OFF TOPIC


                   NON SOLO CUBA

 

 

PARLA UNO SCOMODO PARTIGIANO


E' questa, una intervista che può risultare scomoda a molti. Si parla di un periodo della nostra storia italiana che ha visto crudeltà e dolori, sommarsi alle brutalità di una guerra non voluta e da una invasione barbarica di truppe naziste, assistite dalla parte estrema del nostro becero fascismo. Umberto Fusaroli Casadei all'epoca aveva 18 anni e, anziché pensare di vivere la sua gioventù in modo spensierato o desistendo e tentando di imboscarsi come la maggioranza degli italioti, imbracciò il fucile e partecipò alla resistenza. Da allora in poi, la sua vita è stata una continua guerriglia, prima in Italia, poi in Mozambico, poi ancora in Italia.

Questa è la sua storia e la nostra intervista.


Il vecchio rivoluzionario è tornato a casa con più anni, più delusioni e un cupo segreto, la chiave di un grande mistero africano: la morte violenta di un presidente. "Non è un segreto", dice lui, scaldandosi e ricordando che lo ha gridato ai quattro venti, laggiù, solo che nessuno ha voluto ascoltarlo. Umberto Fusaroli Casadei non è un uomo facile da raccontare. Ha vissuto almeno due vite, una in Italia, da partigiano, l'altra a sud dell'Equatore, tra guerriglie e rivoluzioni africane. Il monumento  ai Caduti per la Libertà di Bertinoro (Forlì) presenta sul cippo di pietra bianca i nomi e le fotografie di suo padre Antonio, dello zio Gaetano e di altri tre cittadini massacrati dai nazifascisti il primo maggio del '44. Umberto aveva allora diciotto anni e già era un esperto cacciatore di fascisti. Iniziò a studiare il da farsi subito dopo il 25 luglio 1943, sotto la guida del padre Antonio, iniziando a raccogliere armi, da prima tentando di organizzare la resistenza in Bertinoro, dirigendosi ai primi di marzo 1944 verso l'8ª Brigata Garibaldi e poi dal 4 agosto nella 29esima Brigata Gap, prima fu promosso alle funzioni di commissario politico di compagnia e poi di comandante del  2° distaccamento gapista in Forlì.  " Dopo che liberammo Forlì, nel novembre 1944, ne uccisi a centinaia, come avevo fatto prima nell'8ª Brigata Garibaldi, risultante dalla proposta di medaglia di argento per il fatto di Fragheto e per l'altro di Dovadola, non concessami perché i miei sempiterni nemici fascisti, infiltrati, ampiamente, tra i cosiddetti "tutori dell'ordine" avevano fatto, del tutto falsamente, figurare che fui condannato per duplice omicidio a scopo di rapina,mentre di rapina non ero mai stato neppure imputato, come ora risulta dal mio foglio matricolare, dopo che inoltrai opportuna istanza al Comandante del Distretto Militare di Bologna, allegando la sentenza di condanna per omicidi  per " motivi squisitamente politici";ma nonostante le mie segnalazioni in proposito a chi di dovere nessuno fu perseguito,neppure in sede disciplinare, essendo io stato, dal giorno del passaggio della giurisdizione dall'Allied Military Government al Governo Italiano, relegato, ante litteram, nella condizione dei prigionieri ora ristretti a Guantamano, in una specie di apartheid giuridico, uno scandaloso buco nero per la democrazia, la catastrofe del "pensiero unico", privato di tutti i diritti costituzionali per cui delitti di ogni specie, compiuti a mio danno, gli esecutori anche se perfettamente noti ed identificati, furono sempre dichiarati non perseguibili o assolti con formula piena, anzi qualsiasi mio nemico in numerosi occasioni e senza mai alcuna eccezione, nel corso dei  degli ultimi decenni, anche in processi in cui io non avevo nulla da spartire, in un epoca in cui il foro forlivese era infiltrato da almeno due membri della P2, sia il tribunale con un presidente che si dimise ed un sostituto procuratore penalizzato dal CSM, ma per le ingiuste persecuzioni a mio danno e dei miei famigliari nessuno fu mai perseguito, nonostante che si fosse tentato,ad opera di un piduista allora in auge di coinvolgere mia sorella Enrica nelle mie persecuzioni giudiziarie,  fino a quando un onesto Cancelliere ed un altrettanto integro ed anziano Giudice Istruttore non lo obbligarono a desistere dai suoi propositi. Spesso ancora mi chiedo se,almeno moralmente ed anche giuridicamente, fossero assai più degni di biasimo di noi, giustizieri di nazifascisti, i fedifraghi "padri della patria" che uccisero per la seconda volta i nostri compagni Caduti, mandando esenti da pena i loro assassini ed anche di coloro che, nel mio paese natale, falsarono,artatamente, la storia della Resistenza, omettendo di pubblicare i nomi dei torturatori ed assassini ed assassini repubblichini, in libri finanziati dall'erario comunale, risultanti da una sentenza transitata in giudicato che io gli avevo fornito, nomi riportati anche da "l'Unità" e da "il Giornale dell'Emilia" del tempo della condanna, da me pure forniti al Sindaco, recuperandoli nell'emeroteca di Forlì, a mie spese. Non rispettando neppure mio Padre,martire della Resistenza, tanto onesto che, durante il periodo in cui rimasi a capo della mia compagnia, dopo la distruzione dell'8ª Brigata, mi mandava soldi perché pagassi ai contadini i viveri necessari per il nostro sostentamento, fino a quando non gli scrissi di non preoccuparsi, dato che ci rifornivamo, a sufficienza, dai nazifascisti che transitavano per le strade. Io tentai sempre di seguire l'esempio di mio Padre, incorrendo nel pericolo di  guai anche con gli Inglesi, quando mandato oltre le linee  a catturare prigionieri per interrogarli, ignorando che il comandante delle SS in Italia  era indaffarato a trattare la resa delle armate naziste operanti nel nostro territorio, catturammo alcune SS e trovategli in tasca fotografie di civili impiccati per i piedi,  il mio buon compagno Ebreo si limitò ad  impiccarli  per il collo, con la compiacenza anche del sottotenente Inglese che ci accompagnava, che mi chiese  di assumermi la responsabilità dell'esecuzione, sostenendo che non eravamo riusciti a riportarli fino alle nostre linee, essendosi quelli, improvvisamente,  ribellati, ma che la sera seguente saremmo andati a catturarne altri, come in effetti avvenne, con mutua soddisfazione anche dei soldati austriaci caduti in nostre mani, assai  felici di attendere in prigionia  la fine di quella dannata guerra."
 Non  ha pudore a rivendicare che per lui la guerra non finì neppure il 25 aprile del '45 e nemmeno ora, anche se deve limitarsi per l'età avanzata, a scrivere, correndo il rischio di farsi ammazzare, come hanno già tentato dopo il suo ritorno dall'Africa ed è, di quando in quando, minacciato in vari modi, persistendo, senza discontinuità, la limitazione dei suoi  diritti costituzionali e di difesa. Nel marzo 1944, dopo le prove prestate in azione, era stato ammesso dai Compagni Sovietici a pronunciare il "Giuramento del Partigiano Sovietico", unico italiano dell'8ª Brigata al quale fu concesso tale onore e conseguente onere: "Giuro di essere fedele alla Patria fino alla morte. Giuro di non abbandonare il mio fucile finché l'ultimo nemico non sarà sterminato. Per la mia Patria oppressa, per i villaggi bruciati, per la morte delle nostre donne e dei nostri bambini, per le torture, le violenze e gli scherni del mio popolo, giuro di fare sul nemico giustizia sommaria, spietata, inesorabile, senza stancarmi mai finché avrò vita. Sangue per sangue, morte per morte a tutti i fascisti, per sempre!"  Ritenendo che fosse suo dovere rispettarlo, nessuno avendolo forzato a pronunciarlo, cercò sempre di fare il suo dovere al meglio delle sue capacità, purtroppo di gran lunga inferiori alla complessità ed enormità del compito, incorrendo nel sabotaggio e nelle ire degli attendisti e dei vigliacchi che, una prima volta, tentarono, in pianura, di farlo ammazzare dai nazisti e quindi decidendo di provvedervi in proprio, fato al quale sfuggì per ragioni estranee alla loro volontà, essendo stato inviato a Dovadola(FO), a seguito della morte dell'eroico capobanda Silvio Corbari, per riorganizzarne i resti, quanto per il sollecito arrivo a Forlì degli Alleati, nella prima decade del mese di novembre 1944. Invece del sole dell'avvenire le sue speranze tramontarono in un dedalo di guai giudiziari, architettati dai suoi nemici repubblichini, intrufolati nelle istituzioni così dette democratiche ed istituzionali. Ma lui risorse e partì, dopo un fallito tentato omicidio superiormente architettato contro di lui ed un coacervo di persecuzioni giudiziarie e di vario altro genere anche contro i suoi famigliari, per la sua seconda vita. Nel '70, con la moglie Marisa, arrivò nell'Africa, nell'allora  Rodesia razzista, donde conseguì di entrare in contatto col Presidente Samora, dirigente del FRELIMO, basato in Dar es Salaam ed allora sede di tutti i movimenti di liberazione in lotta per l'indipendenza. In Rodesia fu arrestato, su segnalazioni dei servizi segreti italioti, del tutto illegali in quanto per decisione dell'ONU era stati interrotti, anche dal Governo Italiano i rapporti diplomatici, ma, ottenuto che ebbe la libertà su cauzione, fuggi in Zambia, attraverso la Diga di Kariba, dove fu di nuovo arrestato senza alcuna imputazione e trattenuto in custodia a disposizione del Presidente della Repubblica Kaunda, come permetteva  la legge, fino a quando non arrivò il Vice Presidente del FRELIMO Compagno Dos Santos a chiedere la sua liberazione, permettendogli di trasferirsi a Dar Es Salaam.  Là divenne confidente e consigliere di giovani africani rivoluzionari come lui, ricchi di idee e poveri di quattrini. In Dar es Salaam, capitale della Tanzania, all'epoca rifugio di tutti i fuorusciti dell'Africa nera ed anche delle Americhe, la moglie prese in gestione la mensa della raffineria TIPER, italo-tanzaniana, dove quegli smunti idealisti, mai paganti, trovavano sempre da mangiare. Così nascono le grandi amicizie. Anche là, com'era avvenuto in Rodesia, dove fu perseguito dai suoi nemici repubblichini, annidati nelle varie burocrazie italiote, tentarono di dargli addosso, ma quale membro del FRELIMO nulla poterono in via legale, trovandosi forzati a ricorrere ai metodi mafiosi usati in Italia, ma anche a quelli sopravvisse, armato com'era e con molti amici per la pelle, dopo di che fu lasciato in pace.  Passò qualche anno, i ragazzi affamati di Dar es Salaam combatterono e vinsero, divennero i leader dei loro Paesi e Umberto si ritrovò amico di presidenti e primi ministri. Più di ogni altro, di Samora Machel, carismatico capo della guerriglia mozambicana e, dal '75, capo di Stato. Umberto e Marisa si trasferirono a Maputo, la capitale del Mozambico, abbandonata dai portoghesi, una delle più belle città dell'Africa, affacciata sull'Oceano Indiano e - così pareva allora - sull'avvenire. Ma la sera del 19 ottobre 1986, il bireattore Tupolev sul quale viaggiava il presidente mozambicano si schiantò al suolo disintegrandosi e iniziò di nuovo il suo calvario, subendo due altri tentati omicidi da parte dei mafiosi locali, ammanigliati con la burocrazia corrotta, e gravi ferimenti, scampando fortunosamente alla morte.

                              
PARLA FUSAROLI


Nacqui il 25 marzo 1926, ex comandante partigiano, il Padre, lo Zio, un Cugino trucidati dai mostri repubblichini, la fiorente attività commerciale del Padre distrutta, i beni in parte rapinati o rubati, la casa colpita da una bomba alleata, tre ferite riportate in diversi combattimenti contro i nazisti, anche il caro cane Febo abbattuto dai repubblichini ed i gatti Marcon e Nerina scomparsi, non per morte naturale, sei anni di carcere scontati per avere continuato la lotta al fine di rendere giustizia ai nostri Caduti ed una infinità di persecuzioni poliziesche, mai interrotte, combattente contro il fascismo colonialista Portoghese, insieme al Presidente Samora Moisés Machel, ferito gravemente altre due volte quando esercitai le funzioni di amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale di Maputo, a richiesta della banca statale truffata, dei beni di due mafiosi in Maputo, imputati e latitanti, dopo che il Presidente Samora fu assassinato e il marasma della corruzione travolse le istituzioni.
In Mozambico fui regolarmente iscritto negli albi dei dottori commercialisti e degli avvocati, ora cancellato essendomi allontanato dal Paese per anni, a causa di un grave incidente stradale sofferto il 31 marzo 2004 dal quale non mi sono ancora rimesso,  rimanendo assente, a seguito del quale, come sempre, mi è occorso tutto ed il contrario di tutto, essendosi le molte tabe d'Italia incancrenite e aggravate progressivamente.
Mio padre Antonio, nato nel 1883, fiero mazziniano, ritornò dagli USA, dove lavorava come muratore, con alcuni suoi fratelli, nel 1914, per partecipare alla grande guerra, guadagnandosi una croce al valore, invece della medaglia d'argento che il suo comandante gli disse di essere intenzionato a proporgli;  gestore nel dopo guerra di una cooperativa di consumo repubblicana,  distrutta dai fascisti, mettendosi in proprio e conseguendo il primato nel  commercio, nella piccola Bertinoro, soffrendo continue persecuzioni dai carabinieri, polizia e guardie di finanza, ma mai fu assalito dai fascisti,  durante il ventennio, memori della sua forza fisica e coraggio leonino.
Nella decade 1930 progettò, insieme a due comunisti, un attentato al duce in Riccione, da eseguirsi durante la stagione balneare, importò a sue spese  una carabina di precisione dalla Svizzera, a richiesta dei suoi due compagni aderì al fascio per sottrarre, nei limiti del possibile, a rappresaglie i comunisti detenuti e al confino, se fosse stato scoperto, e quando giunse il tempo dell'azione, gli mancò l'indispensabile appoggio di quei due filistei, uno dei quali aveva la disponibilità di una casa donde si sarebbe organizzare l'attentato, che, infine, fu vietato dai maggiorenti del PCI, di uno dei quali i suoi complici avevano vantato l'approvazione, forse inesistente, dato che in quel tempo avevano elaborato la stolida teoria dello "ENTRISMO", consistente nell'aderire alle organizzazioni fasciste, incluso il partito, per conquistarle dal di dentro!
Fu una badiale inattuabile fantasia, una fuga dalla realtà, come tante altre, ma fu con quella allucinazione, balorda quante altre mai, più di un viaggio sulla luna in bicicletta, che si fece svanire l'ultima speranza e possibilità di impedire che l'Italia precipitasse nel baratro verso il quale la vanagloria, la megalomania e l'insipienza mussoliniana e degli italioti l'aveva incamminata da circa un ventennio.

 
Mi educò al coraggio, insegnandomi che la paura é fatta di niente e che poteva solo peggiorare qualsiasi situazione, senza migliorarne alcuna, che era meglio morire in piedi che vivere in ginocchio, che chi non ha paura di morire e padrone della vita dei re e muore una volta sola, mentre i vigliacchi ogni ora della loro insulsa vita; mi portò di notte al cimitero per vaccinarmi contro la paura dei morti ed una volta ad un circo equestre, elargendo cinquanta lire a due serventi che portavano in braccio dei leoncini perché me ne affidassero uno durante lo spettacolo,al fine di farmi perdere anche la paura innata delle bestie feroci.
Il 25 luglio 1943 dette un sonoro ceffone al segretario del fascio e con questo ritenne saldato ogni suo credito, quando giunse l'8 settembre e la prima colonna di blindati tedeschi transitò per Bertinoro, lasciando un bertinorese morto, spiaccicato contro un muro, si arrabbiò; avrebbe voluto fare qualcosa ma era disarmato non avendo più nemmeno la pistola, donatagli dal suo comandante alla fine della grande guerra, sequestratagli in una delle tante perquisizioni della guardia di finanza e malaticcio, quasi ogni anno si buscava una polmonite che lo mandava sull'orlo della tomba, ma mi diede i soldi per comprare armi dai soldati in fuga o dai contadini presso i quali le avevano abbandonate in cambio di vestiti civili, utili per mimetizzarsi.  Appena comparve il primo manifesto fascista, di notte tempo, vi scrissi sopra:"Bastone tedesco l'Italia non doma!" e iniziai, svaligiando la casa del fascio e asportando, aiutato da un compagno di Collinello, frazione di Bertinoro, più anziano, tutte le armi dei mostri, come mio Padre indicava i repubblichini, quindi la sarabanda che non doveva più fermarsi: con una bomba a mano incendiai una auto nazista, ma avendomi abbandonato tutti i miei compagni d'azione non potei fare di più, quindi disarmai due tedeschi senza ucciderli, essendosi messi a piangere invocando "No kaput." Redarguito da mio Padre che al lume della sua esperienza comprese che se fossi arrestato e posto a confronto con loro sarei stato fucilato, terminando con me ogni conato di resistenza in Bertinoro e, come sempre previde il futuro, perché durante la resistenza nessuna azione fu mai programmata ed eseguita se non da me.
Avendo appreso che sugli Appennini vi erano gruppi di "ribelli" sovietici, come venivano chiamati ai primordi i partigiani, mio Padre che mi aveva insegnato tutto quello che sapeva in materia di guerra, mi consigliò di contattarli e vi riuscii, partecipando ad una girandola di attacchi: in Toscana assaltammo e disarmammo una caserma di allievi ufficiali e sottoufficiali dell'aeronautica, rastrellando una quantità tale di armi e munizioni che a stento riuscimmo a trasportare anche coi mezzi equatori sequestrati, nessuno di loro aveva combattuto contro la resistenza e trattandosi di giovani di leva che non presentandosi avrebbero corso il pericolo di essere fucilati, gli ottenni clemenza, dietro promessa di ritornare alle loro case e di non intrupparsi più coi nazifascisti ed alcuni si unirono a noi, infine partecipando con quei valorosissimi compagni all'assalto contro la caserma della guardia repubblichina di Galeata, dove furono annientati tutti gli otto fascisti che la presidiavano, sui quali i loro camerati inscenarono una turpe speculazione, evirandoli ed esibendoli in quello stato miserando alla popolazione, addebitando ai "ribelli" quella atrocità in una camera ardente approntata all'uopo, facendovi sfilare anche i bambini delle scuole.  Io ritornai subito a Bertinoro per continuare nell'organizzazione della Resistenza, ma la paura faceva novanta, come sempre, raccolsi da solo altre armi e nella primi settimana di marzo, ritornai, definitivamente sugli Appennini, sapendo dalle voci correnti della maialata inscenata dai mostri a Galeata, mi resi conto che il tiro gli era uscito per la culatta, infatti i montanari mi offrivano da mangiare, sperando che gli raccontassi la reazione degli odiati fascisti quando gli tagliammo i coglioni, infilandoglieli in bocca, come si vociferava, sollevando un concerto di omeriche risate tra i presenti; quando sorridendo smentivo il truculento racconto, dicendogli che ciò era avvenuto da morti e ad opera dei loro camerati, ci rimanevano assai male, tanto li disprezzavano, concludendo, in più occasioni. "Per fortuna che c'è il buon Dio che li avrà sprofondati nell'inferno."  A Bertinoro riuscii a racimolare altri sei compagni tutti più attempati di me per raggiungere l' 8ª Brigata Garibaldi, dove fui nominato commissario politico della 9ª Compagnia in formazione, inizialmente composta di soli 32 compagni, armati di 5 o 6 vecchi moschetti con una decina di caricatori in tutto ed un mitra Berretta con 2 o 3 caricatori da venti colpi ciascuno; le armi che avevamo quando arrivammo furono requisiti da un furbastro con la promessa che ci sarebbero state restituite appena saremmo stati assegnati alla compagnia in formazione, ma non avvenne; si trattava di arrangiarci e ritornammo a Bertinoro dove la notte del 7 aprile '44 abbattemmo due tedeschi, infelicemente armati solo di baionette.  In quella occasione accadde un fatto esilarante, un gruppetto di mostri locali, udita la sparatoria si recò sul posto e fu incontrato a depredare i morti dai nazisti accorsi dal loro vicino accantonamento, furono disarmati ed a calci e con accompagnamento di altre piacevolezze naziste furono sospinti fino a Bertinoro, per circa un chilometro, dove nella piazza del Municipio era albergato un capitano nazista che, avendoli visti abbandonare le loro libagioni, dopo l'echeggiare degli spari, li salvò dalla fucilazione ed evitò anche le abituali rappresaglie contro la popolazione locale, essendo rimasto nei nazisti  il fondato sospetto che gli omicidi fossero stati effettuati da altri fascisti, dileguatisi prima del loro arrivo, avvertiti dal rumore degli autocarri, essendo sparite le baionette che i due soldati portavano, ma tutto il resto di cose fungibili trovato addosso ai repubblichini. Di ritorno sugli Appennini incontrai i reparti di due divisioni tedesche in rastrellamento, col seguito di repubblichini in funzione di tirapiedi che, quando i nazisti avevano sgombrato il terreno, stupravano, rapinavano, torturavano e trucidavano uomini, donne e bambini: la nostra Brigata era composta di circa 800 uomini, di cui 400 male armati e con scarse munizioni  e gli altri inermi, oltre duecento dei quali furono massacrati; solo la mia Compagnia uscì e rientrò due volte nel cerchio senza colpo ferire, per rifornirsi di armi intanto paracadutate dagli Inglesi.
Io solo rimasi ferito mentre, essendomi con altri avviato, ognuno in diverse direzioni, in cerca di cibo ed avendo io  incontrato i compagni sovietici, ottenni una mitragliatrice leggera Lewis, usata negli aerei da caccia della prima guerra mondiale, con dieci caricatori perché gli coprissi la ritirata ed in quel compito per quattro ore impedii il passo a una forte colonna tedesca, riportando una ferita, essendosi surriscaldata e inceppata la mitragliatrice, quando tre tedeschi sopravvissuti alle mie raffiche e giunsero nei pressi e mi vennero contro sparando, mentre ero indaffarato a rimetterla in funzione; riuscii ad abbatterne due con la pistola, ma il terzo mi giunse, inavvertito, addosso e mi sferrò un colpo col calcio del fucile alla regione ciliare sinistra, fortunatamente attutito dall'elmetto che avevo raccattato nei miei guizzi tra una sparatoria e l'altra e nel mentre si apprestava a sferrarmene un altro, da terra, dov'ero stramazzato, lo abbattei con un colpo della mia pistola, rimisi di nuovo in funzione la Lewis e, sanguinante com'ero, rintuzzai altri attacchi, cambiando spesso posizione, come mi avevano insegnato i russi nella guerra della pulce contro il leone, dopo di che si fece avanti un ufficiale con la bandiera bianca che mi parlò in russo, ritenendo che fossi un sovietico, abituato a non chiedere né a concedere quartiere, ma non ricevendo risposta, non comprendendo io cosa mi diceva, provò a parlarmi in Italiano: " Il mio comandante, per il tuo valore, ti offre l'onore delle armi ed un salvacondotto."  Infuriato che mi credesse tanto scemo da abboccare mi alzai in piedi, gli gridai: "farfluten saizen", una ingiuria che i Russi mi avevano detto avesse a che fare con la merda e con un colpo di pistola lo fulminai.

 
Loro risposero con una musica lancinante che mi sembrò un incentivo primordiale all'uccisione e alla morte ed eruppe un inferno di fuoco, a base di salve di mortai, cannoni e raffiche di mitraglia,  correndo all'assalto in massa, decisi a farla finita, senza più precauzioni; mutando posizione, ripetutamente, quando giunsero a tiro iniziai il fuoco, ma dovetti abusare della magnifica Lewis che, quando stava per esaurire l' ultimo caricatore, scoppiò senza però ferirmi ed io me la squagliai: "gambe mie non è vergogna camminar quanto bisogna", mi aveva insegnato mio Padre.

 
Nella proposta di medaglia d'argento è scritto che cagionai al nemico "centinaia di perdite", io so che sparai quasi un migliaio di colpi e ne vidi cadere tantissimi, senza prendermi la rogna di contarli, divertendomi i loro capitomboli all'indietro provocati dall'impatto delle mie pallottole.
Nell'ultima settimana di aprile, avendo appreso, mentre ero al comando dell'unica compagnia sfuggita integralmente  dal rastrellamento, da due mostri catturati mentre stavano rientrando in servizio alla Rocca delle Camminate, in Predappio, residenza del duce,appresi che vi operava una banda di torturatori che usavano anche un cane lupo addestrato a sodomizzare i malcapitati che rifiutavano di tradire, i quali erano drogati e fotografati e quindi si sentivano dire "Se continui a fare l'eroe, mostreremo questa bella fotografia ai tuoi famigliari perché comprendano perché ti abbiamo ammazzato."  Appresi che era in loro mani anche una compagna, già arrestata in precedenza a casa sua, quindi liberata non esistendo contro di lei altra accusa che di essere la sorella di un partigiano e da me inviata a casa mia, lontana decine di chilometri, nell'errata speranza di preservarla da altre persecuzioni, invece era stata di nuovo colà sequestrata ed io, con i Compagni Gnaf e Saetta, mi precipitai a Bertinoro per conferire con mio Padre e decidere il da farsi, avendo anche appreso che il torturatore era un mostro bertinorese.

