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rRIVISTA TELEMATICA MENSILE A CURA DI GIOIA MINUTI
AVVENIMENTI

 

BELUSCONI ADIOS

 

Sono giorni di grande attesa, questi, per chi, in Italia e nel mondo spera di assistere alla fine dell’era berlusconiana. Le elezioni politiche del 9 e 10 aprile, infatti, potrebbero segnare il tramonto politico dell’uomo, Silvio Berlusconi, appunto, che da oltre dieci anni fa il bello e il cattivo tempo nella penisola. L’uomo che è il servo sciocco di Bush, tanto da decidere di inviare al macello 3500 militari per combattere in Iraq, per una guerra dichiarata in nome del petrolio. L’uomo che, con le sue leggi, ha garantito la totale impunità a sé stesso e a uomini del suo partito, Forza Italia. L’uomo che ha (s)governato l’Italia per cinque anni insieme alla Lega Nord, uno dei partiti più xenofobi d’Europa, e ad Alleanza Nazionale, diretta erede del fascismo mussoliniano. Il megalomane che, con la sua iniqua politica economica, non ha fatto altro che impoverire la classe media e i ceti più umili e rafforzare le posizioni dei più ricchi. Il pagliaccio che ha ridotto ai minimi termini la credibilità del Paese all’estero con la sua improvvisazione, riuscendo ad attirare l’odio eterno degli integralisti islamici con le sue prese di posizione antiarabe e volgarmente filoamericane. Ma forse l’incubo sta per cessare. L’incubo di chi non ha mai creduto alle false promesse di questo imprenditore che ha dichiarato di essere sceso in politica nel 1994 “per impedire la conquista del potere da parte dei comunisti”. La verità, invece, è che prima della nascita di Forza Italia, le aziende di Berlusconi erano sommerse dai debiti e, guarda caso, adesso, dopo dodici anni, procedono a gonfie vele. Il presidente del Consiglio, l’uomo più ricco d’Italia e il 37esimo più ricco del mondo, si sta rendendo conto che gli italiani, dopo la lunga ubriacatura mediatica (“Ha guidato bene le sue aziende, farà lo stesso in politica” diceva la gente comune), hanno ripreso almeno parzialmente l’uso del cervello e si stanno svegliando. Certo, sono gli stessi italiani che hanno consentito che si producesse una vergognosa anomalia, un caso unico in senso negativo nel mondo: il solo Paese nel quale l’uomo più ricco, quello economicamente più potente diventasse anche il detentore del potere politico. Qualcosa che forse non è mai avvenuto neanche in Sudamerica nei decenni passati. Berlusconi,  che condanna Cuba perché così gli dice di fare l’altro invasato con il cappello texano, è disperato perché si rende conto che la gente non lo segue più, perché il centrosinistra è dato ampiamente per favorito dai sondaggi alle elezioni e perché i suoi stessi alleati già pensano a quello che avverrà dopo il 10 aprile. Lo si è visto chiaramente nel recente faccia a faccia televisivo con il candidato del centrosinistra, Romano Prodi, un economista di formazione cattolica in passato vicino alla Democrazia Cristiana, il partito al potere in Italia per cinquant’anni. Un moderato, insomma, quanto di più lontano da un marxista radicale. Un uomo pragmatico, di buon senso, che quando parla sembra addirittura un prete, senz’altro non un rivoluzionario. Eppure, alle argomentazioni del suo interlocutore, che si limitava ad esporre le linee fondamentali del programma del centrosinistra, il presidente del Consiglio non ha saputo  opporre che insulti, mostrando un’acrimonia ingiustificata che ben testimoniava un forte nervosismo.

L’impressione del totale fallimento politico di Berlusconi è confermato dal comportamento della Confindustria, l’associazione degli industriali, sua naturale alleata, che gli ha tolto il proprio sostegno e adesso, seppure con grande prudenza, mostra di gradire maggiormente le proposte di Prodi. Berlusconi, è stretto in un angolo, e per questo attacca tutti: i comunisti (ne vede dappertutto), la magistratura, dalla quale si sente perseguitato, gli imprenditori. E naturalmente se la prende con i giornalisti, quegli stessi giornalisti che per anni hanno evitato di fargli domande imbarazzanti, del tipo: “Presidente, come ha costruito il suo impero economico?”. Non se l’è ancora presa con il Papa, ma non è escluso che lo faccia uno di questi giorni. Agli amici cubani che non lo sapessero, va detto che il soggetto in questione è proprietario di tre delle sei principali emittenti televisive italiane. Le altre tre, quelle della Rai, la tv pubblica, le ha controllate e censurate per anni, tanto da imporre il licenziamento del più grande giornalista italiano vivente, Enzo Biagi, reo di averlo criticato duramente in più di un’occasione. L’intreccio di interessi economici che vede protagonista Berlusconi è tale da risultare incredibile. Il premier è proprietario infatti, oltre che delle televisioni sopra citate, di centri commerciali, compagnie assicurative, banche, cinema, aziende operanti nel settore edilizio ed alimentare, e di società sportive. Ovviamente, non ha mai pensato di vendere niente di tutto ciò una volta conquistato il potere. Ma la cosa più comica che sta facendo è quella di negare l’evidenza della realtà. Una realtà che si è fatta molto difficile per tantissime famiglie italiane, che non riescono ad arrivare alla fine del mese a causa delle speculazioni dei commercianti dopo l’arrivo dell’euro, la moneta unica europea che ha sostituito la lira, la moneta nazionale. Speculazioni che il nostro “statista” non ha mai ostacolato, visto che i commercianti avevano votato in massa per lui. Continua a dire che tutto va bene, che sono i comunisti ad accreditare l’immagine di un Paese in declino, stanco, senza più forze e che rischia di uscire dal gruppo delle nazioni più industrializzate. Da quando c’è Berlusconi al potere, in molti si vergognano di dirsi italiani, perché con lui abbiamo visto cose neanche immaginabili in passato. A lui dobbiamo dire grazie se ora siamo uno dei primi obiettivi di Al Qaeda e dei terroristi islamici. A lui dobbiamo dire grazie se l’Europa e il mondo ci ridono in faccia e rafforzano la convinzione che siamo un paese di pagliacci. A lui dobbiamo dire grazie se il debito pubblico è salito a livelli spaventosi, se il lavoro in questo Paese è sempre più precario e senza diritti, se le giovani coppie non possono acquistare la casa in cui vivere, se il costo della vita è  diventato insostenibile per chi non ha soldi come lui. Eppure lui continua a dire che tutto va bene ed è colpa nostra se stiamo diventando sempre più poveri. Questa è l’ironia di un uomo che ha fatto della difesa del capitalismo una religione, la sua missione di vita, e a cui va riconosciuta la capacità di aver saputo rimbambire con le sue parole milioni di italiani. Quegli stessi italiani da cui ora ci aspettiamo una scossa, una reazione d’orgoglio, un gesto intelligente. Un voto che dica “Berlusconi stop”.

Pasquale Carbone