MIRADA CUBANA ARCHIVIO


 

 

Celia Hart: in memoriam

 

Jorge Gomez Barata* 

 

L'immensità della tragedia originata dagli uragani che hanno colpito Cuba, hanno opacizzato la notizia: domenica scorsa, 7 settembre, in un tragico incidente di transito accaduto a L'Avana, sono deceduti i fratelli Celia ed Abel Hart Santamaria, figli di Armando Hart Davalos e di Haydee Santamaria Quadrato. 

Celia l’ho conosciuta tardi e poco, è stata lei che mi ha contattato grazie ad un amico comune, come mi ha detto, le piaceva la mia maniera di scrivere ed elogiò quello che chiamò abilità per abbordare “temi difficili”, contemporaneamente mi ha avvisato su quelle che le sembravano delle “ambiguità” che potevano condurre, secondo lei, a “incoerenze teoriche.” 

Non ho polemizzato con lei perché non lo faccio mai con chi mi legge e neanche le ho dato ragione, perché tali interpretazioni mi sono familiari. Io non l’ho mai criticata perché non voglio giudicare, perché credo nel diritto di pensare differente e perché la sua prodezza politica ed onestà intellettuale mi sembravano rispettabili. In definitiva condividevamo punti di vista filosofici e politici e benché io cercassi il centro e lei si muoveva in un estremo, eravamo compagni.   

Il fatto più vistoso del pensiero genuinamente rivoluzionario di Celia Hart e paradossalmente l'asse di molte delle sue contraddizioni, era la sua ammirazione per Leon Trotski, che trascendeva la devozione per la figura più romantica della Rivoluzione Bolscevica ed il prototipo del perseguito politico, che fa causa comune con le sue idee.  

Celia era marxista, di quel tipo che appoggia di Marx le sue conclusioni anticapitaliste più radicali, che associava all'esperienza bolscevica, in particolare a Trotski, avvicinandoli alla Rivoluzione Cubana, al Che Guevara ed a Fidel, producendo una messa a fuoco che, nonostante non fosse ortodossa, non era esente di ragioni ed argomenti di qualità teorica, tanto radicali che ad alcuni - non è il mio caso - sembravano estremisti.  

Naturalmente era profondamente anti-stalinista. Non gli ho mai domandato come aveva sviluppato il suo pensiero. Forse è stata prima una critica di Stalin e per questo arrivò a Trotski o al contrario. Un giorno le ho detto che si può coscientemente criticare Stalin senza per questo essere trotskista. Alla fine dei conti, il rivoluzionario ed intellettuale russo che è stato trattato così ingiustamente, è stato più un uomo del suo tempo che uno scienziato e la maggior parte della sua opera la realizzò essendo escluso dal processo rivoluzionario; cosa che non gli ha tolto del merito benché inevitabilmente lo abbia condizionato.  

Per ammirare Trotski, Celia, benché lo tentasse, non poteva evadere completamente dalle allusioni a Lenin, un'icona alla quale il marxista evita di confrontarsi perché segnala una specie di frontiera, che è un ostacolo per comprendere perfettamente le deformazioni che condussero al termine dell'esperienza sovietica. Esonerare completamente Lenin è tanto erroneo come incolpare esclusivamente Stalin. Un'altra volta la verità è una mescolanza di cose differenti.  

In realtà si può essere contemporaneamente marxista e trotskista, benché sia più difficile, essere contemporaneamente trotskista e leninista. Prima di polemizzare con Stalin e soccombere al suo potere, Trotski ha messo a confronto Lenin nel più sensibile di tutti i temi relazionati con la “costruzione del socialismo”: la democrazia, prima nel partito e dopo nella società. Trotski ha fatto il primo passo in quello che sarebbe stato considerato dal primo momento un'eresia e più tardi un atto contro-revoluzionario: ha costituito “un’opposizione operaia”. 

Non solo per queste posizioni che Lenin ha criticato, benché potesse convivere con loro, ma bensì per meschine ambizioni di potere, Stalin perseguì implacabilmente Trotski, vera seconda figura della Rivoluzione Bolscevica ed alter ego di Lenin, lo privò dei suoi incarichi ed in seguito della sua nazionalità, lo ha espulso dal paese e lo perseguì implacabilmente.  

La lunga mano di Stalin non rispettò la generosità del presidente messicano Lazaro Cardenas che aveva conceduto rifugio all'esiliato e profanò la casa di Diego Rivera e Frida Khalo, infiltrando nel loro circolo intimo un fanatico, a cui non tremò il polso mentre ficcava nel cranio di Leon Trotski un braccio di un piccone.  

Non mi sembra strano che Celia, la di cui famiglia, da parte di entrambi i genitori, aveva conosciuto la brutalità della repressione, ripudiasse questi crimini, con più ragione quando sono stati commessi a nome della difesa del socialismo e del marxismo, due ideologie che lei amava. Ad ogni modo il fatto inevitabile è accaduto: è scomparsa in piena gioventù ed in mezzo ad una febbrile attività rivoluzionaria, creatrice e politica. E’ andata via con la stessa fretta con cui ha vissuto ed è andata via nel momento in cui ne avevamo più bisogno.  

I paragoni non hanno senso e lei non era un “moneta d’oro” ma forse è esistita perché era necessaria a tutti noi. È possibile che le rivoluzioni abbiano bisogno di uomini come Lenin e come Trotski, donne come Rosa Luxemburgo e voci come quelle di Celia, i cui campanelli ed gli accenti la univano alla Rivoluzione Cubana. 

Lei aveva molti meriti ed altri compagni che l’hanno conosciuta meglio potranno raccontare delle altre sfaccettature. Io che avevo fissato con lei un incontro che non potremo mai portare a termine, ho voluto ricordarla nel suo aspetto più ribelle, contraddittorio e forse più legittimo. Non voglio che riposi in pace perché lei non avrebbe voluto mai riposare, almeno fino a quando ci fossero stati “mulini” da abbattere. 

 

 

 

*l’autore è un giornalista cubano di Visiones Alternativas-tradotto da Ida Garberi 

 

 

 

 

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