 
Pochi si salvarono dalla tortura con offe di denaro, al quale i mostri erano dediti come ad un Dio irresistibile, mentre quella compagna, catturata in casa mia, fu liberata qualche tempo dopo la strage di Bertinoro, quando il capo dei mostri della Rocca delle Camminate, tenente Giacinto Magnati, incorse nell'ira del duce non essendo risultato alcun elemento a carico dei cinque assassinati per suo ordine;  ma la povera compagna si suicidò dopo oltre un decennio da quella tregenda, non avendo conseguito di superare il ricordo orrendo e indelebile di quelle stigmate, vivendo con quel tormento, senza aprirsi con nessuno per non aggravare l'orrore.
La notte del 30 aprile '44, in Bertinoro, io conseguii di giustiziare quel mostro ed il segretario del fascio locale che lo accompagnava, ma non il tenente Magnani, sostituito da un altro mostro bertinorese; io avevo impartito precise e ripetute istruzioni al Gnaf, avendoci chiarito mio Padre che usualmente erano in tre di pattuglia, incluso il torturatore, fino di fronte alla Chiesa di San Rocco, di sparare a quello che stava alla mia sinistra, incaricandomi io di quello di mezzo, mentre Saetta  avrebbe dovuto sparare a quello alla mia destra, cioè ognuno di noi a quello che si sarebbe trovato di fronte; quando, dall'alto della scalinata della chiesa, li vidi profilarsi in lontananza, insegnai di nuovo col dito il bersaglio di ognuno.  I fatti si svolsero tuttavia in maniera differente: io abbattei il mio con una corta raffica, il Gnaf  atterrò il suo che tuttavia iniziò a lamentarsi, mentre Saetta errò il bersaglio assegnatogli oppure sparò sul mio; mi preoccupai di zittire quello steso a terra dal Gnaf e sbirciai per il terzo scomparso, poi decisi di tentare di localizzalo da terra, a basso della scalinata, mentre scendevo il Gnaf lanciò una bomba Balilla che mi tolse la visuale, illuminandomi, continuando a scendere
vidi sbattere contro il muro, a mezzo metro da me, un proiettile, risposi con una raffica alla cieca e il tiratore si zittì, io ordinai: "Andiamocene, attenzione all'altro" e ci avviammo,  io di fronte, senza fermarmi per impadronirci della armi dei caduti, stante la pericolosa situazione determinatasi con la sparizione del terzo mostro che, tuttavia, non fece più foco. Fatto un centinaio di metri udimmo una raffica pervenire dalla finestra di un mostro abitante nei pressi, ma noi eravamo giunti in posizione defilata e non risposi,  lasciando cadere per terra il mio berretto con una vistosa stella rossa ed uno scassato caricatore di Sten, sul quale avevo inciso: "Con gli omaggio dell'8ª Brigata Garibaldi", per controbattere la propaganda nemica che la dava per distrutta.  Non essendo la prima volta che i miei compagni dimostravano notevoli deficienze di tiro, per difetto di munizioni che impediva le necessarie esercitazioni, nel futuro adattai una tattica differente, portando con me una Lewis, con un caricatore da cento colpi e istruendo i miei compagni che io avrei sparato per primo e che loro si preoccupassero di abbattere quelli che mi fossero sfuggiti; avendo io conseguito una tale capacità di trio per cui la mia arma costituiva una prolunga del mio braccio entro il suo raggio di azione, così risparmiavano munizioni e più non andammo  incontro a problemi di quel genere.  Nulla fu riportato nel bollettino della Brigata, circa quell'azione, come in parte accadde per i due nazisti abbattuti nella prima settimana di quello stesso mese e da noi riferiti come tali al Comandante Libero, ben certi della loro morte, essendo stati entrambi colpiti da una raffica di mitra, sparata dal Comandante Tom, mentre io ne finii uno a terra con una bomba SIPE rinforzata e l'altro con un colpo del mio grosso revolver in testa, mentre furono riportati solo come un morto ed uno ferito, quando quel bollettino fu redatto, dopo la fine della guerra, mentre io ero in carcere, riportandovi altre bestialità e menzogne senza precedenti ad opera del Comandante Pietro che si spinse tanto oltre da tacciare quali delatori i nostri compagni catturati e trucidati dai nazifascisti, esempio forse unico nella storiografia resistenziale. Quando noi ritornammo in Brigata era già in corso il terribile rastrellamento di aprile ed evidentemente andò perduta la relazione che io scrissi e sottoscrissi, a richiesta del Comandante Libero, ed anche dal Comandante Tom; come non risultano nei bollettini dell'8ª Brigata i due repubblichini giustiziati il 1maggio 1944, in Bertinoro e da me riferiti al Comandante Pietro, insieme ad altri abbattuti in diverse località, quando egli apparve nella nostra zona oltre la fine di giugno 1944.  Nel pomeriggio del 30 aprile mio Padre si trattene per diverse ore con me, trasferendomi tutta l'esperienza di una vita e dandomi le istruzioni per non fallire il colpo, ma tenendomi nascosto che il gestore dell'Albergo del Sole, ora Colonna, gli aveva confidato che la notte del 7 di quello stesso mese, i mostri, come li chiamava mio Padre, avevano stilato una lista di antifascisti da uccidere per rappresaglia o prima di abbandonare il paese di fronte all'avanzata alleata, nella quale il primo nome era il suo.

 
Io prevedendo che potesse quanto meno essere arrestato lo pregai di farsi accompagnare presso la casa della staffetta in Teodorano, dove saremmo passati dopo l' azione, ma egli mi tacitò: "Io non ti ho mai insegnato la vigliaccheria. Pretendi forse di insegnarla a me? Tu comandi molti uomini e fai la guerra con le armi, io nell'unico modo che ancora posso."
Poco prima mi aveva mostrato un ritaglio dell' "Osservatore Romano" dove si qualificavano come vittime i 32 nazisti abbattuti in via Rasella, come uccisi le vittime delle Fosse Ardeatine per colpa dei codardi che non si erano costituiti e lui, come bene intesi, volle dimostrare che i partigiani non erano affatto codardi, rimanendo inerme a fronteggiare i mostri.
Fu massacrato con oltre trenta colpi, insieme al fratello Gaetano ed altri tre, dopo avergli inflitto un profondo squarcio sul viso che lo rese irriconoscibile alla sorella Annunziata, abitante nei pressi, poi gli squarciarono il costato con una bomba e vi urinarono, ma nessuno di quei mostri che sfuggì alla giustizia partigiana, dopo essere stati condannati da una Corte d'Assise Straordinaria fu giustiziato e dopo pochi anni furono rimessi in libertà.
Occorrerebbe un libro per narrare tutti i combattimenti in cui fui coinvolto: dirò solo di quelli citati nella proposta di medaglia d'argento: capo pattuglia con altri due uomini, incappammo, il 22 luglio '44, verso le 23, in due compagnie dell'esercito di Graziani, attestate attorno e dentro a Ranchio di Sarsina(FC); ne seguì uno scontro coi mie due compagni feriti da schegge di bombe a mano che quei mostriciattoli si lanciavano tra i piedi, rimanendo io solo e ferito da una proiettile di moschetto che prima aveva trapassato un mostro, sparatogli nella schiena da un suo camerata e poi anch'io, ma liberandomi di lui, nel mentre stavo per abbatterlo con la pistola, essendosi inceppato lo Sten [una assai efficiente pistola mitragliatrice inglese] permettendomi di riarmarlo e di sparare tutti i 32 colpi rimasti sul gruppo che in preda al panico gridava "Mamma aiuto, mamma aiuto", poi ritiratomi dietro l'angolo della via, gridando "Stalin Urrà" che maggiormente terrorizzava i mostri nazifascisti ed in particolare i fascisti, lanciai due bombe offensive inglesi, una tra i caduti ed una il più lontano possibile tra quelli in fuga.
Nel bollettino della Brigata vennero accreditati quattro morti e vari feriti, ma a me parvero di più, anche se, come sempre, non mi preoccupai di contarli, avendo ben altro di cui interessarmi in quegli istanti cruciali, ma quando il Comandante Pietro scrisse le sue relazioni, era bene al sicuro ed assillato dalla sola preoccupazione di diminuire e di annullare i miei exploit, come di diffamare, orrendamente, non meno delle torture inflittegli dai mostri repubblichini, gli altri suoi dipendenti vivi ed in particolare i morti, impossibilitati a difendersi.  Il Compagno Pirini alla mia destra, fu ferito al petto da schegge di bomba e raggiunse la base prima di me, io cambiando il caricatore allo Sten, mi accorsi di essere ferito e sentendomi un sapore dolciastro in bocca mi preoccupai che una emorragia non mi impedisse il ritorno e mi diressi verso la base, se non che sulla strada che dovetti attraversare notai una mitragliatrice Breda abbandonata, con caricatore innestato e lo sparai verso il basso della via dal quale udii pervenire lo scalpiccio di passi, dopo di che estrassi la massa battente e ritornai alla base.  Fortunatamente il proiettile aveva leso solo di striscio il parenchima polmonare destro e dopo pochi giorni erodi nuovo  sul sentiero di guerra. 
Fantini, alla mia sinistra, armato di Sten non ne fece uso, essendo stato attinto dalla vampa agli occhi, da una delle tante bombe Balilla, quasi inoffensive, lasciate cadere per terra dai mostri terrorizzati, tra i loro stessi piedi, si rifugiò su un frondoso gelso, al  mattino facendosi accompagnare da una ragazza in una casa, dove fu medicato dal parroco di Ranchio che lo convinse a consegnarsi per salvare dieci ostaggi dalla fucilazione ed il borgo dall'incendio, minacciato dal comandante della piazza di Forlì, giunto con rinforzi, sembrando che fosse rimasto ucciso anche un tedesco, ad opera delle truppe fasciste perché non rivelasse la loro pessima performance.
Fantini, dopo efferate torture, nel primo pomeriggio del 23 luglio, fu impiccato per lo scroto e per il collo, di fronte alla popolazione forzata ad assistere, fornendo ad uno il destro di fotografarlo ed a me di recuperare l'istantanea, mezzo secolo dopo che, debitamente ingrandita, costituisce un sanguinoso documento della mostruosità nazifascista.
A Fantini fu proposta e concessa la medaglia d'argento per fatti di cui non si era reso affatto artefice, essendo arrivato in Brigata, insieme al fratello, solo alcuni giorni prima, invece della medaglia d'oro che gli sarebbe spettata di pieno diritto per l'atto di eroismo effettivamente compiuto; io negli anni scorsi chiesi, inutilmente, la riparazione del torto fattogli, ma l'Italia non cambia mai!  Per corroborare e sostanziare la mia proposta mi recai a Ranchio per ottenere una copia fotostatica della pagina del diario del parroco di allora, ma mi fu negata chiedendomi, dopo che mi ero qualificato, che cosa mai ritenevamo di poter fare contro i tedeschi ed io risposi "Qualcosa di meglio e di più del vostro papa che quanto meno non ebbe il coraggio di opporsi a Hitler."  Avevo tuttavia già fotocopiato le pagine di un libro dove è citato il mio nome, ma senza riportare la verità dei fatti. Io mi scontrai duramente col Comandante della Brigata che si rifiutò di mandare alcune compagnie, esistenti nei paraggi, a recuperare la mitragliatrice e soprattutto il Fantini e quando appresi, dopo alcuni giorni, che il mio caro Compagno Aslan era stato ucciso per suo ordine, col barbino pretesto che non parlava bene il russo, mentre non lo poteva essendo un montanaro del Cuban che aveva trascorso tutta la sua vita a fare il guardia boschi, prima che si scatenasse la guerra e fosse arruolato nell'Armata Rossa, fatto che a seguito della pregressa uccisione del suo predecessore Comandante di Brigata Libero e della Compagna Zita, staffetta del comando, mi fece imbestialire tanto che tentai di farmi ammazzare, sul fare della sera, dalla sentinella del Comando, non rispondendo alle sue intimazioni, salvato per l'intervento del Commissario della Brigata che mi riconobbe, ordinando alla sentinella di non sparare. Tuttavia nel successivo incontro col Comandante della Brigata proposi le dimissioni, con l'autorizzazione a portare con me le mie armi, accendendo un nuovo scontro che fu risolto dall'intervento del Commissario della Brigata Compagno Bernardo e del Vice Comandante Battaglia, i quali, essendo pervenuta la richiesta di fornire un comandante di distaccamento alla 29ª Brigata GAP, in Forlì, mi proposero di accettare quel compromesso.
Sorvolerò sui pericoli e le traversie occorsemi a cagione degli "attendisti", una sottospecie bastarda di pseudo partigiani, che per evitare pericoli e rappresaglie, pretendevano di attendere, con le mani in mano, l'arrivo degli Alleati e di fatto così si comportarono, impedendo a me di combattere, come agli altri di buona volontà, come riportato anche da Amendola nelle sue relazioni alla Direzione del PCI, anche se, posteriormente, in suo libro vi aggiunse una postilla dove smentisce quella sua constatazione, invece del tutto conforme a verità.  In agosto '44 furono catturati dalla parti di Castrocaro(FC) ed impiccati, prima lassù e poi in piazza Saffi nel centro di Forlì, lo stato maggiore della Banda Corbari, dal nome del suo eroico Comandante, medaglia d'oro, insieme a Iris Versari, sua compagna di martirio e a due membri del suo stato maggiore, ed a me furono evitati ulteriori tentativi di assassinio, mandandomi a riorganizzarne i resti, conseguendolo in parte, dato il poco tempo disponibile, ma compiendo il più eclatante fatto d'armi riportato nel bollettino della Brigata, introducendomi, travestito da milite fascista ferito, sporco del sangue di un coniglio sacrificato alla nostra mai abbastanza saziata fame, nel posto radio che manteneva i contatti del fronte sulla Linea Gotica col comando della Wehrmacht, distruggendolo, dopo avere abbattuti un capitano e due tenenti.
Nella ritirata riportai ferite ancora ben visibili al padiglione auricolare destro, al cranio ed alle gambe da schegge di bombe a mano, lanciate senza risparmio giù per il calanco dove mi lanciai a rotta di collo ed i tedeschi non ebbero il coraggio di seguirmi, aggirando l'ostacolo ma finalmente andando a cozzare contro il fuoco dei miei compagni, attestatisi in un luogo da loro ritenuto più idoneo, mentre se lo era per loro, non lo fu per me, anche se impedirono ai nazisti di persistere nel mio inseguimento.

 
Tale fatto risulta anche nella motivazione della proposta di medaglia d'argento che non mi fu concessa, nonostante che il regolamento delle medaglie al valor militare, sia per il fatto di Fragheto quanto per quello di Dovadola, prevedano la concessione di una medaglia d'oro per ciascuno, per chi arrivi per primo sulla trincea nemica e per chi, alla testa della sua unità, resista a preponderanti forze nemiche, mentre io vi resistei da solo. Voglio aggiungere, avendo i documenti probanti in mie mani, che nel mio foglio matricolare, i non ovviamente identificati "tutori dell'ordine" avevano fatto figurare, dolosamente, che io ero stato condannato per omicidi a scopo di rapina, mentre di rapina non ero mai stato neppure imputato, ripetendosi quelli sempre a mio danno e della verità, in forme diverse, a seconda dell'occasione, ai quali ora si sono aggiunti gli antifascisti dall'antifascismo intermittente.
Immediatamente dopo quel fatto, a seguito della minaccia di gravi rappresaglie naziste minacciate con un manifesto ed essendovi la necessità del mio ritorno per programmare la liberazione di Forlì, fui richiamato.

 
Feci ancora del mio meglio ma non intendo parlarne non volendo attirarmi qualche altra indagine come quella per l'eccidio di Schio, indagine per la quale il P.M. chiese l'archiviazione "per infondatezza della notizia di reato", essendosi trattato di un abietto canard elettorale di certa stampa berlusconiana specializzata in materia, senza che neppure in questo caso i bene identificati calunniatori siano stati perserguiti.

 
Ritornai a casa nel dicembre '44, mentre la Brigata era stata smobilitata il 30 novembre '44, essendo stato contattato dalla Popsky Private Army, una unità speciale dell'8ª Armata Inglese, che necessitava di uno specialista che comprendesse l'Inglese, parlasse bene in Italiano ed in dialetto e che non avesse paura, quale capo degli esploratori ed incursori notturni, quando andavamo a rilevare i passaggi non minati, facilitati dai rilevanti movimenti eseguiti di massima al coperto della notte dalla truppe naziste, per evitare i tremendi attacchi a volo radente ed in picchiata degli onnipresenti caccia bombardieri Inglesi, e noi da bravi cani da riporto e da presa, come ci chiamavamo scherzosamente tra di noi, abbaiando e modulando i latrati come quei bravi animali, con grande sollazzo degli Inglesi, eseguivamo alla perfezione i nostri compiti, fornendo le coordinate delle fortificazioni, che all'alba venivano irrorate di bombe e cannonate, che io, a volte, sorvolando il fronte a bordo di un Lisander, piccolo aereo da esplorazione, scortato da alcuni Spitfire, che si incaricavano delle batteria antiaeree ed impedivano ai pochi caccia nemici di disturbarci, insieme ad un esperto direttore di tiro, che prima all'artiglieria e poi agli aerei in picchiata, correggeva, a vista, il tiro, attingendo una accuratezza  assoluta. Agivamo in comunella con un Ebreo, da noi scherzosamente chiamato "Deicida", essendo il suo nome difficile da pronunciare, mentre lui mi ricambiava con  "Caronte" per i tanti mostri che spedivo a miglior vita ,  che, avendo assistito, nascosto in un finto camino, all'assassinio di tutta la sua numerosa famiglia, aveva i denti più avvelenati di un cobra, il quale, oltre ad altri marchingegni, inventò un adesivo con su scritto, in tedesco, "Il prossimo sarai tu" che applicavamo sull'elmetto o sulla fronte, a quelli che liquidavamo con un colpo del retro di un accetta da guastatore alla base della nuca o tagliandogli la gola con un affilato pugnale, conseguendo in breve tempo un eccellenza tale che, quando ci fu ordinato di riportarne uno vivo, come, sporadicamente, accadeva, per interrogarlo, apprendemmo che di notte defecavano nei rifugi e nelle trincee per timore di incontrarci o uscivano solo in pattuglia; ma fu peggio la toppa del buco per loro, perché quando eravamo a caccia, fattore sorpresa aiutando, con qualche bomba a mano offensiva e raffiche continue, era facile annientare, in un batter d'occhio, anche una pattuglia di una decina e più di uomini. Ma una volta ci rimettemmo un compagno, inciampato in una mina, essendo uscito dal retto sentiero, per schivare le salve di mortaio sparate a casaccio contro di noi, per cui, essendo il nostro lavoro troppo importante, ci fu ordinato di limitarci tutto al più alle morti silenziose, essendo la cagnara, come ci disse il Comandante Popsky, prerogativa dei caccia e delle batterie di cannoni e mortai che sparavano a colpo sicuro sui bersagli da noi rilevati, uccidendone all'ingrosso assai più di noi e senza perdite. Attorno al 25 aprile ci fu fornita una jeep armata e bene equipaggiata, con patenti e denaro a bizzeffe, con l'ordine di catturare il duce e di portarlo, vivo o morto, al nostro comando od anche di trattenerlo, vivo o morto, in un nascondiglio, sapendo che nelle nostre mani vivo difficilmente sarebbe arrivato, fornendo le coordinate perché potessero venire a rilevarci.
Riuscimmo, infelicemente, nella grande baraonda della Liberazione, a vedere Mussolini solo a Piazzale Loreto dopo che, via radio, ci informarono della sua ubicazione. Di quello che ci apparve di fronte nelle nostre ultime scorrerie, in cerca di altri possibili prede indicateci, posso solo dire che vedemmo lo spettacolo di folle immense assistere ai processi sommari ed alle esecuzioni di quelli che loro chiamavano " boia", non i mostri come mio Padre ed io, tanto era l'odio che avevano seminato dappertutto con gli assassini, le stragi, gli stupri, le rapine, le torture ed ogni altra specie di delitto, tanto che pure nei luoghi dove gli aviatori Alleati avevano compiuto bombardamenti e mitragliamenti, a volo radente contro civili indifesi, insistendovi fino a quando glielo permetteva l'autonomia dei loro aerei, la popolazione non gli mostrava nessuna repulsione, ritenendo, nell'immaginario collettivo, che fosse dovuto a colpa dei nazifascisti, i quali avevano voluto continuare una guerra già perduta, essendogli rimasti impressi i ghigni mostruosi ed orrendi degli sgherri quando gli infliggevano sofferenze e soprusi terrificanti ed indimenticabili. Solo per citare un esempio a me noto nei dettagli, in provincia di Forlì, dal 15 settembre '43 al 15 novembre '44 , durante 13 mesi, vi furono 55 assassini e stragi per un totale di 492 assassinati, una media di quasi 38 al mese, mentre nel Nord Italia, dove la carneficina durò altri sei mesi, il sangue dei martiri e degli innocenti fu infinitamente più copioso. Quello continuo stillicidio di assassini rendeva incredibile l'abituale pretesto dei mostri di non averne mai saputo nulla e meno che meno di avervi partecipato, come accade tuttora ai mostri ai quali viene permesso di pavoneggiarsi in televisione, tanto che un compagno incontrato in carcere, fratello di assassinati, mi raccontò che non li lasciava nemmeno aprire bocca, dicendogli: "Lo so, lo so bene, tu non hai fatto niente di male a nessuno, come tutti gli altri figli di troia, anzi ne hai salvati tanti. Ma stai tranquillo, tu sei capitato in buone mani, io uccido solo gli innocenti, ai criminali provvedono gli altri." Quasi come mi esprimevo io in contingenze analoghe per non sorbirmi le loro geremiadi insulse.
Se non vi avesse provveduto la sommaria giustizia partigiana e popolare, come del resto era previsto da un decreto legislativo luogotenenziale che consentiva l'esecuzione, previo un sommario giudizio che accertasse l'identità dei collaborazionisti, delle 870 e più condanne a morte, irrogate dalle Corti di Assise Straordinarie, solo 91 furono eseguite, mandando praticamente esenti da pena tutti i criminali collaborazionisti, soprattutto quelli più meritevoli di morte in  forza del loro alto grado nella gerarchia dei mostri.

Se, poi, non fosse stato per l'intransigenza di De Gasperi che si oppose alla volontà del reazionario Pio XII che pretendeva, in occasione delle elezioni amministrative per il Campidoglio, di intruppare i missini e i monarchici, nella lista coi democristiani, ci saremmo ritrovati i mostri repubblichini, oltre che nel Campidoglio, anche nel governo nella decade 1950, invece che nell'assai più tarda decade 1990, dopo che i beceri compromessi DC/PCI e la loro corruzione e insipienza avevano convinto la maggioranza degli italioti a votare anche per i fascisti!
In verità i mostri avevano fatto in ogni dove tutto il peggio possibile, astenendosene solo quando gli fu impedito da forza maggiore: anche quei giovani salodiani, tanto apprezzati da Violante, in una sua esternazione in Parlamento, quando era in corsa per l'elezione al Quirinale ed ora da un giornalista sedicente sinistrorso nella sua geremiade e panegirico, in un libro scritto per soli fini di cassetta, ma del tutto falso nelle statistiche, a favore di coloro che pagarono lo scotto dei loro crimini perché nessuno dei salodiani era innocente, tutti bene consapevoli e conniventi delle indescrivibili mostruosità perpetrati dall'unità in cui militavano, non certo per amore di patria. A mio Padre, mentre traeva dal portafoglio la carta d'identità richiestagli, quando furono a prelevarlo per assassinarlo, chiesero la consegna di tutti soldi che vi avevano intravisti, impediti da un soldato tedesco presente, con la minaccia del mitra e un secco: "Solo papir, soldi lasciare signora", come mi ha raccontato mia sorella Enrica e mia madre Caterina, presenti, come mi fu confermato anche da qualcuno di quei mostri, quando furono accalappiati, i quali, quando nessun tedesco era presente, ritornarono a rapinarci un autocarro, forzando mio cugino Pasini Giuseppe, tuttora vivente, a consegnarglielo con un mitra puntato nella schiena. In particolare durante le notti in carcere scrutinai ripetutamente  tutto quanto mio Padre  ebbe a dirmi, parola per parola, sguardi e accenni del viso, durante le ultime ore trascorse insieme, interpretando  il suo comportamento come dettato dalla volontà di non esporre mia Madre e mia Sorella, se si fosse allontanato da casa, alla violenza dei mostri, ma soprattutto per mondarsi da quello che riteneva un suo peccato e deficienza grave l'avere dovuto affidare a me il compito di combattere per la salvezza della sua amata Italia, non essendogli riuscito di abbattere in tempo il mostro predappiese, avendo inutilmente tentato di organizzarlo non solo coi due comunisti bertinoresi ma anche con altri.  Gloria a lui e a tutti coloro che offrirono la loro vita per la libertà e vergogna a noi che abbiamo tradito le loro speranze ed auspici! 

In una intervista apparsa su un quotidiano, il solito giornalista fa il panegirico di un suo libro concernente "quei fascisti uccisi dopo il 25 aprile", morti delle quali piange l'orrore, aggiungendovi il dettaglio di uno stupro ed omicidio, assai probabilmente frutto di fantasia, essendomi nota la morale spartana e la draconiana giustizia partigiana contro gli stupratori ed ancor più la ripugnanza insuperabile per un partigiano di copulare con una troia, termine più eufemistico che io abbia mai sentito usare da un partigiano nei confronti delle così dette ausiliarie, fatto impossibile da consumarsi in presenza di altri perché avrebbe procurato, quanto meno, una valanga di calci allo sporcaccione che avesse osato tanto, con l'immediata disarmo e l'espulsione dalla brigata e la sommaria esecuzione se lo stupro fosse stato consumato; panegirico, quindi, comprovante che, esaurito lo sfruttamento del filone dei Caduti partigiani, revisionismo e trasformismo imperando, si tende ora a fare cassa coi mostri giustiziati nei giorni della resa dei conti.

Altro e morire e altro e parlare di morte e pancia piena non sa della vuota, come dimostra il nostro pseudo antifascista che, se invece di inventarsi un' accompagnatrice di fantasia per attraversare un inferno di sua esclusiva invenzione, si fosse fatto guidare da uno che come me ha assistito alla fucilazione di tre Compagni, attraverso il binocolo che da 300 metri di distanza mi rese lo scempio chiaro e scoccante come se fossi in mezzo ai morituri anch'io, prima ferocemente seviziati, nonostante si fossero arresi senza sparare, mentre ero impossibilitato ad intervenire, essendo solo e di guardia ad un tratturo minato, in prossimità del quale dovevo attendere il passaggio dei mostri per farlo deflagrare al loro ritorno, avrebbe nutrito sentimenti bene diversi da quelli espressi nella sua intervista.

Obiettivamente, senza avere come me tre Famigliari trucidati, visto compagni assassinati, uno seviziato e impiccato per i coglioni, del quale posso esibire le orrende fotografie, bambini bruciati vivi, solo che avesse posto mente a quegli spettacoli orrendi ovunque accaduti, ad opera di quei suoi beneamati fascisti giustiziati dopo il 25 aprile, avrebbe usato maggiore ponderatezza e rispetto della verità storica, se non fosse stato mosso dalla ricerca del plauso dei nostri nemici di allora e di oggi ed anche dalla brama di lucro.

