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STORIA

 

Aponte: il primo combattente contro la schiavitù, a Cuba

 

Gustavo B. Estorino - Speciale per Sipor Cuba

 

Nella storia di Cuba ci sono molti personaggi sconosciuti o almeno non sufficientemente rivelati nella loro essenza e nemmeno nei libri. Uno di loro è José Antonio Aponte, un uomo negro, libero, intelligente, astuto e colto, che faceva il falegname e scolpiva il legno con arte singolare.

Il colonialismo spagnolo e i tremebondi schiavisti cubani del XIX secolo crearono la frase “Cattivo come Aponte”, per demonizzare quella figura che rappresentò la prima cospirazione indipendentista e di trasformazione sociale della storia di Cuba.

Il nove aprile del 1812, duecento anni fa, fu impiccato e poi decapitato, perchè era stato provato che guidava le attività cospirative che avevano tra i loro obiettivi l’eliminazione della tratta negriera, l’abolizione della schiavitù, lo smantellamento del governo coloniale spagnolo e la creazione d’una società ugualitaria nell’Isola.

Sposato, con sei figli, era stato caporale delle milizie, a L’Avana, nel battaglione dei negri, dal quale si era già ritirato quando fu scoperto come cospiratore.

La leggenda popolare gli attribuisce d’aver combattuto con le truppe negre de L’Avana, durante la guerra d’indipendenza degli Stati Uniti, ma sino ad ora non sono apparse prove o documenti su questo.   

Aponte godeva d’uno speciale prestigio tra la popolazione negra della capitale. Lo vollero presentare come un negro ignorante, ma in realtà possedeva uno spirito inquieto, che lo aveva portato a leggere le opere che nella sua epoca si consideravano classiche o fondamentali.

In casa sua, quando le autorità spagnole eseguirono la perquisizione,  incontrarono una biblioteca nella quale erano mescolati libri come “Descrizioni di storia naturale”, “Arte di Nebrija”, con “Lo Stato Militare della Spagna”, “Maraviglie della città di Roma” e “Fatti memorabili del mondo”...

Gli obiettivi della cospirazione che guidò erano l’abolizione della schiavitù e della tratta negriera, l’eliminazione della tirannia coloniale e la creazione di un governo senza discriminazioni.

Quello che richiamò di più attenzione di quella cospirazione fu che era estesa in diversi punti dell’Isola – a Puerto Príncipe (Camagüey), a Bayamo e a Remedios-, un fatto non abituale in quei tempi ed anche che includeva persone di diversa razza.

Il piano dell’azione consisteva nella conquista di alcune delle principali fortezze e caserme cubane.

Il 19 marzo però, una vile delazione  pose le autorità spagnole sulla pista e poco dopo venivano arrestati Aponte e alcuni dei suoi compagni più stretti.

Il 7 aprile del 1812, senza concedergli nemmeno un giusto processo, furono condannati a morte e  il giorno 9 furono impiccati  José Antonio Aponte, Clemente Chacón, Salvador Ternero, Juan Bautista Lisundia, Estanislao Aguilar, Juan Barbier, negri liberi, e gli schiavi Esteban, Tomás e Joaquín Santa Cruz.

La testa di Aponte la misero esposta in una gabbia di ferro all’ entrata de L’Avana, sul cammino di Jesús del Monte, dove oggi si trova la Calzada con lo stesso nome.

Nella storiografia cubana però esiste il preciso impegno del riscatto della figura di José Antonio Aponte come un vero rivoluzionario dell’epoca, di grande cultura autodidatta, combattente  antischiavista e leader del primo movimento indipendentista e abolizionista a carattere nazionale in Cuba.