CULTURA CUBANA


COMPAY SEGUNDO 2
 

 

  

 

IO LO CONOSCEVO BENE

Gioia Minuti


 

 O almeno mi  pare ora nel ricordo.  Era un uomo con il quale si entrava rapidamente in sintonia, era simpatico, metteva a proprio agio anche i giornalisti, a patto di saper penetrare ed apprezzare le sfumare della sua cubanità, i suoi doppi sensi, la sua malizia di gran signore.

Compay é morto a 95 anni ma tutti speravamo che giungesse  a cento per organizzare una festa immensa, di quelle di cui si parla per anni, perché lui a tutti noi ha regalato e regala infiniti momenti di allegria – che durano nel tempo, che saranno eterni - come la sua musica e con i suoi aneddoti, con le  storie di sua nonna che fumava cinque sigari enormi al giorno “per la salute” che lui bambino aveva il compito di accendere e che  anche lui ha fumato fino a pochi giorni fa.

Compay non ha avuto una vita facile e nemmeno una storia facile...discendente “recente”  di  schiavi nell’oriente di Cuba ( dove la schiavitù scomparve nel 1885) ha conosciuto grandi musicisti sin da piccolo ed è cresciuto nella culla della Trova più autentica  con Cindo Garay, Ñico Saquito...ha cantato con i mitici Matamoros ed  é diventato famosissimo già anziano, ma ha avuto il tempo di esibirsi con enorme successo  nei maggiori teatri del mondo, nelle piazze... di farsi conoscere internazionalmente, essere amato ed apprezzato come meritava.

I suoi figli, laureati in difficili discipline,  suonavano e cantavano con lui nel suo gruppo.

É un periodo triste questo...se ne é andato da poco Polo e ora anche Compay, ma non dobbiamo deprimerci perché nessuno dei due ce lo perdonerebbe.

Compay é Cuba, la musica di Cuba, la vivacità, l’allegria di Cuba, l’anima più popolare, come lo era Polo.  Quando si sentono le loro voci si accendono  le emozioni ..

Molti italiani mi hanno chiesto spesso di tradurre le parole di “Chan Chan”, ma più delle  parole é divertente la storia della canzone  perché riguarda personalmente Compay, cioe il Sig. Francisco Repilado, donnaiolo impenitente per tutta la vita.

Juanita era la moglie di Chan Chan ed aveva un “fondillo” (come si dice a Cuba) cioè un sedere molto, ma molto vistoso, e lo faceva dondolare  provocante davanti agli occhi di Compay che stava seduto su un scoglio guardando golosamente.

Tutta la manovra non sfuggiva certo a Chan Chan  e “gli dava pena”.

Compay non mi ha detto come e finita l’avventura con Juanita, ma quel fondo - schiena in movimento di lei che setacciava la sabbia, lo aveva colpito cosi fortemente da far nascere questa canzone che ha girato il mondo e che tutti canticchiano, anche se non sanno le parole o la storia...

Quando gli chiesi, ormai diversi anni fa, quando vinse il suo primo Grammy ,se era contento, mi guardò, si mise a ridere in quel suo modo che ti trascinava e mi disse : “Come no! L’anno prossimo ne vinciamo un altro!” Scanzonato e irriverente...     

Allora cantava nella casa dell’Amicizia di calle Paseo, l’antica residenza di Catalina Laza, la tragica protagonista di una tra le più belle  storie d’amore di Cuba...che racconteremo un’altra volta.

Una sera Compay pianse per un mio racconto: era la notte nella quale proclamarono Monumento Nazionale l’Hotel Nacionál di Cuba. Lui era già una stella internazionale e io gli raccontai di una giovane donna che si era fatta accompagnare dalle sue canzoni fino alla morte e che aveva chiesto che mettessero la cassetta nella bara, perchè la rasserenasse...

Le lacrime gli scendevano copiose e molte volte in altre occasioni fu lui a  ricordarmi Angela.       

A Santiago si può andare da qualche anno in un locale che si chiama La casa di Compay, vicino alla sua vecchia abitazione familiare.  Ora sicuramente ci saranno pellegrinaggio anche alla sua tomba nel cimitero di Santa Ifigenia, che accoglie tanti grandi cubani ai quali il mondo deve gratitudine per motivazioni differenti, primo tra tutti José Martì, l’Apostolo di Cuba.

Ciao Compay, noi che ti volgiamo bene ti portiamo nel cuore con tutto l’affetto e continuiamo ad essere felici con le tue canzoni e il tuo eterno sorriso.

La vergogna invece ricade su coloro che ti hanno negato il visto per partecipare agli spettacoli musicali negli Stati Uniti dove ti dovevi esibire: tra tutte le meschinità, proibire il bello e il buono dell’arte è la più assurda, vile e infame vendetta che un uomo possa compiere contro la stessa umanità. 
 

foto di Samuel Hernandez

info@siporcuba.it

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