Le brigate nere, almeno in provincia di Forlì, mai si scontrarono con gli Alleati, ma esclusivamente agirono a ridosso dei nazisti, nei rastrellamenti, quali tirapiedi di quei boia, anzi sostituendosi a quelli nelle esecuzioni, per permettersi gli stupri e le grassazioni di prammatica dopo che i nazisti ci obbligavano a sgombrare il campo, disponendo essi di cannoni e mortai, contro i quali la difesa ad oltranza avrebbe costituito un inconsulto suicidio, permettendoci le armi leggere in nostro possesso solo le imboscate ed il mordi e fuggi, poiché un soldato che si ritira, a ragione veduta ed ordinatamente, è buono per un'altra volta, come ho esperimentato, quasi giornalmente, durante tutta la guerra, anche quando la continuai con gli Inglesi, servendo da esploratore e da incursore notturno.

Ogni volta che, sugli Appennini, ritornavamo ad occupare le precedenti posizioni, non ci restava altro che constatare gli orrori perpetrati dai repubblichini e morderci le mani, non potendo scendere ad attaccarli nei loro covi cittadini, difettando di armi efficaci per batterci contro la Wehrmacht in campo aperto, non forniteci dagli Alleati, nonostante le nostre pressanti richieste ed anche per deficienze di comando, avendo il PCI, i cui membri formavano il comando della nostra Brigata, sprecato il loro tempo a permettere la strage del quaranta per cento dei suoi aderenti, emigrati nell'URSS, invece di mandarli all'efficiente accademia militare sovietica o di organizzarne una in proprio perché apprendessero almeno i rudimenti della guerriglia; invece di impedire che si attentasse alla vita del duce, proibendo persino ai suoi emissari in Italia di portare armi e tanto meno di usarle sia pure per difesa. Se almeno una parte dei compagni mandati in Spagna o morti in Unione Sovietica fossero stati usati in Italia per eliminare il dittatore forse il nostro futuro sarebbe stato differente o almeno se non si fosse impedito a mio Padre di eliminarlo, essendo egli tanto coraggioso da non vacillare ed abbastanza esperto e competente per riuscirci.

I repubblichini bene sapendo dove avrebbero potuto incontrarci, sugli Appennini, e benché io li avessi, ripetutamente, invitati a venire, informandoli che dopo l'arrivo degli Alleati la loro situazione diverrebbe infinitamente peggiore, non essendovi più i nazisti dietro i quali ripararsi, mai osarono confrontarci; con una sola eccezione quando, essendo stati informati da un delatore dove avrebbe pernottato Corbari, capo di una banda autonoma che gli aveva dato molto filo da torcere, ridicolizzandoli con arditi colpi di mano, i mostri neri lo circondarono con forze preponderanti, riuscendo a sopraffarlo insieme al suo stato maggiore e ad impiccarli a Castrocaro, feriti o morti com'erano, e di nuovo in piazza Saffi, nel centro di Forlì, esponendoli al ludibrio dei collaborazionisti e al terrore del popolo, sospesi ai lampioni, ma pagandone il prezzo, almeno alcuni, nei restanti mesi di guerra e nei giorni della Liberazione. Noi vedemmo lo scempio perpetrato dalle SS fasciste, a Tavolicci, con 69 bruciati vivi, tra i quali 19 bambini, a solo scopo di rapina e dietro pagamento da parte di chi si ritenne danneggiato da requisizioni effettuate dai partigiani in Sant'Agata Feltria, senza che quei poveri montanari nulla sapessero dell' accaduto lontano decine di chilometri, con un solo responsabile, tratto a giudizio, dopo la Liberazione, condannato a morte, che la fece franca, come tutti gli altri mostri condannati per altri eccidi, mediante 18 sentenze di morte pronunciate in Forlì, tutte non eseguite per accordi sottobanco intercorsi a Roma tra alcuni partiti del cosiddetto "arco costituzionale" per estendere anche a Forlì la giurisdizione delle Corti d'Assise straordinarie, prima limitata al territorio non ancora liberato dall'occupazione nazifascista allorquando le corti furono costituite per legge.

Un recente esperimento condotto presso l'Università di Los Angeles, in California, ha evidenziato una base fisiologica nel dolore morale, la "ferita dei sentimenti" non è solo una metafora, perché il cervello reagisce provocando vere e proprie malattie somatiche in coloro che le hanno sofferte, come io ho constatato in proprio e durante gli anni che fui il responsabile del Compitato Solidarietà Democratica della mia provincia, delegato all' assistenza delle vittime della guerra di Liberazione e della susseguente faziosa reazione contro le masse popolari e democratiche, avendo immesso nella polizia, i famosi "tutori dell'ordine", molti repubblichini od i loro figli e parenti, incluso il Dr. Leto, capo dell'OVRA mussoliniana,durante il ventennio, usato addirittura quale direttore della scuola di polizia ai tempi di Scelba, ministro degli interni.
Anche a distanza di anni non pochi di coloro che soffrirono morti in famiglia o di compagni, soprattutto se furono soggetti a bestiali torture, riportarono gravissimi disturbi e malattie di natura psicosomatica fino alla morte, senza che mai ricevessero alcun aiuto dallo Stato anche perché rifiutarono sempre di denunciare, per incoercibile pudore, quanto patito negli antri di tortura della Rocca delle Camminate, castello del duce, allora trasformato in una delle tante ville tristi d'Italia, come in altre città della nostra provincia e di tutte quelle che soffrirono la dominazione nazifascista delle quali io conobbi, durante i miei sei anni di carcerazione, non pochi degli scampati da quelle bolge infernali che avevano tentato di farsi giustizia con le proprie mani, unico mezzo nell'Italia del tempo per non crepare dalla rabbia e dalla vergogna, vedendo liberi i loro aguzzini.

Noi partigiani demmo sempre la precedenza ai nazisti nei nostri attacchi, avendo bene chiaro che, appena si sarebbero arresi agli Alleati, avremmo potuto, senza intermediari, fare i conti coi mostri traditori, i quali, secondo quanto era avvenuto il 25 luglio 1943, quando una intera Divisione M, munita di carri armati pesanti Tigre, di stanza nei pressi di Roma, non ebbe il coraggio neppure di starnutire, si sarebbero similmente comportati, appena rimasti orfani dei loro padroni nazisti e così fu il 25 aprile 1945 e seguenti!

Le brigate nere sorte in armi, a loro dire, per difendere il sacro suolo della patria e per salvaguardare il loro onore di soldati, mai si cimentarono contro gli Alleati, ritirandosi al Nord appena udirono il lontano brontolio dei cannoni Alleati, per persistere nelle loro abituali rapine e stupri, lasciando i nazisti a sbrogliarsela da soli sulle linee del fronte; spingendosi tanto oltre nella loro codardia ed infamia che nel caso della Decima Mas, al loro capo, principe Borghese, furono inflitti 60 giorni di fortezza per non avere saputo impedire alla sua marmaglia, in Milano, di dedicarsi a grassazioni, stupri e rapine quotidiane, mentre altri stupratori, grassatori e torturatori furono direttamente arrestati dagli stessi comandi nazisti, avendo superati anche i loro orridi standard, e trovati in carcere il giorno della Liberazione e, ovviamente, giustiziati.  Gli stessi repubblichini erano del tutto consapevoli dell'odio che si erano meritato per la loro criminalità tanto da confessarlo in una delle loro becere canzoni: «Le donne non ci vogliono più bene, perché portiamo nera », mentre noi cantavamo: «ogni donna a noi dona un sospir »; come gli enumerai esempi di viltà estrema da quei traditori dimostrata  in combattimento e soprattutto quando dovevano affrontare quella morte che, nelle loro canzoni, non gli faceva paura, mentre svenivano, si defecavano addosso o addirittura morivano dallo spavento quando gli appariva imminente ed inevitabile.  Appena avvenne la resa mi fu permesso dall'unità Inglese, in cui servivo da responsabile delle guide ed esploratori italiani, di precederla con una jeep armata e non ho mai visto e nemmeno appreso di donne stuprate e poi abbattute da parte di partigiani e neppure negli anni di carcere, durante i quali divenni una specie di Almanacco di Gotha di tutti gli atti di giustizia partigiana, ricorrendo a me gli altri condetenuti politici antifascisti per farsi aiutare nella redazione di istanze e lettere, diventando il loro confidente, mentre sempre mi furono riferiti turpi ed abituali comportamenti contro donne e bambini da parte dei mostri repubblichini, per cui ovunque gli si offerse l'occasione, il popolo si fece giustizia, quanto più feroce e assatanato era stato il comportamento dei mostri locali, tanto più tenace era la volontà popolare di una giusta retribuzione, in relazione all'odio seminato ovunque, avendo al servizio dell'invasore massacrato gente inerme, donne, bambini, vecchi, spesso bruciati vivi, lasciando un sentiero di morte e distruzione, con oltre sedicimila vittime, alle quali, per decisione dei governi che si avvicendarono dal 1946 in poi fu denegata, totalmente, giustizia, complice e pronuba anche una sinistra interessata solo a fare bottino di voti, prebende e sinecure, in forsennata competizione con la DC, nell'arraffare bustarelle, come poi Mani Pulite doveva ampiamente dimostrare.

Se il popolo avesse minimamente previsto che, dopo un anno dal 25 aprile, un 'amnistia, con il suo codazzo di "sentenze suicide", consistenti da parte dei giudici togati nel rendere inoperanti, con qualche cavillo,  le decisioni imposte dai giudici popolari in forza della loro maggioranza, predestinandole all'annullamento da parte della corriva Corte di Cassazione, mandando esenti da pena tutti i mostri peggiori, una rivolta inarrestabile avrebbe posto a ferro e a fuoco l'Italia che neppure gli eserciti Alleati avrebbero potuto prevenire e tanto meno soffocare senza una dura e sanguinosa campagna.  Nonostante tutto quanto noi partigiani avevamo sofferto, un'ipotesi del genere era incredibile anche a me che, pure a conoscenza degli intrallazzi di Togliatti con la monarchia ed il Vaticano, avevo in parte creduto alle sue assicurazioni che quegli approcci fossero espedienti per gettare polvere negli occhi agli avversari, contrariamente a quanto dovetti constatare in seguito, avendo egli, pedissequamente, seguito, anche in Italia, la politica staliniana di compromesso ad ogni costo coi poteri forti, a pregiudizio dei deboli, seguita poi dai suoi emuli bastardi fino ad oggi.

In tutte le altre nazioni Europee, dove la retribuzione dei crimini nazifascisti non è stata mercificata in cambio della laida rincorsa ai voti dei mostri neri e dei loro parenti, nessun partito fascista è andato al governo; in Italia non è stata sconfitta una illusione, come opinò un giornalista di mia conoscenza, bensì il tradimento e la corruzione ci hanno condotti dal 25 aprile 1945 al 13 maggio 2001, mutando una folgorante vittoria sul campo di battaglia in una lunga serie di sconfitte e di mercimoni a tavolino; non per niente la Resistenza Italiana fu seconda in Europa solo a quella Iugoslava! E voglio smentire la diceria dei mostri sopravissuti che senza gli Alleati non li avremmo sconfitti, ed è vero, perfettamente vero che non avremmo conseguito di debellare i nazisti, essendo però altrettanto vero che senza i nazisti non ce ne sarebbe stato alcun bisogno, dato che a loro, i traditori repubblichini, non sarebbe nemmeno passato per l'anticamera del cervello di tentare di risorgere, come dimostrarono innumerevoli fatti ai quali assistetti dopo il 25 luglio 1943, quando si lasciarono scazzottare e prendere a calci nel sedere dalle loro vittime, singolarmente, senza che nessuno reagisse minimamente; inoltre nel Nord Italia si arresero ai partigiani, quando gli Alleati erano ancora distanti, senza osare abbozzare alcuna difesa e morirono con dimostrazioni di codardia estrema, della quale fu esponente il federale repubblichino torinese Solaro che, nel tentativo di evitare il capestro, denunciò uno per uno tutti i franchi tiratori appostati in città, per suo ordine, al fine di causare perdite ai partigiani in arrivo, indicando con cura ai partigiani i passaggi dai quali prenderli alle spalle e le parole d'ordine per accalappiarli.  Alessandro Manzoni, buon cattolico, riteneva che: "I prevaricatori non solo sono responsabili del male che fanno ma anche delle reazioni indignate che provocano." Ed i mostri si ebbero solo una minima ritorsione per quanto avevano seminato sia in Europa, che in Italia ed in Africa!

Quel giornalista avrebbe dovuto, per essere imparziale ed obiettivo, almeno un poco, trattare anche la storia dei 219.481 collaborazionisti amnistiati, dei 30.000 scarcerati e delle 2.979 sentenze relative a sevizie particolarmente efferate, vanificate dall'amnistia del 22 giugno1946, in simbiosi con lo sconcio unico, a livello planetario, delle "sentenze suicide", sfornate a getto continuo dai giudici togati per sabotare la volontà dei giudici popolari ed infine la vergogna tutta italiota della parti lese costrette a comparire a testimoniare contro gli assassini dei loro parenti, irrise e svillaneggiate dalla difesa, sotto lo sguardo corrivo dei giudici togati e l'impotenza dei giudici polari, oramai succubi di quelle tragiche farse, tanto che mio sorella .alla fine si rifiutò di comparirvi.

Sarebbe pure stato opportuno e più democratico investigare come e chi dispose l'occultamento, nel famigerato "Armadio della Vergogna", dei 690 fascicoli relativi alle stragi nazifasciste e le conseguenze che ne derivarono alla debole e malferma nostra democrazia, come gli artifici usati per non consegnare, come ci obbligava il trattato di pace, i criminali di guerra nostrani alle nazioni Alleate che ne avevano fatto richiesta.

Infine non dovrebbe passare sotto silenzio che quelle esecuzioni di collaborazionisti erano state previste e legalizzate, previa identificazione, da un decreto luogotenenziale emanato, in precedenza della Liberazione, dal Governo Italiano. Ma nell'Italietta in cui ci siamo ridotti a vivere nessuno ha mai trovato quel minimo di coraggio necessario per chiedere la costituzione di un commissione di inchiesta per appurare chi furono gli infami e fedifraghi "padri della patria" che organizzarono la grande truffa ai nostri danni, incluso l'assoluta immunità garantita ai collaborazionisti del nazismo che, dopo la liberazione, facilitarono il passaggio per il nostro suolo dei criminali di guerra dalla Germania ed i loro imbarchi verso i paradisi del Sud America.  Quel signore pontificante dall'alto di uno dei più diffusi giornali Italiani, avrebbe dovuto documentarsi anche in relazione alla costante carneficina fratricida dei mostri su scala nazionale; nella lapide sul Municipio di Bertinoro sono scolpiti i nomi di dodici antifascisti caduti in combattimento o trucidati dai mostri, ma da nessuna parte risultano i nomi di tre mostri eliminati dai loro stessi camerati bertinoresi e nemmeno quello di un vecchio mendicante abbattuto, tanto per provare la pistola appena l'ebbe ottenuta, da uno quei mostri, poi giustiziato non dai partigiani, ma dalla giustizia popolare. Se si moltiplica 4.000 circa, quanti sono i comuni italiani da Roma in su, per 3, essendosi quel pranzo di Crono ripetuto dappertutto, si avrà un tale numero di mostri uccisi dai loro camerati, da ridurre grandemente il numero di quelli giustiziati dai partigiani e dal popolo per sua propria mano.
Tutti i nostri massimi criminali di guerra, in violazione del trattato di pace sottoscritto da De Gasperi a Parigi e della giustizia internazionale, alle varie nazioni, quali l'URSS, la Iugoslavia, la Grecia ed altre che ne avevano fatto richiesta, non furono consegnati dai nostri fedifraghi "padri della patria", medianti artifici e raggiri, da Badoglio, a Roatta, al quale fu procurata la fuga dall'Ospedale del Celio, con la complicità dei servizi segreti e del Vaticano, a Graziani, a Robotti, a Magaldi, a Sorrentino e a tutti gli altri generali e ufficiali, in numero di oltre 1.500, accusati di crimini di guerra all'estero, superiori per numero e gravità a quelli commessi dai mostri nazifascisti in Italia, nel tentativo di cancellare la memoria storica e l'infamia di uno Stato che aveva condiviso, almeno fino al 25 luglio1943, tutte le scelte e i crimini dell'alleanza coi nazisti, dopo averne commessi in proprio, di non meno terrificanti, in Africa, ancora prima di Hitler!

Graziani, Borghese e tutti i generali repubblichini, sfuggiti alla giustizia partigiana, trascorsero solo qualche anno in carcere e Leto, direttore dell' OVRA, a seguito degli intrallazzi con Togliatti, Nenni e De Gasperi, ognuno interessato a salvaguardare i loro delatori e traditori, ritornati all'ovile, rimase in carcere solo pochi mesi per assurgere a direttore della scuola di polizia ai tempi di Scelba al Ministero degli Interni.

Nel 1946 le esecuzioni di tutte le sentenze di morte transitate in giudicato furono sospese in favore di tutti i mostri neri, ma nella seconda metà dell' anno tre siciliani, condannati a morte per avere assassinato un'intera famiglia a scopo di rapina, in Piemonte, avendo però risparmiato un bambino, a differenza dei mostri neri che li bruciavano sempre vivi, insieme ai loro famigliari, furono fucilati, a dimostrazione dell'insondabile bassezza dei nostri politicanti e che la giustizia era disuguale per tutti.

Nella patria del diritto e di Cesare Beccaria, se bruci vivi 69 persone, tra cui 19 bambini, a scopo di lucro, come a Tavolicci, o centinaia come in tante altre località, se sei un mostro nazifascista i "padri della patria" ti risparmiano la vita e dopo qualche anno ti rimandano a casa, mentre se sei un furfante di basso conio ti riserbano il plotone di esecuzione!
La miope, becera, infame e stalinista politica di Togliatti col suo trasformismo, e ovviamente dei suoi colleghi di merende, noi partigiani, i lavoratori e l'Italia l'abbiamo pagata con decine di migliaia di anni di galera e le classi lavoratrici con la repressione sistematica da essa subita che, solo tra il 1948 e il 1953, costò 93.000 lavoratori processati e di questi 61.243 condannati a 20.426 anni di carcere, mentre 75 lavoratori furono sommariamente uccisi dalle "forze dell'ordine" e 5.104 feriti, notando che i morti ammazzati, i feriti, i lavoratori arrestati e condannati, nel corso di quei sei anni, mentre, durante il ventennio della dittatura fascista le condanne a morte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato furono 38, della quali 31 eseguite, le vittime circa 3.000 e le condanne detentive e al confino circa cinquemila, con 27/28.000 anni di galera.  Dal 1956 in poi vi furono le stragi fasciste e di stato che provocarono 144 morti e 744 feriti, con lo zampino dei nostri servizi secreti, in collaborazione con quelli americani; stragi sulle quali non è stato ancora tolto il segreto di Stato, prolungato anzi per altri venti anni dal governo D'Alema, che Fini promise di abolire senza però degnarsi di farlo, "simili cum similibus",  sempre in Italia, in maniera che ingiustizia eterna sia garantita anche a quelle vittime, com'è prassi costante nella terra di Maramaldo; stragi sulle quali, se proprio tutti non desideriamo, a pieno titolo, come io ho tentato alcune volte invano, darci da fare per ottenere la formazione di una commissione parlamentare per investigare a chi dei nostri boriosi "padri della patria" si debba ascrivere la responsabilità e l'infamia di avere evitato di consegnare alla magistratura ed alla storia le prove rimaste insabbiate negli archivi dei nostri servizi segreti.  Poiché qualcosa deve per forza di cose esserci rimasto di ancora riscontrabile per sapere chi sono quegli eroi del doppio, triplice, quadruplice ed infinito gioco sporco che invece di difendere la nostra Italietta la tradirono barbaramente. Un'altra truce conseguenza del regime democristiano e del trasformismo delle sinistre, confermati, certificati ed evidenziati dalla statistica, è che, in soli cinque anni, dal 1948 in poi, uccise, ferì, imprigionò e processò, se si considera quanto era accaduto dal 1946 al 1948 e dal 1954 in poi, un numero di lavoratori assai maggiore di quanto non fece, durante un ventennio, il regime del "male assoluto", sfruttando le masse lavoratrici in maniera non meno infame, facendo ricadere esclusivamente su di loro il peso della ricostruzione e delle perduranti crasse merende degli oligarchi e dei poteri forti, potendosi concludere che: "quod non fecerunt barbari, fecerunt barberini" o meglio i loro emuli "camionisti", come mio zio Gustavo, anarchico, chiamava i comunisti di quegli anni, senza considerare i morti sul lavoro in ragione di ben oltre 1.000 ed i feriti in ben oltre 100.000 all'anno: il costo di una guerra perduta e tuttora imperversante, peggio che in Irak, in Afganistan,  nel silenzio complice di tutti i partiti, sindacati, chiesa e poteri forti!

I "padri della patria" italioti, violarono anche le più antiche leggi dell'umanità, dato che i nostri lontani progenitori furono, naturalmente, portati a condannare l'omicidio, lo stupro, il ladrocinio, anche se ciò non toglieva che stragi, violenze e saccheggi fossero permessi, anzi addirittura premiati (anche oggi!) se commessi nei riguardi dei nemici, usanze assai peggiori di quelle che regolano, in natura, la vita degli animali.

Ebbene quei signori, i cui nomi infestano tutta la toponomastica del Bel Paese, ad alcuni dei quali furono innalzati monumenti, lapidi e targhe , fecero di molto peggio, amnistiando e condonando le stragi, gli stupri, le violenze, le torture e i saccheggi non perpetrati a danno del nemico, ma a nostro danno e insulto, spingendosi, nelle loro assoluta corruzione, a turpi e laide ammucchiate, fino a confondere ogni idea di etica del popolo Italiano, già abbastanza appestato dal fascismo, tanto da fargli accettare mostri collaborazionisti quali ministri e il Cavaliere di Arcore quale primo ministro!

Le canagliate dei mestatori, corrotti e falsari nostri "padri della patria" possono essere meglio evidenziate da sei fatti, tre, fra i tanti, di responsabilità dei sinistri e tre dei centristi: Togliatti fece purgare i "Quaderni dal Carcere" di Gramsci di tutto quanto a lui dispiaceva, e non era poco, poi, nel 1948, fece pubblicare, su "il Progresso d'Italia", giornale di sinistra, edito a Bologna, un articolo nel quale si sosteneva, con dovizia di particolari, che gli Americani non avevano sganciato sul Giappone bombe atomiche, bensì mastodontiche bombe convenzionali, ognuna trasportata da una troica di fortezze volanti [ io mi trovavo detenuto nel Carcere di San Giovanni in Monte, a Bologna, ora mutato di destinazione, dove i giornali erano proibiti ed io lo pagavo un pacco di sigarette alla guardia che me lo portava, clandestinamente, che da quel giorno mi risparmiai ] ed infine si rifiutò di renderci edotti del "Rapporto Kruscev " circa i crimini di Stalin, sostenendo che non esisteva.

Ciliegina sull'immonda torta ammannitaci dai nostri illustri "padri della patria" consiste nell' averci inflitto lo sconcio, unico a livello mondiale, tuttora perdurante, dei quali tutti quei boriosi signori, nessuno escluso, si resero responsabili, di un paese Grazzano-Badoglio che porta il nome di un criminale di guerra richiesto dall'Etiopia con l'accusa di diverse centinaia di migliaia di morti di cittadini innocenti e di avere usato il gas iprite anche sugli ospedali della Croce Rossa.
Dal canto loro i fratelli siamesi democristiani del nostro " Migliore" vollero superarlo in infamia, nascondendoci: "l'Armadio della vergogna", gli accordi con gli Americani per lo stazionamento nei nostri porti e aeroporti di sommergibili, navi ed aerei con ordigni nucleari, mentre erano proibite, per volontà popolare, male indirizzata da destri e sinistri, le centrali nucleari per usi pacifici e ci nascondono, tuttora, i fascicoli dei servizi segreti, a partire dalla strage di Portella della Ginestra, di Ustica, fino alle stragi di Stato, allo stragismo fascista e Nato in connivenza con i servizi segreti locali e la CIA.

Sempre dal 1948 al 1953 il costo del lavoro fu mantenuto alla metà degli altri paesi industrializzati; da tale orrenda macelleria all'ingrosso e al minuto, in tutti i sensi, e abietto sfruttamento sorse il "miracolo economico" di cui si usa dare vanto ai vari "padri della patria" che su quel sudore forzato,lacrime e sangue permisero ai "padroni del vapore" di ricostruire e ingigantire le loro fortune, alla base delle quali, sosteneva Marx, vi è sempre una grande rapina, come avvenne particolarmente nel caso dell'Italia, rapina che continuò fino ad oggi per la corruzione della classe politica e dei bonzi sindacali, tutti senza esclusioni, dato che nessuno ebbe mai il coraggio di dimettersi, della sinistra, del centro e della destra, tutti attaccati alle greppie del nostro capitalismo straccione, come dimostrano, apoditticamente, i dati, pubblicati, circa le ore di sciopero ridotte al minimo colme non mai dal 1974 al 1995, dal settimanale "Famiglia Cristiana", quasi l'unica rivista, ironia della sorte, a bandire le verità scomode, che comprovano la resa dei propugnatori del "compromesso storico" ai "padroni del vapore" e l'affermazione di Marx "la storia prima è tragedia, poi si ripete in farsa".

Dato che a chi accusa compete l'obbligo di produrre le pezze giustificative e non esiste miglior prova delle confessione dei rei, quando corroborata da certi altri indizi e fatti, io riporto le del tutto volontarie confessioni dei responsabili di tali fatti e conseguenze: Togliatti, il 20 giugno 1947, all'Assemblea Costituente, ebbe a piatire la benevolenza del nemico di classe dichiarando: "Gli operai hanno moderato il loro movimento.... Hanno accettato la tregua salariale senza che vi fosse la corrispondente sospensione dell'aumento dei prezzi.... Nulla si può rimproverare agli operai, ai lavoratori, e quei partiti che li rappresentano non possono essere oggetto della manovra di cui sono stati fatti oggetto."

Il 21 dicembre 1948, De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, alla Camera dei Deputati, concesse alle sinistre una specie di laurea in trasformismo e tradimento dei loro rappresentati, affermando: "E ringrazio anche l'opposizione, per la parte oggettiva che essa ha avuto nelle commissioni. Direi che l'opposizione, vista nei settori delle commissioni, ha un aspetto più costruttivo di quello che si possa vedere nell'Assemblea".

