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Limes su Venezuela e Cuba: la voce del padrone

 


 

di Roberto Sarti   
 
Da qualche mese in Italia si parla maggiormente di Venezuela. Non solo all’interno della sinistra ma da parte anche di  alcune riviste e case editrici. È il caso di un libro edito da Baldini Castoldi Delai, “Hugo Chavez, il nuovo Bolivar”, di due giornalisti venezuelani che dietro una veste imparziale, attuano un’operazione di denigrazione della rivoluzione bolivariana. Ma soprattutto è il caso dell’ultimo numero di Limes la “rivista italiana di geopolitica”, edita dal Gruppo editoriale L’Espresso, uno dei principali sponsor del Partito Democratico.

L’intera rivista è dedicata a Cuba e Venezuela, con un titolo che dice già molto “Chavez-Castro – L’Antiamerica.” Il processo di vera e propria rivoluzione continentale in atto, che noi analizziamo da tempo e di cui protagonisti sono Venezuela e Cuba, non è sfuggito nemmeno a Limes. L’alleanza tra i due paesi caraibici fa paura alla redazione del bimestrale: da decenni nessuno infatti metteva in discussione il dominio Usa nel continente americano.

Con un approccio e una scelta di articoli che ha ben poco del rigore per cui Limes è conosciuta dagli addetti ai lavori, le oltre duecento pagine della rivista sono rivolte a demonizzare quest’alleanza. Mentre le pagine dedicate a Cuba sono piene di una propaganda anticastrista ormai trita e ritrita (la mancanza di democrazia, il disastro economico dell’isola, il ruolo della Chiesa, ecc) senza particolari novità, più interessante si fa il discorso sul Venezuela.

Dopo sole venti righe dell’editoriale parte un primo fendente “Hugo Chavez … da presidente eletto sta accelerando la costruzione di un regime autoritario quanto visceralmente antiamericano”. La contraddizione è nella frase stessa. Chavez è stato eletto, anzi lo schieramento dei partiti che lo sostengono ha prevalso in tutte le competizioni elettorali, ben nove tra elezioni presidenziali, politiche e referendum, dal 1998 ad oggi. Come può essere l’artefice di un regime autoritario? O forse è autoritario in quanto antiamericano. Notiamo en passant che per questi signori l’America coincide sempre con gli Stati Uniti e solo con essi. Insomma sei veramente democratico solo se sei amico degli Usa, altrimenti…

Procedendo nella lettura Chavez viene accusato di “militarismo fascistoide”, di “culto della personalità”, dato che “temendo un possibile golpe. Il presidente si è preoccupato di armare milizie paramilitari e a lui devote, con compiti sociali e di difesa del territorio. Sullo sfondo lo spettro di un’invasione americana, agitato per compattare lo spirito patriottico” (pag.17).

Temendo un possibile golpe? L’11 aprile del 2002 c’è stato un colpo di stato contro il presidente Chavez, respinto nel giro di 48 ore da un’insurrezione popolare. Ma su Limes di tutto ciò non vi è traccia, anzi con un triplo salto mortale i fatti dell’11-13 aprile 2002 diventano “la fallita sollevazione anti-Chavez”! (pag.21) Si ammette però che tale “sollevazione” era sostenuta da Bush ed Aznar.

Forse Chavez ed il governo bolivariano hanno quindi qualche ragione a temere un altro golpe o possibili interferenze da parte dell’imperialismo Usa. Ricordiamo che gli Stati Uniti, solo nel secolo scorso, sono intervenuti ben 43 volte in America Latina con le proprie truppe per “ristabilire la democrazia”, per non parlare di tuutti gli altri interventi "indiretti" come l'aiuto politico e finanziario al colpo di stato contro Allende o ai contras in Nicaragua negli anni ottanta.

Oggi Chavez non sta costruendo una milizia paramilitare tipo “fasci da combattimento”, ma ha in programma di armare due milioni di lavoratori per difendere la rivoluzione dai pericoli controrivoluzionari interni ed esterni, avendo compreso la lezione principale del golpe militare in Cile nel 1973, quando Allende si rifiutò di armare i lavoratori, ritenendo sicura la lealtà delle forze armate nei confronti del governo eletto.

Temprati dalla lettura di questo editoriale, affrontiamo gli articoli di approfondimento che si collocano sulla stessa linea. Praticamente ogni articolo è un tentativo di screditare il Presidente del Venezuela. Si cerca di dipingere un Chavez affetto da disturbi mentali, che lascia una sedia vuota nelle riunioni per far accomodare lo spirito di Bolivar, appassionato di magia (“L’asse esoterico Castro-Chavez-Morales” un articolo di ben dieci pagine).

