da certe facilità d’investimento e dal fomento del commercio.

Cominciarono poi a giungere a Cuba cinesi provenienti dalla California, alcuni con capitali sufficienti per diventare piccoli e medi commercianti.

Nel 1858 la zona di Calle Zanja e Calle Rayo, proprio dove ora sorge il quartiere cinese, Chen Leng, un asiatico che aveva i documenti a nome di Luís Pérez, aperse un piccolo ristorante di cucina cinese.  Il suo esempio fu seguito da Lan Si Ye, chiamato Abraham Scull (presumibilmente “californiano”), che inaugurò, sempre in Calle Zanja, un posto di vendita di fritture e frutta.  Poi aperse le porte la bottega di Chin Pan (Pedro Pla Tan), il terzo commerciante cinese registrato nella storia dell’Isola.

Da allora nella zona di Zanja, Dragones, San Nicolás e Rayo cominciarono a vivere diversi cinesi venditori ambulanti di frutta, verdura, carne, regali, chincaglieria e ceramiche: era nato il quartiere cinese dell’Avana che cominciò a crescere con una rapidità allarmante.

Erano sempre molti però i cinesi che non erano riusciti a rompere il contratto e quando divennero liberi, vivevano in un regime di sfruttamento simile a quello degli schiavi negri. Non è casuale che come fratelli nel disgrazia, i cinesi si sommarono fin dal principio alla Rivoluzione indipendentista iniziata da Carlos Manuel de Céspedes il 10 ottobre del 1868.

Nel frattempo il quartiere cinese che si stava formando attorno a Calle Zanja acquistava  il suo definitivo spirito di città asiatica in miniatura. 

Tra il  1867 e il 1868 sorsero le prime tre società di aiuti mutui. La prima la, Kit Yi Tong (L’Unione), si propose di unificare tutti i cinesi dell’Avana. Poi nacquero la Hen Yi Tong (I Fratelli) e la Yi Seng Tong (Seconda Alleanza), formata dai  cinesi Ja–Ka.

Nel 1899 c’erano quasi  15 mila cinesi a Cuba; ma nel  1907 ne erano restati solo 11.837 e nonostante l’arrivo irregolare di braccianti asiatici, dodici anni dopo la cifra era diminuita a 10.300.

In cambio, negli anni venti le leggi pro e contro, che si alternavano, per ammettere o proibire l’entrata dei cinesi a Cuba, avvenne l’ultima grande immigrazione e nel 1930  la colonia contava più di 24.000 persone.

Un saggio e antico proverbio cinese assicura che il viaggio più lungo comincia con il primo passo e già 160 anni fa era stato dato il primo passo di una lunga storia di avvenimenti che sono anche la storia di una convivenza.

“La distanza geografica non è stata un ostacolo per l’identificazione mutua tra i popoli di Cuba e della Cina.  I primi che giunsero nelle Antille credevano in un sogno ma poi molti sognarono di ritornare e anni dopo riuscirono a farlo, ma la maggioranza aveva già messo radici nell’Isola, per aggiungere un poco della nobile terra asiatica al sangue cubano”.

Queste parole sono di Carlos Miguel Pereira Hernández, attuale ambasciatore dell’Avana a Pechino, dette durante una cerimonia nella sede diplomatica cubana, dov`è stato ricordato il primo arrivo dei cinesi nell’Isola.

Il suono dei tamburi si è sentito nel salone dove una decina di piccoli cinesi con pantaloni rossi e camicetta bianca di seta, hanno aperto le danze: erano gli alunni della scuola elementare cinese Cina - Cuba, incaricati di iniziare lo spettacolo culturale commemorativo dell’arrivo dei primi cinesi a Cuba 160 anni fa.

Questo incontro tra cinesi e cubani nell’ambasciata a nome di coloro che fecero il viaggio più lungo e gettarono l’ancora è diventato un viaggio nel passato, rinnovando gli impegni del presente.

 Una dimostrazione di  Wushu, eseguita da una giovane cubana d’origine cinese, l’interpretazione della popolare canzone “Soy cubano, soy popular” canta da David, un cinese ballerino di casino, hanno ravvivato lo spettacolo concluso con la conga di Santiago di Cuba, con l’inconfondibile suono della cornetta cinese.

È che Cuba non è mai più stata quella di prima da quel lontano giugno del 1847...

 

Fonte: Leonardo Padura, El viaje más largo. Ediciones Unión, 1994. (Traduzione Gioia Minuti)