Al che Francesco Cacciatore della sinistra, ribatté: "Anche la maggioranza."
Come risulta dagli atti Parlamentari e riportato in un libro scritto dall'ineffabile Giulio Andreotti.
Non certamente per sentimenti cristiani, quando Pallante sparò a Togliatti, nel 1948, la FIAT mise a disposizione di suo figlio un aereo per trasportarlo da Genova a Roma, sempre contraccambiata da tutti i governi succedutisi dalla Liberazione ad oggi che prima omisero di perseguire i suoi dirigenti per il collaborazionismo coi nazifascisti e quindi le elargirono, in varie forme, enormi somme, valutate, alcuni anni or sono, in misura superiore al suo valore di borsa, mentre coi suoi lavoratori si comportò sempre con assai meno fair play, finendo per eleggere senatore a vita il suo presidente avvocato Agnelli, rendendo ovvio ai non autistici terminali che per gli italici non abbienti non esiste alcuna speranza di un futuro migliore, come dimostrato anche dalla manovra finanziaria attuale.

Maggioranza e opposizione, destra e sinistra, da sempre, si accapigliano in pubblico, poi, a somiglianza dei ladri di Pisa che di giorno litigano e di notte vanno a rubare insieme, nel privato delle commissioni, lontani da occhi indiscreti, collaborano al ristabilimento, puro e semplice, del dominio incontrastato ed egemonico dei "padroni del vapore ", sulla pelle degli sfruttati e degli oppressi, ora continuando la lottizzazione ed il sacco d'Italia, che Mani Pulite doveva poi tentare di esorcizzare inutilmente, come hanno dimostrato Fassino, D'Alema, Fini e Berlusconi, viribus unitis, contro l'articolo 18 ed ultimamente concordando un ordine del giorno in cui si afferma che le guerre imperialiste degli yankee in Afganistan, in Iraq e nel Libano, nelle quali abbiamo mandato a morire i nostri soldati, sono tutte uguali "operazioni di pace"!
Mio Padre, un mazziniano integerrimo, nel pomeriggio del 30 aprile 1944, sapendo che quella stessa notte avrebbe affrontato, inerme, i mostri che sarebbero andati a prelevarlo per trucidarlo, nel tentativo di trasmettermi tutta la sua esperienza della vita e della storia, mi ammonì:" Chi fa una rivoluzione a metà si scava la fossa con le proprie mani; i nemici d'Italia sono tre: il fascismo il papato ed il re; con l'ultimo Togliatti è già venuto a compromesso, contro il papa, complice di Hitler, di Mussolini e dei criminali Cardinale Stepinac e Monsignor Tiso, non ha detto neppure una sola parola e alla fine troverà il modo di accordarsi anche coi mostri; fai attenzione perché vi tradirà, come ha fatto sempre e con tutti. Se il papa ed il re non saranno processati come criminali di guerra, vorrà dire che tutti i nostri sacrifici saranno stati vani."

Julius Fucik , uno dei più grandi martiri della Resistenza Europea, nel suo immortale libro "Scritto sotto la forca" ci lasciò un sacro mandato: " Li hai visti ogni giorno, eri obbligato a essere quotidianamente in contatto con loro e a sopportare la loro presenza, che riempiva l'atmosfera di sangue e di rantoli di agonia; solo la tua fede profonda ti ha sostenuto, la fiducia che essi non possono sfuggire alla giustizia anche se assassinano tutti i testimoni dei loro delitti."
Mio Padre, il pomeriggio del 30 aprile '44, mi disse, prima di accomiatarsi, sapendo che andava a morire mi ripetè: "Ai mostri dagli tutto quello che meritano, senza risparmiare niente a nessuno."
Noi continuiamo a pagare il prezzo di non avere saputo recepire il mandato e l'esempio dei nostri Martiri, né di trarre tutte le dovute conseguenze dai loro ammaestramenti profetici, restandoci come sola attenuante la nostra mal riposta e becera fiducia nei nostri capi fedifraghi.
Se noi partigiani avessimo omesso di rendere un minimo di giustizia ai nostri Compagni Caduti ( il Ministro Scelba indicò in Parlamento in circa 2.500 i collaborazionisti giustiziati dai partigiani, nel cosiddetto "triangolo della morte" contro i 16.000 trucidati dai mostri e i nostri 44.720 Caduti) come avremmo potuto convivere coi loro assassini, senza fare karakiri per la vergogna?
In provincia di Forlì i partigiani veri, non quelli spuntati come i funghi dopo la pioggia, a Liberazione avvenuta, non superarono i 1.200, mentre i caduti furono 489, oltre il 40% del totale, come avvenne più o meno in tutta Italia, mentre rimasero sepolti nel territorio della nostra provincia oltre 8.773 soldati Alleati, sacrificatisi per liberarci.  Quando i repubblichini furono a prelevare i Cinque Martiri di Bertinoro, i mostri locali mandarono dentro alle case dei giovinastri di un'altra provincia, mentre loro attesero, rasenti i muri, nella notte, per eseguire l'esecuzione; lo stesso avvenne sempre e dappertutto, individuare gli assassini non fu, quindi, facile e anzi spesso impossibile, anche se tutti i membri di qualsiasi brigata nera parteciparono ed appoggiarono le stragi sempre e dovunque tali abomini che a norma dell'articolo 422 Codice Penale comportavano la pena di morte, riuscendo, tranne in soli 91 casi, a farla franca alla giustizia, efferatamente ingiusta, della Repubblica per la quale avevamo combattuto e sparso il nostro sangue.

Gli Alleati giustiziarono, in Italia, due generali tedeschi ed il generale italiano Nicolò Bellomo ed il capitano Italo Simonetti per avere causato la morte a pochi prigionieri di guerra, perché non avrebbero dovuto farlo i partigiani per le decine di migliaia dei loro Compagni trucidati? Forse i nostri morti erano figli di un Dio minore di quello degli Inglesi?

Sugli Appennini noi avevamo promesso a quei montanari, servi della gleba, forzati da sempre a vivere come all'età della pietra, che non vi sarebbero più stati padroni, come compenso dei sanguinosi sacrifici sostenuti per appoggiarci contro i nazifascisti e non ebbi più il coraggio di mostrarmi a loro, se non in un caso, quando uno venne a casa mia, minacciato di imminente sfratto perché i mostri gli avevano macellato i figli e non aveva più le braccia sufficienti per condurre il podere e corsi ad ammonire chi di ragione e ad impedirlo.

I contadini erano sfruttati e vilipesi assai peggio delle bestie, spesso i padroni erano stati i ras fascisti della zona, durante il ventennio, poi, furbescamente, astenendosi dall'aderire alla repubblichina salodiana, tentarono di far dimenticare i loro pregressi soprusi e delitti; in tali casi che cosa vi fu di riprovevole se l'asino infine si mutò in leone?
Secondo Brecht: "Violento si dice il fiume che tutto spazza via, ma nessuno dice violente le rive che lo comprimono."

Io, classe 1926, minorenne nel 1946, avevo proposto, facendo anche la voce grossa, a Togliatti e Amendola, ché fosse concesso il diritto di voto a tutti i partigiani, a prescindere dall'età, invece di traccheggiare coi repubblichini per ottenere i voti dei parenti dei collaborazionisti in carcere, almeno nel referendum per la repubblica, ma mi fu solamente  promesso, mentre ai repubblichini in libertà fu consentito.
Il Segretario della Federazione Comunista di Forlì era stato costretto dalla Direzione del Partito a venire a Bertinoro a tenere una conferenza a quei "benemeriti" concittadini, tentando di convincerli che il PCI non era loro nemico; ed allo spoglio dei voti, il 2 giugno 1946, avendo io istruito gli scrutatori a consegnare delle schede segnate ai suddetti, constatammo che tutti avevano votato per la monarchia, mentre, come avevo assicurato Togliatti, sarebbe stato sufficiente fare circolare la voce che era rischioso per loro andare a votare, per ridurre di oltre un centinaio, quanti erano all'incirca i repubblichini in Bertinoro, i 630 voti dati alla monarchia, contro i 4.815 per la repubblica.

Nel 1952, in occasione delle elezioni per la così detta "Legge Truffa", non essendo il MSI incluso nel calderone coi partiti di governo, gli fu permesso di appendere, all'inizio del paese, dove il 1 maggio 1944 erano stati assassinati i Cinque Martiri dalla sbirraglia fascista bertinorese, come sta scritto nella lapide sul monumento, un grande striscione col suo stemma e slogan che io, di nottetempo, rimossi, insieme a tutti gli altri apposti in altri siti, bruciandoli nella piazza del Municipio, retto da una giunta PCI/PSI, che, sia pure inconsciamente, aveva autorizzato quello sconcio. Si noti che in quel tempo io ero il segretario comunale del PCI di Bertinoro, con funzione di coordinatore delle cinque sezioni esistenti, per comprendere l'inenarrabile sofferenza che mi dovetti imporre per resistere e non farmi scoprire ed estromettere, perdendo ogni contatto con le masse beote e potere continuare a trovare qualcuno che, come quella notte della defissone della propaganda missina, mi desse una mano in caso di bisogno.

Il governo Milazzo in Sicilia col MSI ed il PCI fino all'invio dell'ex comandante partigiano Pecchioli, a Fiuggi, a concedere la patente di democrazia ad Alleanza Nazionale ed una sequela infinità di fatti analoghi, occorrendo una enciclopedia per elencarli tutti, ci hanno tratto ai mali passi odierni, propedeutici ad altri peggiori, essendo Berlusconi l'effetto della corruzione insondabile dei partiti tradizionali che l'hanno reso accettabile agli Italiani, disconoscendo le masse quel minimo della nostra storia sufficiente per sapere che al peggio non vi è mai limite e che se lo stavano procurando coi loro stolti voti.  Quando sorse la "Casa della Libertà" io suggerii ai suoi avversari sinistrorsi di additarla quale "Casa del Fascio" per evocare almeno negli anziani che ricordavano quei luoghi come antri di sopraffazione e di torture, ma fu inutile, avendoli il bonismo, il cretinismo parlamentare e la corruzione oramai resi tutti dissennati.
Giacomo Ulivi, diciannovenne, martire della Resistenza, mio coetaneo, nella su ultima lettera prima della fucilazione, scrisse: "Dobbiamo rifare noi stessi."

Evidentemente non ci siamo affatto riusciti, soprattutto a causa dei politici trasformisti e corrotti, principali responsabili della nostra posteriore débâcle.

Ernesto Rossi, uno dei pochi sinceri antifascisti del secolo scorso, che non monetizzò la sua fede inconcussa, nel luglio 1945, quando ancora regnava la generale euforia della Liberazione, disse: "Non bisogna farsi illusioni. Il fascismo non era Mussolini e una piccola cricca di delinquenti. Era il popolo italiano."  Nel 1965 rincarò la dose:"Col letame nessuno, per bravo che sia, può costruire un bel palazzo. Quando dicevamo che il popolo italiano non si meritava Mussolini, avevamo ragione.... perché meritava di peggio."

Oggigiorno strani fenomeni si verificano: non è molto tempo fa che un beota, in Bertinoro, inveì contro una banda che suonava bandiera rossa al funerale di un vecchio comunista che era morto senza rendersi conto di quale mastodontica buggeratura fu vittima, pagando per oltre sessanta anni le quote ed altri balzelli ad un partito che di comunista aveva appena il nome ed in ultimo neppure più quello, ma nessuno dei presenti e ve n'erano parecchi di diessini ebbe il coraggio di reagire a quello oltraggio alla salma di un loro compagno defunto.
Saputolo, la settimana dopo, alla stessa ora, nell'identico posto, io suonai, con un gira dischi la stessa canzone, a tutta volume, quel babbeo era presente, ma nulla ebbe da eccepire; nei mesi scorsi  "il Riformista", di sinistrorsa progenie, non pubblicò una mia lettera in merito, preferendo pubblicare non so se una lettera o una intervista di donna Almirante (perché donna poi io non l'ho mai compreso, non essendo mai stata consorte nemmeno di un ministro, ed ancora mi chiedo opera buffa o doloroso mistero italiota?!

Antonio Gramsci (ma chi lo ricorda più tra i sinistrorsi odierni e chi se ne frega più di un galantuomo morto mentre era detenuto in una casa di cura? ) scrisse: " Io non sono mai stato un giornalista professionista, che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni o dei manutengoli."

A contraddirlo un sinistrorso estremo da opera buffa, in una sua intervista a "la Repubblica" ha preconizzato un comunismo "gentile", ad uso e consumo, ovviamente, dei "padroni del vapore", dimenticando che quelli, e lui pure, alle spalle dei gonzi e dei beoti, se lo sono già creato ed abbisognano solo che le masse di mediocrità e di stolti, come sono stati ridotti la maggioranza degli italioti, persistano a sognarselo, semmai nell'aldilà e insieme con lui che ha dichiarato di stare cercando Dio, forse pensando che pure l'onnisciente si lasci abbindolare! Una delle tante farsesche dimostrazioni di disagio mentale di non pochi leader della sgangherata banda prodiana e dei loro beoti seguaci  è dimostrata il continuo richiamo ai dettati di quella chiesa oscurantista, retrograda e da dopo Costantino sempiterno instrumentum regni che solo recentemente ha lasciato cadere in disuso il "limbo", dove, secondo una stolta credenza, sarebbero confinati anche gli innocenti morti senza battesimo, dando prova di assenza assoluta di realismo esistendo anche la possibilità che in un proseguo di tempo, quella chiesa che perseguitò anche il grande Leonardo da Vinci costringendolo ad abiurare la sua intuizione sul sistema solare, si trovi a dovere ricredersi sull'esistenza di dio. E allora facciamo il conto sul sprecato! Lord Nelson,  nei primi anni del 1800, disse: "Gli italiani sono un popolo di puttane, poeti e mascalzoni", forse riferendosi ai signori coi quali aveva una maggiore dimestichezza, potrebbe ora ripetere quella tacitiana apostrofe, con assai maggior ragione, se riferita agli  attuali emuli nostrani dei signori dei suoi tempi e di coloro che gli prestano ancora bordone permettendogli i tanti scandali.  Ricordo che, nei mesi antecedenti il 25 aprile 1945, prima di ogni scorribanda in campo nemico, ripetevo ai miei compagni: "Combattere, uccidere e fottere" per vaccinarli contro la retorica incipiente ed  invadente,evitando una di quelle pernacchie, nella quali erano altamente specializzati e riservavano a chi li deludeva con la loro solennità affettata , limitandosi a fare qualche gestaccio e smorfia quando parlavo io, riferendomi a quegli omuncoli, scoppiando tutti, alla fine, insieme a me, in matte risate che affrontava la morte in allegria, tutta gente che sapeva assai bene il fatto suo e mai dovetti incitarli e tanto meno dispiacermi di loro, ai quali debbo tutto quanto acquisii sui campi di battaglia, anche in Africa, dove un paio accorse alla mia chiamata e costituiscono i migliori ricordi della mia vita, ma erano tutti più anziani di me e mi hanno preceduto nel grande buio, nel quale attendo anch'io di inoltrarmi, nessuno ha però mai decampato dal retto cammino, rendendo l'umanità di questa nostra misera Italia degna di qualche rispetto, sia gloria a loro ed a chi se ne renderà degno!

 


certificato di Patriota rilasciato a Fusaroli

il partigiano Fantini vilmente torturato e trucidato
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                I N T E R V I S T A



SXC: Dopo il suo racconto, ci rendiamo partecipi della brutalità di quel periodo. Era necessario adottare uno strumento così feroce come quello di combattere il nazifascismo, ponendosi al suo stesso livello di sangue?


UFC: Assolutamente! E sarebbe stato assai utile se fossimo stati capaci di superarli in ferocia, oltrechè, naturalmente, in efficienza bellica, avendo il terrore rivoluzionario l'esclusivo compito di terrorizzare il nemico. Eravamo impegnati nella più orrenda, feroce e spietata guerra di tutti i tempi, contro dei nemici violatori di ogni legge internazionale e morale, soffrendo noi del grave handicap di essergli inferiori in quasi tutti i campi. Infelicemente fummo frenati e impediti dall'attendismo delle masse che, pure odiando il nazifascismo, a cagione della guerra, delle privazioni e sacrifici conseguenti, ne temevano oltre misura le spietate rappresaglie, tanto che io fui oggetto di un tentativo di farmi, proditoriamente, eliminare dai nazisti ed in molti altri casi impedito di agire dal sabotaggio di finti resistenti ma veri codardi e traditori.
Io allora avevo una concezione errata dei compagni, direi sacra, soffrendo essi le mie stesse traversie e pericoli, mentre esisteva l'unico antidoto, capace di guarire anche i mostri nazifascisti più spietati e agguerriti: il piombo rovente, da usare senza parsimonia anche con questi, costituendo un pericolo più esiziale dei nemici, ma solo troppo tardi guarii da quella gravissima tabe, esiziale per chi abbia la responsabilità di comandare altri uomini, gravemente affittiva, impedendogli di fare il proprio dovere per chi ci crede, veramente nella giustezza di quanto sta facendo, provocandogli continue e gravi sofferenze morali per l'inutilità alla quale si era forzati, quando ti portavano, ad esempio, dopo molte insistenze, a piantare una mina su una strada e ti facevano transitare per un tragitto attraverso dei calanchi che ti spossava, mentre dal transito improvviso di un'automobile nemica nella notte ti accorgevi che sarebbe stato sufficiente percorrere un facile cammino, cento metri circa più in alto, per tagliare il passo al nemico e mandarlo all'inferno. Ora mi rendo conto che se avessimo posseduto al meno in parte il coraggio dei kamikaze o dei combattenti mussulmani avremmo potuto rendere impossibile o almeno infinitamente più gravosa la permanenza dei nazifascisti sul nostro suolo, come l'attacco di via Rasella dimostra.

 

SXC: Vorremmo partire dalla sua prima giovinezza; in che ambiente familiare è cresciuto, sia a livello umano che di situazione sociale?


UFC: Nacqui nel 1926 e vissi con mio Padre Antonio, commerciante, di generi alimentari, frutta e vino, mia madre Caterina, sua volenterosa e coraggiosa cooperatrice, classe 1893, mia sorella Enrica, classe 1928, studentessa magistrale, oltre all'anziana nonna materna Anna, religiosa ma poco praticante, che degli Italiani e dei nostri compaesani nutriva una pessima considerazione; mio Padre la chiamava, scherzosamente, la Giunta, pure prediligendola, forse perché affastellava tutti gli italioti, in quei tempi di fascismo montante, definendoli: "gente cui si fa notte avanti a sera, gente da basto, da bastone e da galera" , senza mai compiacersi di rivelarmi donde avesse mutuato quella definizione, morendo a seguito di una caduta per le scale, prima di constatare che mio Padre ed io eravamo di ben altro stampo, anche se, quanto a mio Padre, lei l'aveva intuito, dato il rispetto che gli dimostrava.

 Bertinoro fu un paese che lo stesso Dante apostrofò assai peggio, rivolgendogli l'invettiva : "Oh Bertinoro che non fuggi via che gita se n'è la tua famiglia e molta gente per non esser ria", dove per alcune centinaia di abitanti furono erette sulla fame popolo, nel medioevo, oltre una decina di chiese e due conventi, uno per gli uomini e l'altro per le donne, solo l'ultimo dei quali sopravisse al potere pontificio fino ad oggi.

 Da mio Padre, fiero mazziniano, agnostico e anticlericale, fui mandato in seminario, per timore che subissi l'influsso del fascismo, propagandato nelle scuole e volendo che imparassi bene il latino e l'italiano, allora ritenuti necessari per essere un bravo avvocato, in quei tempi ritenuti indispensabili per bene figurare in quella professione, dove mio Padre auspicava di vedermi brillare, tuttavia non resistendovi più di un paio d'anni prima di fuggire, trattenutovi solamente dal timore riverenziale che nutrivo per lui; che invece ne fu felice quando mi rivide nella bottega di generi alimentari, appena aperta, prima dell'alba, chiamando mia madre: "Caterina vieni a vedere quella buona lana di tuo figlio che è scappato!"rendendomi certo il suo tono e la faccia sorridente che non avrei ricevuto il liscio e busso che temevo, avendomi sempre perdonato le mie infinite marachelle, a condizione che mi comportassi bene a scuola e ne traessi buon profitto, come sempre conseguii. Mio Padre, classe 1883, aveva lavorato, ancora quasi bambino, accompagnando un suo zio in Svizzera, quindi negli Stati Uniti, con diversi dei suoi fratelli, uno dei quali vi perì nel crollo di un edificio, dal quale io ereditai il nome, ritornando per andare in guerra a compiere il suo dovere di completare il Risorgimento, guadagnandosi una croce di guerra invece della medaglia d'argento propostagli dal suo comandante, quindi fu il gestore del "Bottegone", una cooperativa di consumo repubblicana fino a quando non venne il fascismo a distruggerla. Allora aprì una bottega per suo conto, dall'altro lato della piazza Guido Del Duca che la gente continuò a chiamare sempre il "Bottegone" e a frequentarlo in massa, fino al giorno in cui lui fu massacrato dai repubblichini bertinoresi il 1 maggio 1944. Io proseguii gli studi nel ginnasio-liceo statale a Forlì ed appena ne fui in grado mi permise di guidare il camion Fiat 501, usato per i suoi commerci, profittando dei nostri viaggi insieme, durante l'estate, a scuole chiuse, per trasfondermi le sue esperienze di vita e tutta la sua avversione contro l'odiato Mussolini, traditore della sua antica fede socialista. Mio Padre, oltreché per la memoria prodigiosa di Pico della Mirandola, era noto per la forza erculea, avendo sgombrato da solo, ancora assai giovane, una sala da ballo, gremita da forti minatori, appena sentì offendere il suo Mazzini, maneggiando una panca, come una clava; io lo vidi due volte irato: quando lanciò un peso da due chili, sfondando i due vetri della vetrina, procedendo fino oltre la meta dell'antistante piazza Guido Del Duca contro un villano che l'aveva offeso ingiustamente ed un'altra volta contro un ubriaco che lo minacciò con un grosso coltello per tagliare i cocomeri che lui gli strappò di mano, lanciando il malcapitato, come un fuscello, su una piramide di grosse angurie, appoggiate alle parte laterale di casa nostra, fino alle finestre del secondo piano, facendole precipitare e poi sollevando quel minchione con una mano, e dicendogli, con un sorriso: "Ed ora vai a casa di corsa" e quello rispondergli: "Si, avete ragione, Tonino, si, ho bisogno di dormire", e mio Padre: "Forse non ci arrivi,tanto sei ubriaco, puoi dormire sul camion" che era parcheggiato lì vicino.

SXC:Come ha vissuto l'ascesa al potere del fascismo?


UFC: Mio Padre mi istruì a non mostrare mai avversione al fascismo, dicendomi che presto sarebbe arrivato il momento in cui mi sarebbe servito da scudo alquanta furbizia e ancora più coraggio, dopo il sorgere dell'asse Roma-Berlino, prevedendo che il "buffone di Predappio" avrebbe trascinato l'Italia in una guerra disastrosa e perduta in partenza.

 
Quando i nazisti entrarono a Parigi e Strucadin, alias Amerigo Casadei, squadrista e guardia comunale, marito di una cugina di mia Madre, corse nel Bottegone a dirgli:"Tonino, abbiamo vinto, i tedeschi hanno preso Parigi. Tira fuori la tua migliore bottiglia per festeggiare!" Lui lo folgorò: "Povero patacca! Al momento opportuno vi arriveranno addosso Stalin e Roosevelt, riempiendo l'Europa di carri armati, Hitler e Mussolini non troveranno neppure il posto per sedersi." A Strucadin, io ero presente e lo ricordo come fosse ora, si strinsero gli occhi come abbacinati da una folgore e farfugliò: "Tonino, sei pazzo? Come puoi dire una cosa simile?" "Io sono stato a Detroit nella fabbrica Ford ed in altri stabilimenti simili, quando invece di auto costruiranno carri armati e aeroplani oscureranno il sole ed i Russi faranno il resto." Gli astanti rimasero invano in attesa che Strucadin ribattesse, ma egli preferì andarsene in silenzio, sapendo che i presenti avrebbero creduto a Tonino e non a lui. Aderì alla repubblichina e partì con gli altri mostri per il Nord Italia, gettando la divisa alle ortiche il 25 aprile, tentando di ritornare a casa, ma fu catturato nel ravennate dai partigiani locali e mai giunse a Bertinoro.

SXC: Cosa la spinse a diventare partigiano?


UFC: Non di certo la fame, come accade a non pochi altri degli altri partigiani, essendo la nostra famiglia una delle pochissime alle quali in Bertinoro non difettò mai non solo il pane, ma nemmeno il companatico. Ma con un Padre del genere non avevo altra scelta, lui mi aveva preparato, ora si direbbe programmato per quel giorno, insegnandomi da bambino il coraggio in ogni modo possibile, mandandomi anche a tirare di boxe per sapermi difendere dai più grandi, portandomi nel cimitero e al lume della luna, facendomi toccare con mano che le ombre tracciate dagli alti alberi non nascondevano mostri, né spiriti maligni e che nessun morto aveva mai assalito un vivo, assicurandomi anzi che, specialmente di notte, poteva costituire un ottimo rifugio, in caso di bisogno, dato che tutti vi stavano lontani a causa delle fisime istillategli dai preti nella mente dei gonzi. Fu lui che, quando i suoi amici lo informarono che i repubblichini stavano sul chi vive a mio riguardo, dopo che gli avevo combinato grossi guai, depredando la casa del fascio di tutte le armi che vi avevano ammonticchiato confidando che nessuno avrebbe mai osato entrare nella tana dei leoni, come loro si ritenevano, data la sottomissione sempre dimostratagli dai compaesani, da un autocarro nel quale avevano lasciato due mitra li asportai coi porta caricatori, mentre si stavano ubriacando per consolarsi di un loro camerata morto in una resa dei conti cameratesca, effettuai una sparatoria contro un auto tedesca sulla via Emilia, sia pure senza conseguenze, essendo andato a segno, contro un parafango, solo una bomba a mano da me lanciata, e non le pallottole sparate dai miei compagni, i quali avevano preteso di avere le armi migliori, forzandomi a consentirgliele perché mi seguissero, defissone o imbrattamento dei manifesti repubblichini, sabotaggio di un trasformatore in una cabina che forniva elettricità alla fabbrica SISMA che produceva spolette per i tedeschi, etc, etc, che mi disse di partire per gli Appennini, dove ero già entrato in contatto e partecipato a un paio di azioni col Distaccamento Slavo, dopo che un suo amico, detto e Bret, falegname mazziniano che, un poco brillo, aveva inveito contro Mussolini, fu bastonato a sangue e lasciato pesto e svenuto, sotto un androne accanto a casa nostra.