Si dedica un articolo a parlare dei “chavisti nostrani” dedicando metà del testo a cercare simpatizzanti di destra della rivoluzione bolivariana. Alle presunte simpatie fasciste di Chavez sono dedicati diversi articoli, a firma di un antichavista rabbioso, tal Manuel Caballero. “Vita quotidiana sotto Chavez” comincia così “Nelle elezioni del 1998, un movimento simile a quello che nella Germania degli anni Trenta si chiamò la “grande coalizione fascista”, portò al potere un colonnello che sei anni prima aveva fallito nel tentativo di abbattere manu militari un governo legittimo” (pag. 109). Segue un saggio di una faziosità inaudita, dal titolo “Bolivarismo e fascismo” che non ha bisogno di ulteriori commenti.

Seguono vari interventi, in cui tutto fa brodo, dall’oppositore ispirato dai neocon di Washington preoccupato dalla retorica anti-Bush di Chavez, all’ex guerrigliero (Douglas Bravo) che ci spiega che “Chavez va bene al Dipartimento di stato perché garantisce quella pace sociale di cui l’impero ha bisogno” (pag 146).

Non possono mancare una serie di articoli strappacuore di una giornalista italo-venezuelana, che ci avverte di una vera e propria tragedia in atto in Venezuela: “Molti nostri connazionali emigrati nel paese latinoamericano si sono fatti onore nella piccola e media industria. Ora, impauriti dalla deriva chavista, si chiedono se andarsene, con il rischio di perdere i loro beni” (pag. 191).

Si potrebbe riempire pagine e pagine per rispondere alle falsità contenute in ogni articolo, ma pensiamo che i nostri lettori si siano fatti un’idea sufficientemente chiara.

L’ultimo numero di Limes non è nient’altro che un concentrato di propaganda anticomunista, con la differenza che non è ospitata nelle pagine de il Giornale o di Libero ma su quello di una rivista considerata a torto “progressista”.

Spiace vedere che giornalisti o professori universitari di sinistra come Angela Nocioni e Antonio Moscato si siano lasciati coinvolgere in quest’impresa, fornendole, agli occhi dei meno smaliziati, una credibilità del tutto inopportuna. In questo caso, cari compagni, pecunia olet, i soldi puzzano davvero.

Puzzano perché sono pieni di odio di classe. Questa è l’unica spiegazione che possiamo dare ad un’operazione così faziosa e poco oggettiva come quella di Lucio Caracciolo, direttore di Limes.

L’odio della classe dominante perché finalmente in un paese devastato dall’analfabetismo tutti oggi sanno leggere e scrivere (Fonte: Unesco). Perché è inconcepibile per alcuni che i proventi del petrolio vengano spesi in servizi sociali e non investiti in speculazioni finanziarie. Perché la partecipazione di grandi masse di lavoratori e diseredati alla politica, la principale caratteristica del processo rivoluzionario venezuelano, è vista con disprezzo e paura. Perché il terrore che il Venezuela si incammini davvero verso il socialismo, offrendo così un esempio straordinario a tutte le masse oppresse dell’America latina, fa rabbrividire la borghesia di mezzo mondo.

Da diversi anni la redazione di FalceMartello e i comitati “Giù le mani dal Venezuela” sono impegnati nella difesa della rivoluzione bolivariana. Il livore con cui Limes e tanti altri organi d’informazione trattano Chavez e la rivoluzione venezuelana ci fa capire che siamo dalla parte giusta. In una rivoluzione come quella Venezuelana o davanti agli attacchi dell’imperialismo contro Cuba non si può stare a metà strada.

Ciò non significa che abbiamo una visione apologetica di ciò che succede a Caracas, ma, quando lo riteniamo opportuno, le critiche che noi rivolgiamo alla rivoluzione venezuelana sono di segno opposto a quelle di Limes. La corruzione, l’inefficienza che spesso regnano in vasti settori dell’economia venezuelana non esistono per un eccesso di statalismo, ma perché le leggi del mercato ancora dominano la società venezuelana. Chavez ha cominciato a nazionalizzare aziende importanti come Cantv (telecomunicazioni), Electricidad de Caracas e il bacino dell’Orinoco, ma finchè le leve dell’economia non saranno nazionalizzate e poste sotto il controllo e la gestione dei lavoratori, non si potrà parlare di socialismo in Venezuela. Se c’è scontento o frustrazione fra le masse è perché la rivoluzione non è andata fino in fondo, non ha ancora colpito duramente i padroni e la burocrazia dell’apparato statale, è perchè la società venezuelana assomiglia ancora troppo a quella dell’epoca prechavista che la redazione di Limes vuole tanto difendere.

Come vediamo i padroni ed i loro pennivendoli utilizzano tutti i mezzi a loro disposizione per ostacolare il processo rivoluzionario in Venezuela e nascondere ciò che succede veramente ai lavoratori ed ai giovani in Italia e nel resto del mondo.

È nostro compito rispondere a questa propaganda reazionaria ed aiutare con tutte le nostre forze il movimento operaio venezuelano nella sua lotta per il cambiamento della società.

tratto da http://www.marxismo.net:80/content/view/2313/106/

 

 

info@siporcuba.it

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