SXC: Domanda lunga e articolata: ci parli della SUA Resistenza. Dove ha agito? I rapporti con i compagni e con le altre Brigate o Divisioni partigiane? Episodi salienti e aneddoti?
UFC: Io ho speso tutta la mia vita a farmi dei nemici tra i fascisti, i codardi, i reazionari e gli stolti, in una Italia dove, come ebbe a dire il Generale Fanti, in Senato, a Garibaldi: "I Garibaldini in guerra sono molto utili, ma in pace assai molesti." ed io sono sempre stato un prototipo di quella specie e tale rimango per i codardi, i lestofanti, i profittatori e gli imbecilli di destra, centro o sinistra, di qualsiasi sia il colore della loro pelle, incorrendo nei guai conseguenti, in tutti i continenti.


Nelle due brigate, 8ª Brigata Garibaldi e 29ª Brigata GAP Gastone Sozzi, in cui militai, non ebbi mai contezza di contrasti politici, essendo comandate e dirette da comunisti e considerandosi ogni partigiano un comunista, anche se tra noi vi era qualche socialista, cattolico o repubblicano, sia pure in esigua minoranza, senza neppure sapere, da parte di molti, cosa significasse esattamente il comunismo, trascinati dalla grande ammirazione per l'Armata Rossa che le stava suonando di santa ragione ai nazisti!

 
Ebbi notizia di gravi dissidi del nostro Comando solo con coloro che, per evitare rappresaglie, pretendevano di lasciare, in esclusiva, agli eserciti Alleati la funzione di sconfiggere i nazifascisti, tendendo a mantenere la guerra il più lontano possibile dalla propria soglia di casa, timorosi persino che le loro galline diminuissero la produzione di uova, terrorizzate da bombe, granate e raffiche, come accade ora per le centrali atomiche, la TAV, i bruciatori, le autostrade, gli aeroporti etc, etc. Col primo Comandante Libero io non ebbi mai contrasti avendomi sempre trattato con grande benevolenza ed una volta gli fui di notevole aiuto, evitandogli uno scontro coi Compagni Sovietici che pretendevano mano libera negli attacchi ai nazifascisti, per innato impulso di vendetta dopo l'inferno vissuto nei campi di concentramento ed anche per essere il miglior modo di rifornirsi, fino allora avendo gli Alleati promesso tanto, ma ancora di là da venire, mentre lui avrebbe preteso che ogni attacco fosse condotto in sintonia col Comando, concedendogli di procedere, infine, in zone lontane, come mi aveva già consentito di attaccare a Bertinoro, lontano una cinquantina circa di km in linea d'aria. Mentre ebbi dal suo apparire delle vivaci discussioni con l'ultimo Comandante Pietro dell'8ª Brigata Garibaldi per sapere dov'era finito il suo predecessore Compagno Libero, sul quale circolavano strane voci, scomparso, unitamente alla giunonica e bionda Compagna Zita, staffetta del comando di Brigata ed ancora più dopo lo scontro in cui a Ranchio di Sarsina(FC) soffrii una ferita trasfossa al costato destro, da una palla di moschetto, sparata nella schiena di un fascista col quale stavo colluttando da un suo retrostante camerata, uccidendolo e liberandomi, mentre stavo per sparargli con la pistola, permettendomi quindi di scaricare tutto il caricatore delle Sten, nel quale lui aveva infilato un dito nella feritoia di uscita della cartucce esplose, inceppandolo e poi di lanciare contro la masnada in fuga due potenti bombe a mano inglesi; nell'attraversare poi una strada sottostante, incontrai una mitragliatrice Breda abbandonata, col caricatore innestato che, nonostante fossi ferito e sanguinante, sparai in direzione dello scalpiccio di altri nemici in fuga, asportando poi la massa battente. Se il Comandante Pietro avesse avuto il coraggio di mandare le compagnie disponibili, si sarebbe potuto salvare il Compagno Fantini, rimasto disperso, mentre il terzo era ritornato, anche lui ferito da due schegge al petto, portando l'errata notizia che ero stato catturato, mentre non aveva certamente visto nulla del genere, se non nella sua mente confusa, essendo il suo primo scontro, avendo anche perduto il fucile; soffrì dolori lancinanti quando gli furono estratte, senza anestesia, di cui il nostro medico difettava, due schegge, infitte sotto una mammella, che gli avevano causato la suppurazione delle ferite, mentre io dovetti immobilizzarlo sulla sedia, tentando di fargli coraggio con le mie barzellette di basso conio. Appena arrivato avevo chiesto al Comandante Pietro di precipitarsi a Ranchio con tutte le forze disponibili, stante lo sbandamento del nemico, offrendomi di ritornarvi, sia pure a cavallo, ma non fui ascoltato, tanto era il timore di provocare un rastrellamento in forze da parte dei nazisti e il Fantini, dopo avere ricevute dal Parroco alcune cure palliative agli occhi, rimasti offesi dalla vampa di una delle tante bombe a mano che i tremebondi repubblichini dell'esercito di Graziani si gettarono tra i piedi, durante il corpo a corpo notturno, tre di noi contro una ventina di loro, mentre molti altri erano appostati altrove, dentro e attorno al piccolo borgo, si lasciò convincere dal prete a consegnarsi al comandante nazista della Piazza di Forlì, accorso sul posto, per evitare che una decina di ostaggi locali fossero fucilati ed il borgo bruciato, venendo torturato barbaramente, non apparendo credibile al ganghero nazista che in tre soli avessimo provocato tutto quello sconquasso, quattro morti secondo una lettera scritta dal Comandante della Brigata e diversi feriti, ma a me parvero molti di più, almeno i caduti al suolo, che non andai ovviamente a controllare se fossero morti, solo svenuti per lo spavento o feriti. Fu proposta al Compagno Fantini ed assegnata la medaglia d'argento sulla base di una sfilza di falsi, essendo arrivato in quei giorni, contrariamente a quanto scritto nella proposta della medaglia, mentre gli sarebbe stata dovuta la medaglia d'oro, che io tentati di ottenergli, dopo il mio ritorno dall'Africa, inutilmente!
Leggendo la quanto mai falsa relazione del Comandante di Brigata circa il Compagno Libero e la Compagna Zita, tacciata della misogina accusa di essersi concessa agli uomini delle case dove fu ospitata nel ravennate, prima di raggiungere la Brigata, creando dissapori nelle famiglie degli ospiti, oltre all'accusa di esibire oggetti d'oro che non avrebbe dovuto possedere, della cui falsità io ero certissimo, avendo intrattenuto con lei una felice relazione, sia pure per poche settimane, a causa del rovinoso rastrellamento, senza mai notare su di lei un qualsiasi ornamento d'oro, né d'altro genere. Nel 2004 chiesi al Congresso dell'ANPI forlivese di decidersi almeno a riconsegnare le salme ai famigliari, venendo applaudito, ma circa un paio di mesi dopo ricevendo la notifica dell'espulsione dall'Associazione, disposta dal Direttivo Provinciale, alla quale risposi, non essendo la Direzione nazionale intervenuta, come avrebbe dovuto a norma di statuto, per confermarle o annullarle, con le mie dimissioni. Nel 2000, quando ebbi modo di leggere la calunniosa relazione dell'ultimo Comandate della Brigata, dove accusa tutti i suoi compagni caduti di tutto ed ancora di più, in particolare di delazioni, dopo essersi consegnati, a suo dire, al nemico, con esclusione di lui stesso che fu in parte notevole il responsabile della distruzione della nostra Brigata per la sua incompetenza assoluta, da me fino ad allora avendolo ritenuto incolpevole di quel disastro, se fosse rimasto silente, l'imbecillità non essendo una colpa ma una disgrazia. Durante la Resistenza di quelle morti e sparizioni correvano voci confuse e lo scontro finale col nuovo Comandante avvenne solamente a causa dell'assolutamente immeritata uccisione del caro Compagno Aslan, un oriundo del Cuban sovietico, del quale ordinò l'uccisione col falso ed insulso pretesto che era un infiltrato, deducibile dallo scarso possesso della lingua Russa, fatto del tutto normale essendo egli un montanaro e guardia boschi di professione, fino a quando non fu arruolato nell'Armata Rossa e poi catturato dai nazisti; ma in verità per una iniqua e futile ragione che ometto di rivelare, intendendo differenziarmi in tutto dalle infami ed insuperate menzogne da lui architettate e scritte, a vituperio dei suoi compagni, molti dei quali periti per la sua bestiale incompetenza, durante il rastrellamento nazista dell'aprile 1944, effettuato dalla divisione speciale nazista Hermann Goering e dai repubblichini emiliano-romagnoli in funzione di soli tirapiedi, non facendosi questi mai incontrare in combattimento, limitandosi a trucidare i prigionieri e a depredare il bestiame, i soli beni fungibili, reperibili nei miserrimi casolari appenninici in quei tempi calamitosi. Aslan, giunto dopo il rastrellamento, insieme ad altri quattro o cinque soldati sovietici che avevano come lui disertato dalla Wehrmacht, ponendosi ai miei ordini, e lui, senza esserne richiesto, compiendo atti di leonino coraggio contro i nazisti, mentre io esercitavo il comando nella zona dove ci eravamo attestati, prima della comparsa del nuovo Comandante, in occasione di alcune puntate offensive nemiche.

La sola compagnia uscita indenne dal rastrellamento fu la mia 9ª, avendo ottenuta dal Comandante Libero l'autorizzazione a tentare lo sganciamento, considerato la nostra situazione di quasi disarmati, attuando, quindi, la corretta tattica evasiva e quella, quando possibile, del mordi e fuggi Erano stati già trucidati mio Padre, mio Zio e mio Cugino e quando appresi la ferale notizia dell'uccisione di Aslan mi sembrò di impazzire, decidendo di farla finita e al calare della sera mi diressi verso il Comando, situato nel Castellaccio, su un colle di fronte a Pieve di Rivoschio di Sarsina(FC), senza rispondere ai ripetuti avvisi della sentinella di qualificarmi, per indurla a spararmi la raffica liberatrice, risparmiatami dall'intervento del Commissario di Brigata Bernardo che mi riconobbe e la fermò in tempo. Ne segui uno scontro col Comandante di Brigata, non terminato nel sangue solo per essersi, di nuovo, interposto il bravo Commissario che mi indusse a riprendere il controllo, piangendo insieme a me quella morte ed offrendomi di assumere il comando di uno dei due distaccamenti della GAP, operanti in Forlì. Accettai, ma la mia innocenza giovanile fu turbata per sempre, anche per quanto mi accadde in seguito ad opera degli attendisti, codardi e sabotatori, non essendo mai stato capace di decidermi a usare contro quei vigliacchi e la loro tabe l'unica terapia risolutrice anche contro i feroci e perfettamente addestrati nazisti: il piombo infuocato ed a raffica od almeno la pistola e il pugnale! Durante il rastrellamento fummo costretti a ritornare dentro il cerchio nazista per prelevare la parte di armamento, riservatoci dal Comandante Libero, a suo pressante ordine scritto, dal primo rifornimento aereo degli Alleati e quindi intraprendere una nuova e perigliosa evasione, sia pure col sollievo de essere entrati in possesso di uno Sten ciascuno, con abbondante munizionamento, bombe a mano, soldi e divise, ma non commestibili. Di giorno ci nascondevamo tra i boschi e di notte scarpinavamo, condotti da un esperta staffetta; uscito alla ricerca di cibo, incontrai il Distaccamento Sovietico che mi concedette una meravigliosa mitragliatrice leggera Lewis, usata dagli Inglesi nei loro aerei nella Grande Guerra, che sparava oltre una decina di proiettili del fucile Inglese al secondo, portando dei capaci caricatori da cento colpi, adattata da quelle esperte mani a mitragliatore, con l'aggiunta di un sostegno a V rovesciata, con la quale, come sta scritto nella proposta di medaglia d'argento, tenni fermo, da solo, non alla testa della mia compagnia, come scrissero nella motivazione, un battaglione nazista, abbattendone in quantità, usando la tattica della pulce col leone, insegnatami dai Compagni Sovietici, fino a quando si surriscaldò, non essendo raffreddata dal vortice delle eliche, scoppiandole la canna, ma senza ferirmi, avendo già ricevuto la mia prima ferita con un colpo del calcio di Mauser alla regione occipitale sinistra, quando si inceppò e dovetti orinarle sopra per disincagliarla, profittandone per tentare di ammazzarmi l'ultimo dei tre tedeschi, giuntimi addosso, sbucati dal sottobosco dove avevano gattonato per sfuggire alle mie raffiche, riuscendo ad abbattere pure lui, in sequenza, con un colpo di pistola, sparatogli da terra, dov'ero finito per la violenza della percossa infertami col calcio del suo Mauser, franandomi addosso e imbrattandomi col suo sangue. Io agii prima in Bertinoro, poi sugli Appennini ai confini con la Toscana e le Marche, quindi nei dintorni della città di Forlì e di Dovadola, terminando la Resistenza in Forlì all'arrivo degli Inglesi, poi continuando a fare del mio meglio quale scout per gli ultimi arrivati, tanto per poter continuare a regolare i conti rimasti in sospeso coi repubblichini e coi nazisti, senza preferenze, gli uni e gli altri essendo per me pari. Nel contempo formai la sezione comunista a Bertinoro, coadiuvato dal Compagno Piupin e dal Compagno Bruno ad Marianel, riuscendo a tesserare nel Partito circa 2.200 compagni su non più di 8.800 abitanti. Nello scontro col battaglione tedesco, ad un certo punto, mi venne incontro, dopo la sofferta ferita e prima dello scoppio della Lewis, un ufficiale, munito di bandiera bianca che prima tentò di parlarmi in Russo, lingua alla quale non fui in grado di rispondergli, decidendosi infine a parlarmi in Italiano: "Il mio comandante per il tuo valore ti offre l'onore delle armi ed un salvacondotto"; offeso che mi ritenesse tanto italiota da abboccare, mi alzai, gli gridai merda in tedesco, come avevo appreso dai Russi, se bene ricordo, ma non ne sono certo: " farfluten saizen" o qualcosa del genere, e gli sparai in faccia da una trentina di metri o forse meno, affrettandomi a cambiare subito, da brava pulce, di posizione, per evitare le zampate del leone nazista infuriato. Si aprì l'inferno con tutte le armi di cui disponevano i nazisti, venendo all'assalto in massa, decisi a farla finita ed io dovetti ancora abusare della superlativa Lewis, fino a quando scoppiò, non lasciandomi altro scampo se non di abbandonarla e di darmela a gambe levate, al massimo della velocità consentitami dai postumi del precedente scontro coi tre tedeschi, con la testa dolente ed il naso tumefatto, intanto gonfiatosi a dismisura che mi permetteva di respirare quasi solo a bocca aperta, essendo stato colpito di striscio dal calcio del Mauser, fortunatamente attutito e deviato dall'elmetto tedesco che avevo raccattato in una delle mie tante ritirate, avanzate e giravolte per frastornarli. I tedeschi, per quanto fossero di una divisione speciale, come tutte quelle che invece di un numero portavano un nome, si dimostrarono, fino dall'inizio, assai impressionati dalla mia Lewis, dopo che si resero conto che, ad ogni sua raffica, una delle loro squadre sorte in piedi, era abbattuta all'indietro con piroette non affatto eleganti, iniziando a venirmi incontro solo strisciando ma esponendosi più a lungo alle sue sia pure assai più corte raffiche, ma non meno efficaci, con esiti sempre deleteri e sanguinosi; ciò mi fu di notevole aiuto, permettendomi di concedere qualche respiro alla Lewis, ma non più alla fine quando vennero in massa, sotto l'impulso di una strana musica che non avevo mai udita prima, né dopo, senza che m'importasse tanto, essendo io stonato nel canto ed un pessimo ballerino. Fui ancora una volta fortunato, incontrando un prete che mi fornì del cibo e un terrorizzato montanaro che, di fronte ad una moneta da venti Lire in una mano e la P08 nell'altra, scelse di farmi da guida, permettendomi di ritrovare i miei compagni che mi attendevano, ancora a stomaco vuoto, nessuno degli altri avendo conseguito di trovare nemmeno una briciola in quel deserto di miseria e di terrore. Quando lo raccontai a mio Padre, nel nostro ultimo incontro, gli balenò un ampio sorriso che bastò a rasserenarmi nei foschi giorni della mia vita futura, avendomi anche vaticinato quanto poteva accadermi, come al suo grande nume Mazzini, fino agli ultimi anni della sua vita. Quale aneddoto posso raccontare che appena arrivati a Strabatenza dove aveva sede il comandando della Brigata venne a visitarci un tizio coi gradi di comandante di compagnia che dopo sperticate lodi al nostro coraggio e valentia essendo arrivati con tutta quella neve che ancora copriva gli Appennini ci chiese di consegnargli tutte le nostre armi che ci sarebbero restituite insieme ad altre appena la nostra compagnia fosse stata formata e noi gli credemmo, ma quando ci presentammo dall'Intendente Curpet, quello si mise a ridere, consegnandoci solo cinque o sei vecchi fucili, con pochi caricatori, anche se noi eravamo trentadue. Io avevo però segnato in un foglietto almeno il numero di matricola della mia pistola Beretta, calibro 9, comprata da un ritornato dal fronte per mille lire, ed un giorno la rividi in mano di quello che me l'aveva fregata, allora io vestivo i gradi di commissario di compagnia e lui quelli di comandante, io tre stelle nere su un triangolo rosso, lui tre su un triangolo verde, portavo il cappello e lui non mi riconobbe, essendone privo quando ci incontrammo, stava facendo il tiro a segno con la mia pistola ed io la riconobbi subito, finsi di ammirarla e gli chiesi se potevo esaminarla, non avendone mai viste di così belle e lui me la porse sorridendo; io controllai la matricola e gli dissi: "Questa pistola è mia, tu me la fregasti il giorno del mio arrivo." Lui mi riconobbe, si finse offeso e tentò di mettere mano al mitra, appoggiato al muro, ma io lo fermai, puntandogli la pistola: "Non costringermi ad ammazzarti, andiamo dal Comandante Libero e lasciamo a lui decidere." Lui assentì, obtorto collo, e Libero, uditi entrambi, estrasse da un cassetto una Luger e mi disse:"Prendi questa e ridagli la tua." Aggiungendo: "Poi stringetevi la mano." Così finii il primo e sperai l'ultimo mio litigio con compagni nell'8ª Brigata, senza prevedere cosa mi sarebbe accaduto, dopo qualche mese, col nuovo Comandante Pietro.

 

SXC: Ci vorrebbe dare anche il suo parere da un punto di vista politico-militare? La Resistenza è stata o non è stata anche lotta di classe? Aveva, a suo avviso, le potenzialità per sfociare in una Rivoluzione sociale?


UFC: Tutti i partigiani, nessuno escluso, si attendevano dopo il disarmo, di costituire il nuovo esercito italiano, sostituendo la polizia ed i carabinieri collusi coi nazifascisti e soprattutto di non cadere di nuovo sotto gli artigli degli antichi succhioni coronati e padroni sfruttatori, quindi in un certo senso fu anche una lotta di classe, nessuno prevedendo che saremmo stati, nuovamente, depredati della nostra dimane, com'era sempre avvenuto nel passato.
Mio Padre, nel pomeriggio precedente la sua fucilazione, mi impartì alcuni consigli e ammaestramenti, lui fiero mazziniano che rivendicò tale sua fede in fronte ai mostri, come li chiamava lui, che erano venuti a prelevarlo per assassinarlo: sapendo che sarebbe stato ucciso, essendo stato avvertito dal gestore dell'Albergo del Sole, ora Albergo Colonna, che i mostri lo avevano posto per primo nella lista di quelli da eliminare in caso di future rappresaglie, la notte del 6 aprile, dopo l'uccisione di due soldati nazisti da parte di un commando di tre partigiani ai miei ordini, essendo i collaborazionisti bertinoresi stati sorpresi dai soldati nazisti, accorsi dai loro vicini accantonamenti, avvinazzati ed incapaci di spiegare cosa stavano facendo in mezzo a quei morti, quindi disarmati, perquisiti e trovati in possesso di un anello con lo stemma delle SS e di altri ammennicoli sottratti ai morti. Salvandosi perché un capitano, alloggiato nell'Albergo del Sole, dove furono accompagnati a calci, pugni ed altre gradevolezze naziste, li aveva visti partire alquanto dopo la raffica e lo scoppio della mia bomba a mano. Mio Padre, pure sapendo che sarebbe stato ucciso, a me che lo imploravo di venire via con noi per tema di quanto poteva succedergli, mi tenne nascosto l'informazione ricevuta e rispose: "Io ti ho sempre insegnato il coraggio, tu non puoi pretendere da me un atto di vigliaccheria" ed io non trovai la forza di insistere, andicappato dal mio grande rispetto per lui e dal sentirmi in colpa per avere consigliato a mio cugino Guerrino Pasini di procedere verso gli alti Appennini, invece di rimanere con me, temendo ciò che poteva accadergli, affetto da forte miopia e militesente, se fossimo incappati, noi 32, dei quali solo sei armati di moschetto, quasi senza munizioni e con un mitra con due soli caricatori da venti colpi, qualche bomba a mano e niente altro; errore madornale commesso ritenendo che, come a noi, gli sarebbe stata assegnata una brava staffetta in grado di guidarlo, insieme ai molti altri disarmati, mentre contrariamente a quanto mi era stato promesso, ciò non avvenne, nella grande confusione provocata dal massiccio e concentrico attacco nazista. Mio Padre mi fece un sobrio racconto sulla sua vita, principalmente sulle sue esperienze di guerra, trasferendomi, per l'ultima volta, tutto il suo sapere ed esperienze, impartendomi anche le istruzioni dettagliate per imboscare i criminali repubblichini che ogni notte, stolidamente, senza adottare alcuna precauzione, neppure dopo quanto era accaduto ai due nazisti, un paio di settimane prima, andavano a spasso per il paese, confidando nella codardia dei compaesani, esperimentata durante le ventennali sopraffazioni inflittegli.
E concluse, profeticamente: "Se dopo la vittoria il Papa ed il Re non saranno giudicati almeno per collaborazionismo, noi avremo combattuto invano." " Ai mostri da tutto quello che meritano, senza risparmiare niente a nessuno." "Tu continua a combattere coi comunisti, essendo i soli che si danno un poco da fare, ma non dimenticare che Togliatti ha già colluso con la monarchia a Salerno ed in Spagna fece ammazzare tanti valorosi combattenti anarchici." Mi mostrò l' "Osservatore Romano", con tratteggiato in rosso il trafiletto relativo all'attentato di via Rasella e alla strage delle Fosse Ardeatine, del mese prima: "Di fronte a simili fatti ogni animo umano rimane profondamente addolorato in nome dell'umanità e dei sentimenti cristiani. 32 vittime da una parte; 320 persone sacrificate per i colpevoli sfuggiti all'arresto, dall'altra."
Aggiungendo che in tempo di guerra un articolo come quello era più che sufficiente per la fucilazione alla schiena di chi lo aveva commissionato o permesso, insieme al direttore del giornale, raccomandandomi di fare molta attenzione alle sconsiderate giravolte dei miei compagni, sempre pronti a mutare di parere, come la donna della romanza che, mobile qual piuma al vento, muta d'accento e di pensier. Lo seguii da dietro la finestra mentre si allontanava a testa alta, sotto il cappello a larghe tese, con passo fermo e sicuro, lui che sapeva di andare a morte, come se partecipasse alla sfilata della vittoria contro l'odiato fascismo. Da casa nostra, dove aveva sperato rifugio, era stata nuovamente sequestrata dai torturatori della Rocca delle Camminate, non avendo considerando che io nel mio paese ero ritenuto molto più pericoloso che non suo fratello dove loro abitavano, mentre la prima volta era avvenuto a casa sua, dove aveva rifiutato di ritornare, la sorella del Comandante della mia compagnia, nella quale io esercitavo le funzioni di pari grado, in qualità di commissario politico, e mio Padre mantenne il segreto circa quanto sapeva, avendo ritenuto che non si dovesse permettere, a nessun costo, a quei mostri di ritornare nel loro covo, dove usavano, fare sodomizzare da un grosso cane lupo alzaziano i prigionieri restii a collaborare, fotografandoli, dopo averli ubriacati e drogati, per mostrargli le foto meglio riuscite e dirgli, appena ritornati compus sui: " Continua pure a fare l'eroe se preferisci che mostriamo queste fotografie ai tuoi famigliari perché comprendano le ragioni per cui ti fucileremo.", come avevamo appreso da due di quei mostri da noi imboscati, appena una settimana prima, interrogati separatamente, ricevendo da entrambi le stesse risposte; ma quella povera vittima essendo, posteriormente, liberata, non avendo altra colpa che di essere la sorella di un partigiano, essendosi quindi sposata e partorita una figlia, ma infine suicidatasi, come ebbi modo di apprendere al mio ritorno dall'Africa. Nella decade del 1950, dopo la mia scarcerazione, appresi dal Compagno Secchia che Stalin ebbe a raccomandargli di non pensare nemmeno ad una insurrezione in Italia, perché avrebbe posto a repentaglio gli accordi intervenuti, a Yalta, tra le grandi potenze per la suddivisione delle sfere di influenza. Dato che il PCI fu sempre un "salariato" dell'URSS, ritengo che, solamente ai tempi della crisi di Cuba, un tentativo sarebbe stato possibile, ma solo in caso di guerra USA/ URSS. Tuttavia un comportamento più fermo e deciso nei confronti delle prevaricazioni antipopolari democristiane sarebbe stato assai auspicabile e fattibile, se invece Togliatti non avesse optato per l'arrendevolezza e gli inciuci a tutto campo che dovevano riportare, sia pure a lungo termine, i fascisti al governo. Il macroscopico errore di Togliatti colla sua amnistia e trasformismo l'Italia lo pagò non solo cone le stragi fasciste e di Stato, ma noi partigiani con molte migliaia di anni di galera e le classi lavoratrici con la repressione sistematica, subendo, solo tra il 1948 e il 1953, 93.000 lavoratori processati e di questi 61.243 condannati a 20.426 anni di galera, mentre 75 lavoratori furono sommariamente uccisi dalle "forze dell'ordine" di lorsignori e 5.104 feriti, mentre il costo del lavoro fu mantenuto alla metà di quello degli altri paesi industrializzati; da tale orrenda macelleria all'ingrosso ed al minuto e abietto sfruttamento essendo originato il "miracolo economico", del quale si usa dare vanto ai vari "padri della patria" che, su quel sudore forzato e rubato, lacrime e sangue permisero ai "padroni del vapore" di costruire le loro fortune, in particolare alla FIAT, se è vero quanto pubblicato sui giornali, che ricevette sovvenzioni, in varie forme e misure, per un ammontare superiore al suo valore in borsa al momento, qualche anno fa, quando lessi quella notizia. Dopo avere prima esentato da pena il Presidente Valletta e compari di merende che pure avevano fattivamente quanto lucrosamente collaborato coi nazifascisti ed in ultimo nominando senatore a vita l'Avvocato Agnelli del quale sarebbe opportuno conoscer i meriti specifici alla base di tanto onore e chi fu il Presidente della Repubblica che lo appuntò.

SXC: Cosa ha fatto nell'immediato dopoguerra? Ha conosciuto anche la galera?


UFC: Dal 1946, appena il Governo Militare Alleato fu sostituito dal Governo Italiano, io mi venni a trovare nello stato, per certi versi peggiorato, dei « combattenti nemici non legittimi » prigionieri nella base statunitense di Guantamano, a Cuba ed altrove, che non godono della protezione della Convenzione di Ginevra, né del sistema giudiziario statunitense, trattamento riservato dagli yankee ai sospetti "terroristi" mussulmani che, in contraddizione di un'affermazione della democrazia, passa attraverso la negazione dei suoi principi fondanti. I nostri governi tentarono di provvedere l'impunità ai repubblichini, di fatto assicurandogliela, con l'amnistia togliattiana/degasperiana del 22 giugno 1946, e addirittura la rimozione totale dei crimini di guerra nazisti mediante l' "Armadio della Vergogna" che garantì l'impunità anche ai criminali nazisti colpevoli delle oltre 432 stragi grandi e piccole perpetrate in Italia, inoltre con la mancata estradizione dei 1.857 criminali di guerra italioti, richiesti dalle nazioni che ne soffersero la sanguinosa dominazione, impregnando e impestando con tali ingiuste misure e morbo esiziale tutta la nostra storia, di cui quanto mi è accaduto sempre ed anche ultimamente, ne costituisce un'ulteriore conferma, avendo io contravvenuto e tentato di oppormi all'insipienza e tabe italiota, ragione per cui è lecito attendersi altre crimini architettati a mio danno, quanto meno persecuzioni.. Chi ne dubitasse minimamente dovrebbe leggere il libro "L'amnistia Togliatti" del Prof. Mimmo Franzinelli, edito da Mondatori e "L'Armadio delle vergogna" di Franco Giustolisi, edito da Nutrimenti srl di Roma, scritti sulla base di documentazioni ineccepibilmente probanti, anche se le cose andarono alquanto peggio, situazione che sembrerebbe impossibile a chi non ha potuto consultare come me i file della Sezione Quinta del KGB, avente giurisdizione sull'Italia, dai quali potei accertarmi che le nostre disgrazie ed infamie sono sempre state infinitamente superiori al credibile, dai tempi dell'Ocrana a quelli del KGB e che lo saranno quindi fino al prevedibile futuro, dovendosi dedurre, se tanto mi da tanto, che fanno parte imprescindibile del nostro DNA. Ad iniziare dal 10 giugno 1946, scontai sei anni di carcere, non profittando della possibilità di fuga offertami, durante la traduzione da Bologna a Pesaro, nel 1947, avendomi mia Madre portate le chiavi dei manettoni, delle quali usufruì un mio compagno di catena, nella stazione di Bologna, perdendosi nella notte, mentre io rimasi per non mancare all'appuntamento coi criminali repubblichini assassini dei Cinque Martiri del 1 maggio 1944, in Bertinoro, rifiutando, negli anni seguenti, di avanzare domanda di grazia, come mi era stato suggerito dall'On. Umberto Terracini, in buoni rapporti col guardasigilli Gonnella, due anni prima di finire la pena nel 1952. Tentai del mio meglio per eseguire il lascito di mio Padre, sbattendo infine contro l'imprevisto tradimento di un mio caro compagno di lotta durante la Resistenza che però, poi, si riabilitò, tentando di aiutarmi, ma finendo, dopo la sua evasione dall'ospedale di Forlì, nella legione straniera francese in Indocina, venendo quindi consegnato all'Italia che lo tenne in carcere per quattordici anni, ed io fui a visitarlo, ma senza potergli essere di qualche aiuto, se non economico.

SXC: La sua lotta rivoluzionaria valicò poi i confini d'Italia, cosa fece in quegli anni? Perché non scelse una vita tranquilla come hanno preferito tanti suoi compagni partigiani?


UFC: Non potevo comportarmi diversamente senza tradire mio Padre e feci tutto il possibile e l'impossibile per tentare di evitare quanto egli aveva previsto e si è verificato, pure non essendo l'Apocalisse che ora ci attende, insieme all'intera umanità, senza che gli italioti ignavi, stolti e codardi se ne sono ancora accorti, data la maldestra e maledetta china intrapresa dopo Berlusconi dal governo Prodi.


Dagli emuli di Togliatti che mai seppero vedere nell'infausta amnistia l'inizio concreto, dopo la Svolta di Salerno, della nostra catastrofe morale prima di quella materiale, fino a giungere all'antifascismo intermittente della sinistra attuale, dimostrato oltre che da fatti specifici quali il Governo Milazzo in Sicilia con l'appoggio missino, da dichiarazioni pubbliche in tal senso, ad iniziare dal "rispetto per i vinti", propugnato da un politico senza vergogna, niente di meno che alla commemorazione dei Martiri delle Fosse Ardeatine, di fronte ai famigliari delle stesse vittime; alla proclamata necessità di indagare le ragioni per cui tanti giovani avevano aderito al fascismo repubblichino, parole pronunciate alla Camera dei Deputati da un altro sinistrorso dall'antifascista intermittente, alle quali io risposi invitandolo a venire a chiederlo a mia sorella Enrica, quando i repubblichini prelevarono nostro Padre ed avendo notato le molte carte da mille Lire nel suo portafoglio, quando ne estrasse la carta di identità richiestagli, chiesero a mia Madre di consegnargli tutti i soldi, impediti da una SS che, minacciandoli con la sua pistola mitragliatrice, gli comandò: "Solo papir, soldi lasciare signora!" Comportamento identico mantenuto in tutte le stragi delle quali venni a conoscenza, quando tutti i mostri repubblichini vi accorrevano all'unico scopo di depredare i vivi ed i cadaveri. Senza parlare di un'altra infame pronuncia da parte di un più altolocato sinistrorso che non si peritò dal sostenere che sarebbe stato meglio se Mussolini non fosse stato eliminato, ma tratto in giudizio, dimenticando, volutamente, quanto accadde al maresciallo Graziani, al principe Borghese e a tantissimi altri "mostri" altolocati, sfuggiti alla giustizia partigiana. . La fortuna non avendo, però, mai arriso almeno agli ultimi due di quei messeri, miranti al Quirinale anche coi voti dei fascisti di Alleanza Nazionale, a tanto essendo ridotta la nostra disgraziata Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, donna non di provincia ma bordello, come direbbe l'ottimo Dante!
A noi, in tanto sfacelo morale non ci resta che mutuare, se non il coraggio, dato che chi non ce l'ha non se lo può dare, secondo Manzoni, che l'invocazione dei nostri padri latini: "Montes operite nos!"


Tutti i partigiani, nessuno escluso, si attendevano dopo il disarmo, di costituire il nuovo esercito italiano, sostituendo la polizia ed i carabinieri collusi coi nazifascisti e soprattutto di non cadere di nuovo sotto gli artigli degli antichi padroni. Mio Padre, nel pomeriggio precedente la sua fucilazione, mi impartì alcuni consigli e ammaestramenti, lui intemerato mazziniano che rivendicò tale sua fede di fronte ai mostri, come li chiamava lui, che erano venuti a prelevarlo per assassinarlo: sapendo che sarebbe stato ucciso, essendo stato avvertito dal gestore, certo Rossi, dell'Albergo del Sole, ora Albergo Colonna, che i mostri lo avevano posto per primo nella lista di quelli da eliminare in caso di future rappresaglie, in una notte dell'aprile '44 dopo l'uccisione di due soldati nazisti da parte di un commando di tre partigiani ai miei ordini, essendo i collaborazionisti bertinoresi stati sorpresi dai nazisti, accorsi dai loro vicini alloggiamenti, disarmati, perquisiti e trovati in possesso di un anello con lo stemma delle SS e di altri ammennicoli sottratti ai morti.

 
Salvandosi perché un capitano alloggiato nell'Albergo del Sole, in Bertinoro, dove furono accompagnati a calci, pugni e di altre gradevolezze naziste, li aveva visti partire alquanto dopo la raffica e lo scoppio di una bomba a mano. Egli, pure sapendo che sarebbe stato ucciso, a me che lo imploravo di venire via con noi per tema di quanto poteva succedergli, mi tenne nascosto l'informazione ricevuta e rispose: "Io ti ho sempre insegnato il coraggio, tu non puoi pretendere da me un atto di vigliaccheria" ed io non ebbi la forza di insistere, andicappato dal mio grande rispetto per lui e dal sentirmi in colpa per avere consigliato a mio cugino Guerrino Pasini di procedere verso gli alti Appennini, invece di rimanere con me, temendo ciò che poteva accadergli se fossimo incappati nei nazisti, noi in 32, dei quali solo sei armati di moschetto, con non più di un paio di caricatori ciascuno ed un mitra con due soli caricatori da venti colpi, qualche bomba a mano e niente altro, errore commesso ritenendo che, come a noi, gli sarebbe stata assegnata una brava staffetta in grado di guidarlo in salvo, insieme agli altri molti disarmati. Mio Padre mi fece un sobrio racconto sulla sua vita, principalmente sulle sue esperienze di guerra, trasferendomi, per l'ultima volta, tutto il suo sapere, impartendomi anche le istruzioni dettagliate per imboscare i criminali repubblichini che tutte le notti, stupidamente, senza adottare alcuna precauzione, dopo quanto era accaduto ai due nazisti, poche settimane prima, andavano a spasso per il paese, sentendosi al sicuro, tra le mura del Paese, al riparo della paura dei compaesani, sempre dimostrata durante la ventennale sopraffazione inflittagli, senza mai reagire. E concluse: "Se dopo la vittoria il Papa ed il Re non saranno giudicati almeno per collaborazionismo, noi avremo combattuto invano." " Ai mostri da tutto quello che meritano, senza risparmiare niente a nessuno." "Tu continua a combattere coi comunisti, essendo i soli che si danno un poco da fare, ma non dimenticare che Togliatti ha già colluso con la monarchia a Salerno ed in Spagna fece ammazzare tanti valorosi combattenti anarchici." Mi mostrò l' "Osservatore Romano", con segnato in rosso il trafiletto relativo all'attentato di via Rasella e alla strage delle Fosse Ardeatine, del mese prima, dicendomi che in tempo di guerra un articolo come quello era sufficiente per la fucilazione alla schiena di chi lo aveva commissionato o permesso e per d il direttore del giornale, raccomandandomi di fare molta attenzione alle sconsiderate giravolte dei miei compagni i quali, dopo che lui era andato sull'orlo del fallimento per avere fatto importare dalla Svizzera una carabina di precisione, con la spesa di oltre trentamila mila Lire, in accordo con due comunisti Bertinoresi, per abbattere il duce, quando andava sulla spiaggia di Riccione, gli fu ordinato di desistere, essendo stato dal PCI elaborata, nel frattempo, la demenziale teoria dell' "entrismo", in quel tempo di adesione di massa al fascismo, consistente nell'infiltrarsi nelle organizzazioni fasciste, incluso il Partito, per conquistarle dal di dentro, avendogli anche imposto di prendere la tessera del PNF per evitare o lenire le rappresaglie contro i molti compagni detenuti o confinati, se fossero stati scoperti.
Alla fine, quando, in premio della rinuncia, gli fu offerta l'iscrizione al PCI, rispose con due schiaffoni a tutta mano e forza, ai due compagni dei quali non mi rivelò i nomi per rispetto alle promesse scambiatesi di mantenerli segreti ad ogni costo, specificandomi solamente che avevano millantato un credito verso la Direzione Comunista che in effetti non avevano affatto, come gli fu possibile desumere da quanto ebbero a dirgli, per scusarsi, nell'ultimo colloquio, dimostrandosi due emeriti sbruffoni ed imbecilli, tanto da avere montato tutto il progetto, nella presunzione, in caso di successo, di qualificarsi agli occhi dei loro superiori che invece lo disapprovarono.
Io lo seguii con lo sguardo da dietro li vetri della finestra che da sulla strada che porta al cimitero, mentre si allontanava a testa alta, sotto il cappello a larghe tese, con passo sicuro, lui che sapeva di andare a morte, come se partecipasse alla sfilata della vittoria contro l'odiato nazifascismo. Quella notte, in casa della fedele staffetta nei pressi di Teodorano, mi svegliai nell'ora in cui mio Padre veniva trucidato, scosso da uno strano e forte nervosismo, tanto che chiamai i miei due compagni, corsi fuori, imbracciando lo Sten, pronto alla raffica, per accertarmi che non fossero arrivati i nazifascisti, rassicurato dalla staffetta che vegliava sul nostro sonno, ma più non conseguii di riaddormentarmi.



SXC: Lei oggi è ancora convinto dei suoi ideali? Rifarebbe tutto da capo?


UFC: Io frequentai anche l'URSS, quale rappresentante personale presso il KGB del grande Compagno Samora, Presidente del Mozambico, conoscendo compagni intemerati e di grande intelligenza e lungimiranza, tanto che mi misero in grado di comprendere che l' URSS, già, assai prima del 1986, quando il Presidente Samora fu assassinato, era in fase di dissoluzione come l'Impero di Roma, temporibus illis, per la corruzione che la stava infrollendo e avvelenando, fino a farla implodere; colà non è fallito il comunismo, bensì gli uomini incompetenti, corrotti e codardi che lo rappresentavano del tutto immeritatamente, come in Italia. Io sono ancora non solo del tutto convinto dei miei ideali, ma certo che non esiste altra strada per salvaguardare l'umanità dalla sua totale distruzione, entro non molti anni, e rifarei tutto da capo, ma tenendo presente l'insegnamento di Saint Just: "Chi fa una rivoluzione a metà si scava la fossa con le proprie mani" e quello della rivoluzionaria spagnola Ibaruri: "È meglio morire in piedi che vivere in ginocchio", pensiero che però non appartiene affatto alla maggioranza degli italioti odierni che preferiscono vivere da servi degli atavici nostri sfruttatori e padroni, con lodevoli eccezioni, ma ancora ben lungi dall'essere bastanti al tanto e gravoso compito di una nuova Resistenza.

Avendo presente la verità del pensiero di Marx: "La violenza è la levatrice della storia", senza dimenticare quello di Mao: "Il potere politico passa per la canna del fucile." Occorre quindi creare un nuovo partito comunista o con altro nome, ma veramente rivoluzionario, al lume della nostra esperienza e della somma delle teorie e pratiche leninista, trotzchista, maoista, vietnamita, castrista, anarchica e nostra, dato che il tempo della nostra liberazione verrà, se sapremo prepararlo e coglierlo, preparandoci fin d'ora al gravoso ed inevitabile cimento.
Tutto il resto essendo solo ciarpame buono per fregarci malamente, mantenendoci inchiodati alla servitù di una finta democrazia, a solo profitto dei furbetti, dei cavalieri di industria, anche con stalliere mafioso e del capitalismo, ora predestinato a una fine certa, insieme a tutta l'umanità, se non sapremo impedirglielo, iniziando, illico ed immediate, cioè subito, colludendo anche col diavolo se esistesse, non stando più il capitalismo a creare solamente i suoi becchini, come previsto da Marx ne "Il Capitale", ma, essendosi trasformato in capitalismo globale, ultraliberista e imperialista, scavandosi da solo la propria fossa, a tappe forzate, distruggendo l'intero ecosistema dove si è sviluppata la specie umana, trascinandola nella sua propria estrema rovina e dannazione.

Compito di impedirglielo incombe a tutti gli essere umani, ai rivoluzionari in particolare, uomini e donne degni di tale nome, costi quel che costi, morti per morti non avendo nulla da perdere e tutto da guadagnare, primario dovere verso i nostri figli, abbattendo, costi quel che costi e tempestivamente, la mortale, assai più che l'HIV, peste capitalista.

 Vorrei ricordare Togliatti, per amore di verità, conosciuto nel marzo 1945, col quale ebbi anche uno scontro verbale, ma che fu sempre, nonostante i suoi errori, di gran lunga superiore ai suoi imbelli e squallidi epigoni attuali: quando fui detenuto, incaricò di difendermi il prestigioso onorevole socialista avvocato Ferrandi di Trento e tutti gli anni mi mandò gli auguri, in carcere, dando, infine, istruzioni affinché, appena libero, fossi utilizzato convenientemente, dimostrandomi solidarietà e umanità che gli odierni suoi emuli sono ben lungi dal possedere, finanziando questi anche diversi libri che vilipendono la Resistenza e diffamano, non solo me, ma anche, surrettiziamente e farisaicamente, mio Padre, forzandomi a querelarli. Don Lorenzo Milani, un prete progressista che tra l'altro scrisse un libro "L'ubbidienza non è più una virtù" e riteneva che "Bisogna rendersi antipatici e odiosi a chi non vuole vedere la luce", come io lo fui sempre, iniziando soprattutto da dopo la Liberazione, quando mi trovai soverchiato, più che durante la lotta, da comandanti di battaglione dei quali prima non avevo mai sentito nemmeno parlare, di comandanti di piazza, idem come sopra, di ufficiali di collegamento, e di una varia congenere di altri capi mai visti né conosciuti, come di tantissimi partigiani prima inesistenti, etc, etc, etc, etc, all'infinito, ai quali usavo chiedere: "Tu quanti ne hai ammazzati?", sottinteso di nazifascisti, facendomene dei mortali e imperituri nemici; come mi è accaduto anche dopo il mio ritorno dall'Africa, in particolare nel mio Paese, solamente rinfacciando agli omuncoli e donnicciole gli errori madornali e puerili incorsi scrivendo di Resistenza o permettendo la pubblicazione dei più laidi strafalcioni, deturpazioni e falsità nei libri finanziati con soldi pubblici, come pure gli abbagli madornali incorsi in altri campi producendo danni irreparabili, come avviene su scala nazionale, tanto che sulle loro tombe si potrà, mutatis mutandis, ripetere l'epigrafe posta, per dileggio, sulla tomba del Cardinale Richelieu: " Qui giace un famoso cardinale che fece più del male che del bene/ il bene che fece lo fece male, il male che fece lo fece bene." Mio Padre dopo avere appreso della concessione del Collare dell'Annunziata, che li rendeva cugini del re, ad alcuni grandi pescecani, ladri e profittatori, cantava: "Se rubi una pagnotta od un soldino ti prendono e ti mettono in prigion, se invece rubi tanti miglioncini subito ti fan commendator, noi siamo tre, siamo ladri tutti e tre che per aver rubato ci han fatti ministri di stato e noi siam altri tre che per avere frodato lo stato ci han fatti cugini del re!" Durante la Grande Guerra, essendo di professione muratore, fu arruolato nel genio, e stava costruendo un ponticello di legno, insieme ad altri, quando arrivò il Re, seguito da un codazzo di ufficiali; quell'omuncolo, con la macchina fotografica in mano, avanzò fino all'ultima arcata completata, facendo delle foto, ma incespicò e la macchina gli sfuggì di mano, finendo nella corrente, mio Padre si lanciò e la riprese porgendola al re, rimasto immobile ad osservare la scena, quegli disse qualcosa ed un colonnello che tese cento lire a mio Padre, rifiutate dicendogli, sull'attenti e ancora a mollo: "Signor colonnello sono un soldato, non un servo." Il re udì e se ne andò salutando, corrisposto dai soldati. Dopo qualche ora ritornò il Colonnello che offrì a mio Padre la promozione a sergente in nome del re, nuovamente rifiutata, obiettando "È il nostro comandante in capo, ho fatto solo il mio dovere, come qualsiasi altro soldato avrebbe fatto."


Quello si rivolse al Maggiore comandante del battaglione di mio Padre, invitandolo a porlo agli arresti per rifiuto di obbedienza, in attesa della decisione del sovrano, ma questi gli fece osservare che era un valoroso, già proposto per la medaglia d'argento, molto amato dai suoi commilitoni e che il suo arresto avrebbe provocato forti dissensi in quel momento, dopo Caporetto, assai controproducenti; il Colonnello, rimase interdetto qualche istante, salutò e tolse il disturbo, senza nessun altro seguito a quella vicenda, se non forse che, invece della medaglia d'argento, almeno in quel caso più fortunato di me, si ebbe solamente la croce di guerra, dopo circa dieci anni.

 
SXC: Ha mai avuto rimorsi per quel che ha fatto? E incubi?


UFC:Tanti rimorsi, mai incubi, solo per quanto la mia pochezza e la mancanza di fondi, ricercati ma non conseguiti, evitando rapine e sequestri di persona, m'impedì di compiere, ricerca pagata con altri tre mesi di carcere ingiusto, essendo stato fregato e finito in prigione, essendomi costituito, ignorando che in quel tempo il foro dove fui inquisito era infiltrato da un paio di piduisti: imparai però la lezione e non mi ripetei in seguito. Nella busca disperata di qualcuno intenzionato a fare la rivoluzione, senza della quale i nostri Caduti sarebbero morti invano, mi collegai con qualcuno che mi permise di sperarci, ma dopo qualche tempo dovetti tentare di mettermi in proprio, insieme ad altri compagni ex resistenti, quando compresi che lui seguiva un progetto che ci avrebbe portato, forse, in quella direzione, ma a troppo lungo termine, mentre i compagni e non solo quelli morivano ammazzati. Fallii, riuscendo solamente a riparare, dopo un fallito tentato omicidio, superiormente organizzato contro di me, a riparare in Africa dove continuai la lotta, essendo di nuovo oggetto di vari tentativi di accalappiarmi, ma oramai disponevo di armi e della protezione del mio nuovo fraterno amico e Compagno Samora e resi anche un servizio all'Italia, tramite il Presidente Samora, facendo pervenire al Presidente Pertini una notizia che lo interessava, relativa ad un colpo di stato in gestazione, appresa dal KGB, avendone ricevuto il permesso. Mille e settecento milioni di mussulmani stanno destandosi dal loro secolare letargo, disposti a combattere per vincere o morire, ma nessuno sembra se ne stia accorgendo tra di noi; la grande Cina nel prossimo decennio supererà gli USA come potenza economica e non solo, seguita dall'India e dal Brasile, mentre qui si baloccano, puerilmente, a demonizzare le OGM e le cellule staminali. Con degli uomini politici di tale fatta e di tanta imprevidenza e insipienza, cosa possiamo attenderci se non cenere e tosco? Harry Belafonte che neppure il nostro Cavaliere, esagitato e ridanciano, potrebbe tacciare quale comunista, recentemente, ha dichiarato: "Bush è un terrorista: non distinguo il terrorismo dell'11 settembre dal terrorismo di una guerra illegale." Ma tra i nostri governanti ce n'é uno solo che dimostri di essersene accorto?

 

SXC:Crede che oggi l'antifascismo militante abbia un senso e possa ottenere risultati?


UFC: Si, di certo, se si trovasse un leader in grado di risvegliare le coscienze avvilite, intorpidite ed annebbiate da oltre sei decenni di trasformismo e corruzione illimitata, tenendo sempre presente, come ho visto a Bologna, scritto su un grande cartello dagli studenti universitari: "Il fascismo non si riscrive, si distrugge". Tenendosi in guardia dai partiti più che non dall'AIDS perché non pochi tra loro sarebbe d'accordo coi preti di proibire i preservativi per evitarne il contagio e contrari all'uso delle cellule staminali per gli ammalati altrimenti incurabili, ma non gli inciuci a tutto campo con AN ed i corrotti!

 

SXC: Mai pensato di pubblicare un libro di memorie? O l'ha già fatto?


UFC: Si, ma l'ho consegnato ad un caro e fidato compagno, ex generale sovietico, perché lo pubblichi dopo la mia morte, non volendo sottostare a ulteriori persecuzioni giudiziarie, difettandomi le risorse finanziarie per farvi fronte, senza ricorrere ai miei famigliari o ad alcuni fedeli compagni.

 

SXC: Vorrebbe liberamente dire ancora qualche parola a chi leggerà questa intervista?


UFC: Mio Padre, mentre lo portavano a morte, cantava: "Questa non è l'Italia che vogliamo, sarà quando l'Italia sarà desta da quel lungo letargo in cui viviamo", fino a quando iniziarono a torturarlo e poi non lo trucidarono con un colpo di mannaia che gli deturpò la faccia, sparandogli infine oltre trenta pallottole, tanto da renderlo irriconoscibile anche alla sorella Annunziata, abitante nelle vicinanze, quando a giorno fatto fu a visitare il luogo dell'eccidio Ed io vi aggiungo: Italiani svegliatevi e in piedi! Essendo l'unica speranza di un futuro migliore o almeno degno di essere vissuto che ci resta. Se non è già troppo tardi per scuotere gli Italiani, anchilosati e bloccati da una troppa lunga inattività rivoluzionaria e oramai adusi allo sfruttamento capitalista e alle sirene dei partiti pseudo sinistri e finti democratici"; ma meglio tardi che mai, come dopo l'8 settembre 1943. Diversamente non solo la mia generazione, ma la seguente e quelle che seguiranno saranno dannate, irrimediabilmente, perché dovranno farsi carico dell'insopportabile coacervo di infamia, corruzione, codardia, stolidità e vergogna, lasciatoci in retaggio dalla storia, non usa a perdonare niente a nessuno, durante la dolorosissima e certamente sanguinosissima via crucis che ci attende, fino alla sperabile e augurabile, ma comunque difficile catarsi, se non accadrà che abyssus abyssum invocat! I ragazzi dei centri sociali e quelli dei black block mi sembrano i più aperti e tesi verso un futuro migliore e degno di essere vissuto, a loro un abbraccio particolare. Esistono ancora nel mondo potenze comuniste, dopo la sparizione dell'URSS in funzione di scudo deterrente contro la rapace foia di rapina degli yankee, nuovi e protervi sostituti della identica volontà di sopraffazione e di rapina dei nazisti, a livello planetario, su cui si può contare: la grande Cina, il Viet Nam, la Corea del Nord e Cuba, insieme a molte nazioni del Sud America in avanzata fase di risveglio ed alle immense masse mussulmane non più disposte a rimanere ancorate al passato.
1."Tutto quello che serve per il trionfo del male è che le brave persone non facciano niente", secondo il filosofo e statista inglese Edmund Burke, vissuto nel 1700, come appunto sta succedendo da troppo tempo in Italia. Nella sala del Consiglio Provinciale di Forlì, il 2 giugno 1955, fu posta la seguente epigrafe: "Non solo per fondare la Repubblica Sogno mazziniano d'ogni cuore romagnolo Prima incrociando le braccia nelle officine Poi impugnando il mitra sulle montagne Dette generosamente alla Resistenza 6000 partigiani 700 caduti 1000 feriti e invalidi Ma anche per segnare Alla giustizia e alla dignità del lavoro Le pacifiche strade dell'avvenire Non maledite le loro torture Non disperatevi sulle loro fosse Sorrideranno fieri e presenti con noi Finché fedeli e uniti Su queste strade aperte da loro in cammino ci ritroveremo Solo se per viltà ci arresteremo Solo allora dovrete piangere O madri sconsolate Il tradimento dei vivi immemori Li avrà fatti morire per sempre. " Orbene le vittime, sia pure largheggiando, essendovi state incluse anche alcune che con la Resistenza non ebbero mai niente a che fare, furono solamente 696, i feriti non oltre 136 ed i partigiani veri, mai raggiunsero nemmeno i 1.500,00; a Bertinoro dove li conobbi tutti, uno per uno, personalmente, furono non oltre 25, invece degli oltre duecento fabbricati mentre io ero in carcere e dei Cinque Martiri del 1 Maggio 1944, dei quali furono estromesse, negli ultimi anni, le fotografie da un libretto prima stampato ogni anno a cura del Comune di Bertinoro, dopo che io avevo, vibratamente, protestato allorquando mio Padre e mio Zio furono fatti apparire come trucidati dalle SS, in date diverse, non dai repubblichini locali, come fu inciso, nel 1946, nella lapide sul luogo dell'eccidio e sancito in una sentenza definitiva del 1947 della Corte di Assise di Pesaro da me inutilmente consegnata al Sindaco di Bertinoro.

Il sonno della ragione, come appare chiaro, genera mostri: in occasione delle mie ultime proteste verbali, espresse in due riunioni elettorali, nessuno ha avuto il coraggio di unirsi a me, solo alcuni sinistrorsi mi hanno fatto sapere, in gran segreto, che non sarebbero andati a votare.
Se avremo bastante coraggio, come i Caduti della Resistenza, possiamo ancora prevalere, ma il tempo incalza! In questi tempi foschi, non meno di quelli di Olindo Guerrini (Stecchetti), quando come allora vi sono tanti imbecilli crassi, sanfedisti e oscurantisti che vorrebbero persino impedire l'uso delle cellule staminali nelle cure degli ammalati terminali, altrimenti incurabili, delle quali ho usufruito anch'io per porre riparo ai danni provocatimi dalla mala sanità nostrana, dedico ai coraggiosi questi suoi versi:


Ai liberi, a i costanti


le vie de l'avvenir s'apron secure

.
Avanti, avanti, avanti


con la fiaccola in pugno e con la scure!


SXC: Alcuni storici, ricuciono oggi la loro verità infangando quel periodo e tirando fuori la storia della foibe per cercare di mettere sullo stesso piano la criminalità anche dei partigiani. Cosa può dirci a proposito?


UFC: Io sono stato anche in Iugoslavia, dopo la Liberazione, a caccia di collaborazionisti che colà avevano cercato scampo, tentando di mimetizzarsi da partigiani ed ho constatato il terribile olocausto subito dagli Iugoslavi durante il ventennio, forzati persino a italianizzare i loro cognomi, trattati da esseri subumani, forzati ad emigrare e perdendo, se bene ricordo, oltre il dieci per cento della popolazione, donne e bambini inclusi, nella mostruosa guerra impostagli dai nazifascisti, con incendi di interi villaggi, eccidi e stragi indiscriminate, per cui le foibe furono un'assai moderata risposta alle disumane e mostruose persecuzioni sofferte dagli Iugoslavi, evitando sempre di coinvolgervi donne e bambini. Basti considerare che noi italiani, avevamo già superato in Africa quanto i nazisti stessi avrebbero perpetrato più tardi in Europa e conserviamo tuttora un paesino con il nome di un criminale di guerra, richiesto invano dall'Abissinia ed accusato di ottocentomila omicidi, usando il gas iprite anche sugli ospedali con la bandiera della Croce Rossa, vittime sia pure ridotte a sole centomila, in una trasmissione di una televisione Inglese, da me conservata in due cassette, poi tradotte in Italiano ma mai trasmesse dalla nostra televisione, neppure quando governavano i sinistrorsi dall'antifascismo intermittente, come la loro intelligenza.

 

SXC: Lo Stato italiano ha fatto qualcosa per lei come atto tangibile della sua partecipazione alla resistenza?

 
UFC: Assolutamente niente, se non al contrario! Nessuno ci ha mai risarciti gli ingenti danni sofferti dalla cessazione della notevole attività commerciale di nostro Padre. Dopo avere ottenuto la condanna dell'Italia alla Corte Europea per l'ultra ventennale ritardo nella decisione del mio ricorso per la pensione di guerra, causato dalle false informazioni del maresciallo comandante, pro tempore, la stazione di Bertinoro al superiore Ministero del Tesoro, ovviamente mai perseguite nonostante le mie puntuali denunce, la Corte dei Conti mi riconobbe il diritto alla pensione, oltre la metà della decade 1990, di prima categoria per la frattura riscontratami alla regione occipitale sinistra , oltre alla settima categoria per le ferite riportate in diversi combattimenti, tra le quali preminente una ferita trasfossa all'emitorace destro con lesione del parenchima polmonare. Mi fu invece negata la sia pure del tutto inadeguata, in relazione agli atti di valore compiuti, medaglia d'argento propostami, essendo stato fatto figurare nel mio foglio matricolare, da parte dei soliti ed abituali fedifraghi "tutori dell'ordine" di lorsignori, che ero stato condannato per duplice omicidio a scopo di rapina, mentre la sentenza della Corte di Assise di Perugina, dove il processo fu rinviato per l'abituale legittima suspicione, essendosi ritenuto che a Forlì non si sarebbe avuto il coraggio di applicarmi una giusta pena, dato il favore popolare di cui godevo, li aveva ritenuti motivati da esclusive ragioni politiche, applicandomi i relativi condoni e, a tempo debito, l'amnistia.
Mi sia consentito sottolineare l'infamia superlativa dell'addebito, non essendo stato io nemmeno mai imputato di omicidi a scopo di rapina e neppure di rapina.
Dal 1946, appena il Governo Militare Alleato fu sostituito dal Governo Italiano, io mi venni a trovare nello stato, per certi versi peggiorato, dei « combattenti nemici non legittimi », prigionieri nella base statunitense di Guantamano ed altrove, che non godono della protezione della Convenzione di Ginevra, né delle garanzie previste dal sistema giudiziario statunitense, trattamento riservato dagli yankee ai sospetti "terroristi" mussulmani che, in contraddizione di un'affermazione della democrazia, passa attraverso la negazione dei suoi principi fondanti.
Durante tutta la mia vita io ho vissuto e vivo in quello stato, non essendomi mai riconosciuti i diritti previsti dall'art. 3 della nostra Costituzione, non venendo mai punito qualsiasi tentativo o atto lesivo nei miei confronti, quando non fui perseguito io, invece dei colpevoli..

SXC: I giovani non conoscono neppure i fondamentali fatti di quel periodo. A chi addossare la colpa di questa cortina di ignoranza che tende ad eliminare un passo così significativo per la conquista della libertà avvenuta grazie a quel movimento popolare?

 
UFC: In primo piano all'amnistia togliattiana e degasperiana del 22 giugno 1946 e all'antifascismo intermittente della sinistra, dimostrato oltre che da fatti specifici quali il Governo Milazzo in Sicilia con l'appoggio missino, da dichiarazioni pubbliche in tal senso, ad iniziare dal "rispetto per i vinti", invocato da un politico niente di meno che alla commemorazione dei Martiri delle Fosse Ardeatine, di fronte ai famigliari delle stesse vittime, alla proclamata necessità di indagare le ragioni per cui tanti giovani avevano aderito al fascismo repubblichino, parole pronunciate alla Camera dei Deputati da un altro sinistrorso dall'antifascista intermittente, alle quali io risposi invitandolo a venire a chiederlo a mia sorella Enrica, quando i repubblichini prelevarono nostro Padre ed avendo notato le carte da mille Lire nel suo portafoglio, quando ne estrasse la carta di identità richiestagli, chiesero a mia Madre di consegnargli tutti i soldi, impediti da una SS che, minacciandoli con la sua pistola mitragliatrice, gli comandò: "Solo papir, soldi lasciare signora!"

 
Comportamento identico mantenuto in tutte le stragi delle quali venni a conoscenza, quando tutti quei mostri accorrevano, come le mosche sullo sterco, all'unico scopo di depredare i vivi ed i cadaveri.

 
Senza parlare di un'altra infame pronuncia da parte di un più altolocato sinistrorso che non si peritò dal sostenere che sarebbe stato meglio se Mussolini non fosse stato eliminato, ma tratto in giudizio, dimenticato, volutamente, quanto accadde al maresciallo Graziani, al principe Borghese e a tantissimi altri "mostri" altolocati, sfuggiti alla giustizia partigiana.
La fortuna non avendo, però, mai arriso almeno agli ultimi due di quei messeri, miranti al Quirinale anche coi voti dei fascisti di Alleanza Nazionale, a tanto essendo ridotta la nostra disgraziata Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, donna non di provincia, ma bordello, come direbbe l'ottimo Dante Alighieri!



SXC: Può spiegarci i contrasti tra i partecipanti alla resistenza? Molti si immaginano che i partigiani erano solamente comunisti, ignorando la partecipazione di persone di altro credo politico. Quale sono state le frizioni tra le varie componenti ideologiche tra voi?


UFC: Nelle due brigate, 8ª Brigata Garibaldi e 29ª Brigata GAP Gastone Sozzi, in cui militai, non ebbi mai contezza di contrasti politici, essendo comandate e dirette da comunisti e considerandosi ogni partigiano un comunista, anche se tra noi vi erano dei socialisti, dei cattolici o dei repubblicani, sia pure in estrema minoranza, senza neppure sapere, da parte di molti, cosa significasse esattamente il comunismo, trascinati dalla grande ammirazione per l'Armata Rossa che stava suonandole ai nazisti di santa ragione e a tutto spiano! Ebbi notizia di gravi dissidi del nostro Comando con coloro che, per evitare rappresaglie, pretendevano di lasciare, in esclusiva, agli eserciti Alleati la funzione di sconfiggere i nazifascisti, ognuno tendendo a mantenere la guerra il più lontano possibile dalla propria soglia di casa, timorosi persino che le loro galline diminuissero la produzione di uova, terrorizzate da bombe, granate e raffiche, come accade ora per le centrali atomiche, la TAV. i bruciatori, etc, etc.

 
Io ebbi discussioni con l'ultimo Comandante dell'8ª Brigata Garibaldi pretendendo di sapere come e perché era stato ucciso il suo predecessore Compagno Libero, unitamente alla Compagna Zita, staffetta del comando di Brigata, tacciata poscia dalla misogina accusa di essersi concessa troppo liberamente agli uomini delle case dove fu ospitata nel ravennate, prima di raggiungere la Brigata, creando dissapori nelle famiglie ospiti, oltre alla accusa di esibire oggetti d'oro che non avrebbe dovuto possedere, addebito della cui falsità io sono ben certo, avendo intrattenuto con lei rapporti intimi, sia pure per poche settimane, a causa del rovinoso rastrellamento, sopravvenuto circa un mese dopo l'inizio della nostra relazione, senza mai notare su di lei un qualsiasi anche minimo ornamento d'oro.

 
Ma della sua morte correvano voci incerte, come per la sparizione del Comandante Libero, nell'immediatezza dei fatti e lo scontro col nuovo Comandante avvenne solamente a causa dell'assolutamente immeritata uccisione del caro compagno Aslan, oriundo del Cuban sovietico, del quale ordinò l'uccisione col falso pretesto che era un infiltrato, adducendo che parlava malamente la lingua Russa, cosa del tutto normale essendo stato un montanaro e guardia boschi, fino a quando non fu arruolato nell'Armata Rossa e poi catturato dai nazisti, ma in effetti per una ragione che mi vergogno di rivelare, intendendo differenziarmi in tutto dalle infamie ed insuperate falsità da lui scritte, a vituperio dei suoi compagni, molti dei quali periti per la sua incompetenza, durante il rastrellamento nazista dell'aprile 1944, effettuato della divisione speciale nazista Hermann Goering e dai repubblichini in funzioni di tirapiedi, non facendosi quelli mai incontrare in combattimento, limitandosi a trucidare i prigionieri e a depredare il bestiame, i soli beni fungibili nei miserrimi casolari appenninici in quei tempi calamitosi.
Aslan, giunto dopo il rastrellamento, insieme ad altri quattro soldati sovietici che avevano come lui disertato dalla Wehrmacht, ponendosi ai miei ordini, e lui, senza esserne richiesto, aveva compiuto atti di leonino coraggio contro i nazisti, mentre io esercitavo il comando nella zona prima della comparsa del nuovo Comandante, in occasione di alcune puntate offensive da quelli effettuate.

 
La sola compagnia uscita indenne fu la mia 9ª, avendo ottenuta dal Comandante Libero l'autorizzazione a tentare lo sganciamento, considerato la nostra situazione di quasi disarmati, attuando, quindi, la corretta tattica evasiva e quella, quando possibile, ma solo dopo la fine del rastrellamento, del mordi e fuggi, non durante quell'impari battaglia di quasi un mese, avendo perfettamente inteso che i miei compagni vi erano assolutamente impreparati.
Erano stati già trucidati mio Padre, mio Zio e mio Cugino quando appresi la ferale notizia dell'uccisione di Aslan e mi sembrò di impazzire, decidendo di farla finita e sul fare della sera mi diressi verso il Comando, senza rispondere ai ripetuti avvisi della sentinella di qualificarmi per indurla a spararmi la raffica liberatrice, risparmiatami dall'intervento del Commissario di Brigata Bernardo che mi riconobbe e la fermò.

Ne segui uno scontro col Comandante di Brigata, non terminato nel sangue solo per essersi , di nuovo, interposto il bravo Commissario che mi indusse a riprendere il controllo, piangendo insieme con me ed offrendomi di assumere il comando di uno dei due distaccamenti della GAP, operanti in Forlì.

Accettai, ma la mia innocenza giovanile fu turbata per sempre, in particolare per quanto mi accadde allorquando operai in pianura, al comando di persone disposte a tutto fuorché a combattere.
Sugli Appennini, durante il rastrellamento, dovemmo ritornare dentro il cerchio nazista per prelevare la parte di armamento, riservatoci dal Comandante Libero, dal primo rifornimento aereo degli Alleati e quindi intraprendere una nuova e perigliosa evasione; di giorno ci nascondevamo tra i boschi e di notte scarpinavamo, condotti da un esperta staffetta, uscito alla ricerca di cibo, incontrai il Distaccamento Sovietico che mi concedette una meravigliosa mitragliatrice leggera Lewis, usata dagli Inglesi nei loro aerei da caccia nella Grande Guerra, adattata da quelle esperte mani in mitragliatore, con l'aggiunta di un sostegno a V rovesciato, con la quale, come sta scritto nella proposta di medaglia d'argento, tenni fermo, da solo, non alla testa della mia compagnia, come scrissero nella motivazione, un battaglione nazista, abbattendone in quantità, fino a quando si surriscaldò, non essendo raffreddata dal vortice delle eliche, usata differentemente da come era stata progettata, scoppiandole la canna, ma senza ferirmi, dopo avere ricevuto la prima lacerazione alla faccia con un colpo del calcio di un Mauser alla regione occipitale sinistra, da parte dell'ultimo dei tre tedeschi, giuntimi addosso sbucando dal sottobosco, riuscendo ad abbattere pure lui, in sequenza, con un colpo di pistola, sparatogli da terra, dov'ero finito per la violenza della percossa ricevuta, franandomi addosso e imbrattandomi col suo sangue.

 

SXC: Si attendeva qualche altro sviluppo politico in quei momenti e perchè?


UFC: Tutti i partigiani, nessuno escluso, si attendevano dopo il disarmo, di costituire il nuovo esercito italiano, sostituendo la polizia ed i carabinieri collusi coi nazifascisti e soprattutto di non cadere di nuovo sotto gli artigli degli antichi padroni. Mio Padre, nel pomeriggio precedente la sua fucilazione, mi impartì vari consigli e ammaestramenti, lui fiero mazziniano che rivendicò tale sua fede in fronte ai mostri, come li chiamava lui, che erano venuti a prelevarlo per assassinarlo: sapendo che sarebbe ucciso, essendo stato avvertito dal gestore dell'Albergo del Sole, ora Albergo Colonna, che i mostri lo avevano posto per primo nella lista di quelli da eliminare in caso di future rappresaglie, la notte del 6 aprile dopo l'uccisione da parte di un commando di tre partigiani ai miei ordini, essendo i collaborazionisti stati sorpresi dai soldati nazisti, accorsi dai loro vicini alloggiamenti, disarmati, perquisiti e trovati in possesso di un anello con lo stemma delle SS ed altri ammennicoli sottratti ai morti.
Salvandosi perché un capitano nazista, alloggiato nell'Albergo del Sole, dove furono accompagnati a calci, pugni ed altre gradevolezze naziste, li aveva visti partire alquanto dopo la raffica e lo scoppio di una bomba a mano.


Egli,pure sapendo che sarebbe stato ucciso, a me che lo imploravo di venire via con noi per tema di quanto poteva succedergli, mi tenne nascosto l'informazione ricevuta e rispose: "Io ti ho sempre insegnato il coraggio, tu non puoi pretendere da me un atto di vigliaccheria" ed io non trovai la forza di insistere, andicappato dal mio grande rispetto per lui e dal sentirmi in colpa per avere consigliato a mio cugino Guerrino Pasini di procedere verso gli alti Appennini, invece di rimanere con me, temendo ciò che poteva accadergli se fossimo incappati, noi in 32, dei quali solo sei armati di moschetto con non più di un paio di caricatori ciascuno ed un mitra con due soli caricatori da venti colpi, qualche bomba a mano e niente altro, errore commesso ritenendo che come a noi gli sarebbe stato assegnata una brava staffetta in grado di guidarli, contrariamente a quanto mi era stato promesso e non avvenne.

 
Mio Padre mi fece un sobrio racconto sulla sua vita, principalmente sulle sue esperienze di guerra, trasferendomi, per l'ultima volta, tutto il suo sapere ed esperienze, impartendomi anche le istruzioni dettagliate per imboscare i criminali repubblichini che tutte le notti, stupidamente, senza adottare alcuna precauzione, dopo quanto era accaduto ai due nazisti, andavano a spasso per il paese, confidando nella codardia dei compaesani, esperimentata durante la ventennale sopraffazione inflittagli.

 
Mio Padre concluse: "Se dopo la vittoria il Papa ed il Re non saranno giudicati almeno per collaborazionismo, noi avremo combattuto invano." " Ai mostri da tutto quello che meritano, senza risparmiare niente a nessuno." "Tu continua a combattere coi comunisti, essendo i soli che si danno un poco da fare, ma non dimenticare che Togliatti ha già colluso con la monarchia a Salerno ed in Spagna fece ammazzare tanti valorosi combattenti anarchici."
Mi mostrò l' "Osservatore Romano" con segnato in rosso il trafiletto relativo all'attentato di via Rasella e alla strage delle Fosse Ardeatine, del mese prima, dicendomi che in tempo di guerra un articolo come quello era sufficiente per la fucilazione alla schiena di chi lo aveva commissionato o permesso e per il direttore del giornale, raccomandandomi di fare molta attenzione alle sconsiderate giravolte dei miei compagni che, dopo che era andato sull'orlo del fallimento per avere fatto importare dalla Svizzera una carabina di precisione, con la spesa di oltre trentamila mila Lire, in parte notevole truffategli da quel suo socio anche nell'esportazione di frutta, bene certo che non avrebbe potuto perseguirlo legalmente dopo quanto era intercorso tra di loro, in accordo con due comunisti Bertinoresi, per abbattere il duce, quando andava sulla spiaggia di Riccione, gli fu all'ultimo momento ordinato di desistere, essendo stato dal PCI elaborata, nel frattempo, la demenziale teoria dell'entrismo, consistente nell'infiltrarsi nelle organizzazioni fasciste, incluso il Partito, per conquistarle dal di dentro, avendolo anche consigliato di prendere la tessera per evitare o lenire le rappresaglie contro i compagni detenuti, se fossero stati scoperti; ma alla fine, quando in premio, gli fu offerta la tessera del PCI, rispose con due schiaffoni a tutta mano, ai compagni dei quali non mi rivelò i nomi per rispetto alle promesse scambiatesi.

Lo seguii da dietro la finestra mentre si allontanava a testa alta, sotto il cappello a larghe tese, lui che sapeva di andare a morte, come se partecipasse alla sfilata della vittoria.

SXC: Unendo idealmente la resistenza in Italia con la guerriglia cubana di Fidel Castro, pensa che vi siano attinenze nel modo tecnico di combattere tra le due parti?


UFC: Nessuna nelle intenzioni dei combattenti, tese all'abolizioni dei padroni oppressori, non concretatesi perché noi fummo fregati prima dio tutto dai "padri della patria" e poi dagli attendisti e dai desistenti, essendo stati in Bertinoro non oltre lo 0,28% quelli arruolatisi nelle due brigate partigiane operanti in provincia di Forlì, subendo 489 morti in azione e 207 per rappresaglie, mentre gli Alleati lasciarono quasi 9.000,00 (novemila) Caduti nei loro Cimiteri di Guerra.
Noi difettammo di comandanti competenti, uno essendo un ex sottufficiale del dell'esercito italiano e l'altro avendo comandato una batteria di cannoni in Spagna che noi mai possedemmo, mentre il Compagno Luciano Caselli, Comandante della 29ª Brigata GAP, ex garibaldino di Spagna, insieme al Compagno Fabio Ricci, entrambi ottimi gapisti, terrorizzarono i collaborazionisti durante tutta la resistenza, abbattendone a decine, a differenza di quanto accadde nei restanti comuni della provincia di Forlì.

 
Nei miei contatti che ebbi nell'URSS chiesi a più riprese perché mai, neppure dopo Stalingrado e la più grande battaglia di carri armati della storia, a Kursk, dove l'Armata Rossa sbaragliò i nazisti, perché mai nessun compagno Italiano fosse stato ammesso alla competente accademia militare sovietica o altrove per apprendere almeno i rudimenti dell'arte della guerra partigiana, tanto più che fino dal 1924 era in circolazione nell'URSS, un libro del mitico generale Frunze, da noi ignorato in assoluto, del quale mi fu riferito da un compagno sovietico sugli Appennini: "Il fronte e le retrovie nella guerra dell'avvenire", che esponeva la teoria della futura guerra nelle retrovie nemiche ed altro di assai interessante per noi, se vi fosse stato qualcuno che l'avesse studiato ed in grado di applicarne la strategia e la tattica.
Nella nostra provincia migliaia di persone furono uccise dalle bombe e dalle granate Alleate, per aprirsi la strada, cittadini che se fossero stati usati per combattere contro i nazifascisti, sarebbero stati assai più proficui e utili per la nostra lotta; e che fosse possibile fu dimostrato a Cesena.

SXC: Cosa rappresenta Cuba per lei?


UFC: Io ho combattuto insieme ai Compagni Cubani in Africa, dopo il 1970, contro il colonialismo Portoghese ed i razzismo Rodesiano e Sudafricano e conservo un vivo ricordo del loro forte cameratismo, competenza e grande coraggio. Cuba rappresenta per me un esempio ed una speranza che il comunismo vincerà in tutto il mondo, se l'umanità non sarà distrutta dall'imperialismo yankee e dalla nostra codardia. Mio Padre vissuto negli USA prima di ritornare a combattere la Grande Guerra, mi insegnò "Una morte sola dobbiamo agli Dei e quanto siamo morti una volta siamo franchi per il seguito" poi ripetutami dal Comandate Popski anche con l'esempio quando ebbi a che fare con quel grande soldato; sentenza certamente nota al Compagno Castro e al Che, i quali vi adeguarono il loro comportamento, a nostro esempio imperituro.



SXC: Il clima politico dal 1945 ad oggi: in quale momento si è stati più vicini ad una possibile rivoluzione che avrebbe portato l'Italia verso il comunismo?


UFC: Appresi dal Compagno Secchia che Stalin ebbe a raccomandargli di non pensarci nemmeno ad una insurrezione, perché avrebbe posto a repentaglio gli accordi intervenuti tra le grandi potenze per la suddivisione delle sfere di influenza. Dato che il PCI fu sempre un salariato dell'URSS, ritengo che solamente ai tempi della crisi di Cuba, per i missili, un tentativo sarebbe stato possibile, ma solo in caso di guerra USA/ URSS, quando le truppe del Patto di Varsavia avessero battuto quelle della NATO, esattamente come accadde nel 1945 dopo la resa della Wehrmacht.



SXC: Il comunismo oggi nel mondo, è solo un fatto anacronistico oppure un movimento ancora valido dopo le sperimentazioni fallite dell'URSS?


UFC: Io ho frequentato anche l'URSS, quale rappresentante personale del grande Compagno Samora, Presidente del Mozambico, presso il KGB, incontrandovi compagni intemerati e di grande intelligenza e lungimiranza, tanto da pormi in grado di comprendere che l' URSS era gia prima, del 1986, in fase di dissoluzione come l'Impero di Roma, per la corruzione che la corrose fino a farla implodere; colà non è fallito il comunismo, bensì gli uomini incompetenti, corrotti e codardi che lo rappresentavano immeritatamente. Non per niente qualcuno si guadagnò il Premio Nobel della pace!



SXC: Cosa suggerirebbe la sua esperienza per alimentare la speranza di un mondo migliore?


UFC: Convincersi "Che è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio", convinzione che però non appartiene alla maggioranza degli italioti odierni che preferiscono vivere in ginocchio e proni ai signori del capitale, con lodevoli ma non ancora bastanti eccezioni, da servi degli atavici nostri sfruttatori e padroni, pochissimi essendosi ancora resi conto che altrimenti siamo predestinati ad una morte atroce, insieme a tutta l'umanità. Tabe dalla quale saranno forzati a curarsi e a ravvedersi dall'irrompente marea della storia che avanza, se da noi non accadrà come nel 1945, quando non si destarono nonostante tutto quanto avevamo visto e sofferto.

SXC: Come inquadra i ragazzi dei centri sociali spesso integrati nei cosiddetti 'black block' che tanto timore incutono nella piccola borghesia paurosa di vedersi rovinato il negozio o l'auto?


UFC: Come l'unica speranza di un futuro migliore e degno di essere vissuto. Ma forse è troppo tardi per scuotere gli Italiani dal loro lungo letargo, non solo la mia generazione, ma la seguente e quelle che seguiranno sono condannate, perché dovranno farsi carico dell'insopportabile coacervo di lassismo, infamia, corruzione e vergogna lasciatoci in eredità dalla nostra storia recente, durante la dolorosissima e certamente sanguinosissima via crucis che ci attende, fino alla sperabile, ma comunque difficilissima catarsi, perché l'abisso invoca l'abisso, secondo un antico proverbio latino.

 

SXC: E' possibile una rivoluzione permanente ed una nuova resistenza? E quale è più vicino al suo pensiero politico e perchè ?

 
UFC: Rispondo si alla prima domanda, anche se non ho ancora visto sorgere tra noi un leader in grado di guidarla; mentre alla seconda rispondo: Cuba, Viet Nam, Corea del Nord e la grande Cina, se sapranno guardarsi dalla peste che ha distrutto l'URSS, mantenendosi indenni dalla corruzione e con una forte e intelligente direzione, come a Cuba.

 

SXC: Esistono al mondo realtà comuniste?

 
UFC: Si, quelle sopra citate, nelle sole maniere rese possibili dalla sparizione dell'URSS in funzione di scudo deterrente contro la rapace voglia di arraffare e di sopraffare degli yankee, ora posseduti dalla identica, morbosa e demenziale volontà di dominio hitleriano, a livello planetario, al quale ora tenta di sovrapporsi quello Europeo, iniziato con l'invio di truppe nostrane in quello che sempre più si dimostra la nuova palude vietnamita degli yankee, intesa come tale anche da Bush, ma non dai nostri governanti.



SXC: Concludendo: una nuova resistenza è ancora possibile con quali mezzi?


UFC: Certamente! Tenendo sempre presente il pensiero di Marx: "La violenza è la levatrice della storia", senza dimenticare quello del grande Mao: "Il potere politico passa per la canna del fucile." Tutte le altre balle sulla democrazia e la pace costituendo sempiterne droghe per gli sfruttati ad esclusivo favore degli sfruttatori, ciarpame buono solo per mantenerci inchiodati alla servitù del capitalismo, comunque predestinato a morte certa, stando non più a creare i suoi becchini ma a determinare con un effetto valanga la distruzione del pianeta terra.
Secondo E. Malatesta, col quale concordo in toto:"se la democrazia potesse essere altro che un mezzo per ingannare il popolo, la borghesia, minacciata nei suoi interessi si preparerebbe alla rivolta e si servirebbe di tutta la forza e di tutta l'influenza che le sono date dal possesso della ricchezza, per ricordare al governo la sua funzione di semplice gendarme al suo servizio."
Mi sento in dovere di aggiungere, anche se ora è forse già tardi per trarci dall'abisso in cui si sta infossando tutta l'umanità:"Quos Deus vult perdere prius dementat" ritenevano i Romani e Machiavelli: "La vanagloria dei potenti li rende ciechi", come tutta la nostra storia recente dimostra essere purtroppo avvenuto in Italia, traendoci alla vergogna attuale. Nel 1940 entrammo in guerra, a rimorchio di Hitler, con gli italioti plaudenti dalle Alpi alla Sicilia e colonie al buffone di Predappio, mentre oggi ci siamo lasciati invischiare in alcune guerre, di esclusivo interesse degli imperialisti yankee che, a somiglianza dei nazifascisti, pretendono di tiranneggiare e sfruttare il mondo intero.

 
Si ha l'improntitudine, l'impudenza e la scempiaggine di chiamare i nostri soldati, inviati ad uccidere e a morire, in violazione del dettato costituzionale "operatori di pace", senza che nessuno muoia dal ridere, dal piangere o dalla rabbia quando il serioso Fini chiede ai suoi complici della maggioranza di ammettere che loro erano nel giusto quando mandarono i nostri soldati a combattere e a morire, sulla base del principio di etica fascista "armiamoci e partite", come hanno continuato a fare i nostri governanti attuali per i quali anche molti noi hanno commesso la banalità di votare. Persistendovi, senza vergogna, ora insieme ai membri dell'Unione, nonostante che la stessa CIA abbia riconosciuto, urbi et orbi, che le ragioni per cui si pretese di entrare in guerra abbiano provocato effetti contrari a quelli perseguiti, incrementando il "terrorismo" in via esponenziale, dimenticando che pure noi partigiani fummo chiamati banditi dai nazisti e ribelli dai repubblichini, mentre già da tempo è stato, alla papale, ammesso e confermato dall'ONU che le ragioni morali accampate alla base delle guerre furono una badiale fandonia, essendo risultato che le armi di distruzione di massa asserite in mano a Sadam erano inesistenti, come riferirono a Bush i controllori delle Nazioni Unite prima dell'attacco. Ci è stato inflitto l'infelice spettacolo della sorella di un Caduto chiedere, in televisione, che fossero riportati in patria quei ragazzi e nel successivo giornale riproporcela, controllata da una ufficiale di polizia, a porgere sperticati ringraziamenti a tutte quelle cariche dello stato che avevano mandato suo fratello incontro alla morte ed in quel giorno glielo avevano restituito defunto. Io non ho ereditato da mio Padre il dono della preveggenza e non mi ero affatto accorto che il futuro dell'intera razza umana era messo in pericolo dal capitalismo, trascinandoci verso una apocalisse peggiore di quella vaticinata da San Giovanni, dove non vi saranno né vinti, né vincitori, ma solo distrutti, comprendendo, come sostiene la Teologia della Liberazione, che il capitalismo va identificato con la morte dell'umanità, sulla quale aprii gli occhi, in Africa, nella decade 1980, quando una dea, in venustà e intelligenza, mi trasmise la luce della sua preveggenza, anche se all'inizio stentai a prestarle fede, non essendo ancora bene visibili i segni premonitori, ma col trascorrere fatale del tempo mi si chiarirono le idee e mi resi conto quanto quella premonizione fosse corroborata dai fatti, avendo la comunità internazionale tentato di ovviarvi con il Protocollo di Kyoto, ma rifiutato prima di tutti da Bush, impedito da un malinteso interesse del capitalismo più deteriore del quale è l'esponente..
Ora, anche i giornali Italiani, hanno iniziato a riportare, nella prima settimana di ottobre, fatti rilevanti occorrenti sotto i nostri occhi:

 
"Il primo «Overshoot Day» fu calcolato il 19 dicembre 1987

 
Da lunedì la Terra è in «debito ecologico»

 
Un parametro che misura il punto in cui le risorse utilizzate dagli esseri umani superano quelle che il pianeta è in grado di produrre.

 
LONDRA - Da lunedì 9 ottobre fino alla fine dell'anno la Terra sarà in «debito ecologico». Un parametro che misura il punto virtuale in cui le risorse del pianeta utilizzate dagli esseri umani superano quelle che il pianeta stesso è in grado di produrre. Quindi si va in una sorta di «bolletta» dell'ambiente, per la quale al contrario di un conto corrente in rosso, non si sa bene chi deve intervenire. O meglio si saprebbe, visti i pochi risultati sul fronte del consumo energetico e della ricerca di fonti alternative e le mancate adesioni al protocollo di Kyoto di potenze come gli Stati Uniti e la Cina.


DISTANZA CHE SI RIDUCE - Il fatto sconvolgente è che il cosiddetto «Ecological Debt Day» (o Overshoot Day) viene anticipato ogni anno. Il che significa che il pianeta fa sempre più fatica a «star dietro» alle nostre sempre crescenti necessità. Il primo «giorno in debito» fu calcolato nel 1987, esattamente il 19 dicembre. Diciannove anni dopo viene anticipato di quasi due mesi, al 9 ottobre. «Il fatto che quest'anno il debito ecologico cada a ottobre significa che solo per tre quarti dell'anno l'umanità vive in modo compatibile con l'ambiente», è l'analisi dell'organizzazione indipendente New Economics Foundation (NEF), che ha sede a Londra.
COMPENSAZIONE - Secondo Andrew Simms della Nef il genere umano sta commettendo due grandi errori: «Primo, impediamo a milioni di persone di avere accesso alla terra, al cibo e all'acqua potabile. Secondo, mettiamo in pericolo il meccanismo del pianeta che permette la sopravvivenza dello stesso genere umano». Per esempio, più pesce peschiamo quest'anno meno ce ne sarà disponibile l'anno prossimo. I meccanismi di compensazione saltano, assaliti come sono dalle leggi del mercato, da stili di vita eccessivi, da ricchezze individuali non giustificabili.
GRAN BRETAGNA - In questo scenario devastante la maglia della «pecora nera» tocca alla Gran Bretagna, che ha «festeggiato» il suo «debito ecologico» già in aprile, il 16 per l'esattezza. La Nef ha fatto un semplice calcolo: se tutti nel mondo consumassero quanto un inglese medio, servirebbero le risorse di tre pianeti cloni della Terra per soddisfare tutti i bipedi pensanti. A fronte di questo, il governo inglese ha promesso che entro il 2020 alzerà al 20% (rispetto al 4 attuale) la percentuale di energia ottenuta da fonti rinnovabili.


TEMPERATURA - «L'unico modo per tornare a una situazione di equilibrio e appianare il debito è chiedere meno al nostro pianeta» dice la Fondazione. Per esempio molti scienziati hanno previsto che entro la fine del secolo la temperatura della Terra potrebbe aumentare da due a sei gradi Celsius, e questo porterebbe una serie di disastri a catena, come alluvioni, fame e in definitiva morte di tanti esseri umani. I più deboli, come sempre accade."
Questo non è se non il meno pauroso e tragico dei preavvertimenti giunti all'ONU e all'umanità da parte di scienziati illustri e degni di fede, gli altri non meno credibili, ponendo termini assai più brevi per la definitiva e irrimediabile sterminio che incombe che sull'umanità.
Che i nostri governanti si ravvedano è del tutto insperabile e improbabile, impelagati come sono a farsi la guerra l'un l'altro, ammaliati dalla sete del profitto pro domo sua, più di Eva dal biblico serpente, che i Romani chiamavano "auri rabida sitis ", a meno che noi, come durante la Resistenza, non ci rendiamo conto che è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio di fronte a quella banda di corrotti e corruttori che infettano e avviliscono la nostra esistenza e dignità, contrapponendogli una lotta intransigente per esautorarli e sostituirli con persone incorrotte, degne, intelligenti e preveggenti, almeno quel tanto da comprendere che una coccola con Condolice Rice e neppure con Bush vale la morte a cui vogliono dannarci. In Italia esistono oltre tre milioni di poveri e novecento mila disoccupati cronici, mentre mancano fondi per sfamarli, per la ricerca, per la sanità, per la giustizia, per l'istruzione, per le pensioni, etc, etc, quando i nostri boriosi uomini di governo di destra e di sinistra, tutti in oscena combutta, preferiscono sprecare milioni al giorno nelle guerre promosse dall'imperialismo americano, per i suoi male intesi interessi, sia pure erratamente ritenuti, in una farsa che se non fosse tragica, sarebbe risibile, come le smargiassate e le pose istrioniche del nostro duce da operetta, ancora visibili nei "giornali Luce" di quel tempo. Berlusconi e Prodi, coi loro correi, avrebbero dovuto prospettarsi e considerare la dannata ipotesi se, dopo il 25 aprile 1945, noi avessimo accettato, supinamente, che il nostro governo accogliesse legioni di fascisti spagnoli, offerte dal Caudillo Franco per ripristinare l'ordine in casa nostra, in quale cul de sac saremmo finiti e cosa si sarebbe detto e scritto di noi nel futuro, come accadrà per non esserci rifiutati di imporre una simile, più che teratologica, demoniaca mostruosità agli Afgani e agli Iracheni, sotto l'egida yankee! L'Unione, infine, si è intruppata con Fini e Berlusconi, duce D'Alema, dopo averci illusi, durante la campagna elettorale, che le nostre truppe sarebbero richiamate in patria dopo la nostra vittoria elettorale, mentre ci è ammannita una laida riedizione delle "convergenze parallele" o di qualche altra vacuità del genere, assumendo che non esistono differenze tra le missioni in Libano, Afganistan e Iraq, tutte "operazioni di pace", come quella che le truppe naziste vennero a compiere in Italia nel 1943, quindi quei girella emeriti non si attendano alcun nostro voto in futuro, non volendo meritarci, a pieno titolo, la taccia di autolesionisti o di autistici terminali, perché a tutto c'è un limite e loro lo hanno largamente superato! Ai tempi della Costituente furono non meno di trenta gli "onorevoli" nei libri paga di grandi società e banche, ora sono centinaia quelli dediti alla droghe, ma infinitamente di più quelli che sniffano poltrone, con tutto quel che segue, ragione per cui tutte le rivoluzioni sono predeterminate alla sbaraglio dopo la vittoria, tutte le resistenze sono perdute ante litteram perché quelli che tradiscono ne escono sempre puliti e con lapidi sui muri. Cento anni fa si cantava già "i signori per cui pugnammo ci han promesso la dimane, la dimane ci aspetta ancor" , continuando tuttora ad aspettarci, con l'aggravante di indescrivibili connivenze dei nostri governanti nelle infamie e barbarie illimitate del capitalismo globale yankee.


Politici mondialmente noti da gran tempo hanno denunciato il pericolo costituito da Bush, la cui paranoia, superiore a quella di Hitler, fu bene stigmatizzata da Luis Inàcio da Silva (Lula), Presidente del Brasile: "Su dieci parole che pronuncia nove sono di guerra, incutendo paura alla gente e aggravando la situazione"; mentre Nelson Mandela dichiarò " If there is a country that has committed unspeakable atrocities in the world, it is the United States of America" come a riportato da "Newsweek" del 10 febbraio 2003, e che in seguito rifiutò di incontrare il Presidente Bush, avendo gli yankee massacrato più innocenti nelle sole Americhe che non chiunque altro nella storia multi millenaria dell'umanità. Ultimamente ho contattato i miei compagni ed amici della Teologia della Liberazioni nel Sud America che, già nel 1970, avevano perfettamente compreso e predicavano che il capitalismo, soprattutto l'imperialismo yankee che ne è l'egemone, va identificato con la morte morale e fisica dell'umanità, per avere conferma di quanto apparso sulla stampa cattolica, non su quella di sinistra che si è rifiutato di pubblicarla, nonostante io glie lo avessi richiesto e ne sono rimasto scioccato, anche se nel nostro paese di Maramaldo, sono abituato a tutto ed al suo contrario, ottenendone piena ed aggravata conferma. Da loro udii parlare per primi degli USA che avevano fondato la Scuola delle Americhe, adesso Istituto per la Cooperazione sulla sicurezza dell'emisfero occidentale (Western Hemispheric Institute for Security Cooperation, (Soa/Whinsec).
Il nome attualmente è diverso ma il ruolo e le funzioni di quella scuola che ha finora addestrato oltre 60.000 militari latinoamericani, sono le stesse di quanto fu creata, a Panama, nel 1946: "Portare stabilità in America latina."


In quale modo, lo raccontano i curriculum ed i nomi dei suoi allievi più eccellenti, quali Leopoldo Galtieri, Edoardo Viola, Manuel Noriega o generali come Hector Gramajo, accusato di genocidio contro la popolazione guatemalteca, come i suoi colleghi Rios Mont e Lucas Garcia.
In tutti gli episodi più nefasti dell'America Latina sono sempre presenti militari sfornati dalla SOA: nel commando che, nel 1973, preparò il colpo di stato in Cile, nella guardia nazionale del dittatore Somoza in Nicaragua, nell'assassinio di monsignor Romero in Salvador.
Nel 1993 quando venne reso pubblico il rapporto sul terrorismo di stato in Colombia, risultò che 124 dei 247 ufficiali dell'esercito, responsabili di crimini e torture, provenivano dalla SOA, come i mandanti della strage di Acteal in Messico che, dopo l'insurrezione zapatista del 1994, ha inviato alla Scuola un maggior numero di effettivi.


Un fiume di sangue che continua a scorrere tuttora, specialmente in Colombia, teatro di strette alleanze tra paramilitari e i commando SOA.
Nel 1993, proprio a seguito del rapporto sul Salvador, il democratico Joseph Kennedy presentò una proposta per chiudere la Scuola, ma il Congresso lo respinse con 256 voti contro 174.
Il 20 luglio 1994 , la Camera dei deputati yankee approvò con 230 a favore e 197 contrari, un disegno di legge per tagliare una parte dei fondi alla SOA, ma il Senato ribaltò la situazione.
Nello stesso anno, a seguito delle crescenti mobilitazioni popolari, il governo annunciò la chiusura della Scuola che, dal 1984, dopo il trattato del Canale, abbandonata Panama, era stata ricostruita in grande segreto dal Pentagono a Fort Benning in Georgia.
Ma poco tempo dopo, eccola riaprire, sempre a Fort Benning, ma con un nome diverso, a dimostrazione eclatante che il nazismo può essere, come i fatti dimostrano, pianificato, votato e finanziato "democraticamente".

Io non sono mai stato un antisemita, anzi ho collaborato con uno di loro durante la guerra che aveva avuto tutta la sua numerosa famiglia, trucidata, uno per uno, diabolicamente, per forzare suo Padre a tradire altri correligionari, in Germania, sotto i suoi occhi, avendogli suo Padre predisposto un rifugio nella cappa del camino sul tetto, essendo il primogenito, donde assisté a quella tregenda e post Liberazione collaborai con i "Vendicatori" ebraici tra i quali egli era confluito. Un governo che collabori nelle guerre con dei nazisti del genere, perpetratori di quei delitti, non può essere considerato migliore di quelli, pro tempore, alleati con Hitler, siano essi ora berlusconizzati, cristianizzati o diessinizzati, con o senza baffetti, con capelli trapiantati o meno, alla ricerca di Dio o del diavolo che sia. Le mezze verità ufficiose e le falsità ufficiali più clamorose sono state registrate negli ultimi tempi sulla tematica ben più scabrosa della tortura, diventata in tutte le sue varianti inclusa la «extraordinary rendition», prassi consacrata dal ministero di giustizia, dal Pentagono e dalla Cia. «We do not torture», noi non torturiamo, ha invece proclamato Gorge W. Bush a Panama City e Naomi Klein è stata l'unica a ricordare sul Guardian del 10 dicembre 2005 che lo smemorato presidente ha proclamato la sua sdegnata smentita a poche decine di chilometri dalla località dove le forze armate Usa avevano fondato e gestito dal 1946 al 1984 la «School of the Americas», la più famigerata scuola di addestramento alla tortura, agli assassini mirati degli squadroni della morte nei due emisferi. La scuola è stata poi trasferita a Fort Benning nello stato della Georgia e continua a formare e sfornare i quadri del terrorismo di stato Usa.
La verità è che violenza e tortura sono americane come la torta di mele e sono state sempre praticate anche al di fuori di emergenze belliche, ad esempio in molti dei carceri di sicurezza degli Stati uniti. Cosa c'è allora di nuovo sotto il sole? C'è, dopo il 9/11, l'intento di proiettare sullo schermo mondiale un'immagine più ferina e spietata dell'impero. C'è la finzione sistemica come strumento ossessivo del potere: il «noi non torturiamo» di Bush e la rivoltante ridefinizione della tortura del ministro alla giustizia Alberto Gonzales - «misure coercitive che non compromettano irrimediabilmente l'integrità fisica dei prigionieri o portino alla loro morte». Ma le sevizie, le mutilazioni, la riduzione allo stato vegetale di presunti terroristi, la loro «estinzione» devono pur andare avanti fuori dalla giurisdizione di qualche antiquato magistrato statunitense; e allora viene consolidata ed intensificata la procedura delle «extraordinary renditions», come avvenuto da noi, in Italia, volta a sottoporre i prigionieri a più estreme e letali torture in paesi satelliti e in basi militari all'estero. Nella sua tournee europea il segretario di stato Condoleezza Rice si è irritata per le avverse reazioni della stampa e di qualche governo. Non aveva tutti i torti. L'Unione Europea aveva dato un esplicito assenso alle «renditions», il Regno unito, la Germania, l'Italia e non solo la Romania e la Polonia avevano permesso agli aerei della Cia con i loro tristi carichi umani di fare uso illimitato di aeroporti civili e basi Usa sui loro territori. Senza negare alcunché la signora Rice ha lasciato cadere qualche battuta diplomatica, blanda ed evasiva. «Marcia indietro» sia pure fittizia. Il Il Popolo di Israele, fungendo il suo governo da lunga mano e lacché degli Usa nel Medio Oriente, se non sceglie una via meno oltranzista, come il Popolo Italiano, che una finta sinistra ha svirilizzato, imbastardito, intontito e berlusconizzato, predestinandolo a ulteriori Caporetto e tanto meno gli arabi, è predestinato a rimanere vittima di una tragedia che sta incendiando il mondo senza che il nostro Governo dimostri una minima capacità di evitarla o almeno di comportarsi in modo da non esservi travolti per primi.

 
Mio Padre affrontò la morte cantando: "questa non è l'l'Italia di Mazzini, questa non è l'Italia che vogliamo, sarà quando l'Italia sarà desta da quel lungo letargo in cui viviamo", fino a quando gli deturparono la faccia con un fendente, prima di trucidarlo a raffiche di mitra, ma evidentemente il nostro letargo si trasformerà in coma irreversibile, se continueremo a farci abbindolare da quei signori, che ci parlano, sfacciatamente e spudoratamente, di pace mentre ci infossano sempre più in guerre al servizio dell'imperialismo yankee, corresponsabile dei 97.500.000,00 morti prodotti dal capitalismo nel corso del ventesimo secolo, come contabilizzati ne "Il libro nero del capitalismo". Sono molti gli animali che mutano le loro abitudini per via delle trasformazioni dell'habitat e gli scienziati Usa hanno decretato l'inizio della sesta estinzione sulla Terra, la prima provocata dall'uomo e non da eventi naturali. Ma nessuno, al governo e neppure all'opposizione, dimostra di essersi accorto di quanto sopra riportato e che l'Africa sta implodendo per la fame e l'AIDS, mentre il mondo sta esplodendo per la rivolta di ben oltre mille e settecento milioni di mussulmani contro la fame, lo sfruttamento, il capitalismo globale e l'imperialismo yankee. Ora poi che il Capo di stato maggiore dell'Inghilterra ha dichiarato :"Meglio andare via dall'Iraq, con noi in Iraq stanno peggio. È meglio per tutti se torniamo a casa" non resta che vedere cosa faranno i nostri bravi e volenterosi ministri D'Alema e Parisi, tanto felici di avere avuto l'occasione di accodarsi a guerre, già perdute in partenza o di lasciare ai posteri l'ardua sentenza, aspettando impavidi che tutto ci crolli addosso come nel 1940/ 1945 e questa volta in maniera infinitamente peggiore!

Il generale Richard Dannatt, capo di stato maggiore britannico, Victoria Cross in giovane età, quindi un uomo che non difetta certo di coraggio, essendosi guadagnata la più alta decorazione militare in un paese dove non accade, come da noi, che l'equivalente a medaglia d'oro si regali anche a chi sia stato tanto sfortunato da farsi ammazzare da fuoco amico, circolando di notte in un' automobile, abbia criticato apertamente l'invio di soldati in Iraq, dicendo in un'intervista esclusiva al Daily Mail : "La nostra presenza ha esacerbato i problemi di sicurezza".
Il comandante in capo dell'esercito britannico invita Usa e Gb a "lasciare presto l'Iraq" "Per ragioni geopolitiche oltreché militari". "Non dico che le difficoltà che stiamo incontrando nel mondo sono causate dalla nostra presenza in Iraq, ma senza dubbio la nostra presenza le ha esacerbate". Parole che suonano come una "critica devastante". Così il Daily Mail introduce l'intervista alle scelte fatte dal Governo laburista e dal premier Tony Blair.
Il generale Dannatt ricapitola gli anni in Iraq e accusa: "Credo che la storia dimostrerà che la progettazione di quanto avvenuto dopo i successi iniziali nella guerra è stata scarsa, probabilmente basata più sull'ottimismo". L'intenzione originaria, prosegue, "era che avremmo messo in essere una democrazia liberale che fosse di esempio nella regione, filo-occidentale e con effetti benefici per l'equilibrio in Medio Oriente. Questa era la speranza. Se fosse una speranza sensata o ingenua. Lo giudicherà la storia".

 
"Siamo in un Paese musulmano e il modo in cui i musulmani vedono gli stranieri è alquanto chiaro",continua Dannatt. Il generale, in un ragionamento a tutto campo sulla "minaccia islamica" e sul "vuoto di valori" nella società britannica, mette in guardia sulle ripercussioni che l'intervento militare in Iraq potranno avere anche sulla sicurezza interna.
Da noi invece tutta la nostra burocrazia militare tace e manda a uccidere e a morire i nostri "operatori di pace"!


Dovendo arguire che ancora "Ci troviamo per una volta, davanti, - com'ebbe a scrivere Gobetti, in un'altra situazione similare - il blocco completo dell'altra Italia, l'unione confusa di tutte le nostre antitesi.. la sintesi, spinta alle ultime inferenze delle storiche malattie italiane: retorica, cortigianeria, demagogia, trasformismo." E stupidità ed autolesionismo estremo, si potrebbe aggiungere!
"I partiti di massa si sono dimostrati inferiori alle loro funzioni." "C'è un solo valore incrollabile al mondo: l'intransigenza." "Dovrà ineluttabilmente l'Italia rimanere condannata a questi costumi anacronistici e cortigiani? O le forze della nuova iniziativa popolare e di ceti dirigenti incompromessi riusciranno a dare il tono alla nostra storia futura?"


Poiché "faber est suae quisque fortunae" ( ognuno è artefice del suo destino) per evitare di essere contati, insieme ai nostri figli e nipoti, se qualcuno sopravvivrà abbastanza per farlo, tra i miliardi di morti che il capitalismo produrrà nel XXI secolo, in questo, nel secolo nel quale viviamo, occorre levarci in piedi e combattere, con tutta la nostra intransigenza, intelligenza e coraggio, con le unghie e coi denti, ora, prima che sia troppo tardi, se non lo è già! Una illustre vittima del fascismo, Antonio Gramsci, ci ammonì "La storia insegna ma non ha scolari"; se così fosse anche questa volta, a causa della nostra persistente, stolida, autistica insipienza e codardia, potrebbe essere, anzi sarà di certo l'ultima!

 
Sant'Agostino, così si interrogava nel suo trattato: "De civitate": " Se si abolisce la giustizia che cosa sono gli Stati se non grosse bande di ladroni?"


L'Onu nel 1991 dette il suo beneplacito al primo atto di guerra degli imperialisti yankee ed europei per la prima guerra del Golfo, approvando e gestendo l'embargo ai danni della popolazione irachena con milioni di morti, soprattutto tra i bambini; ha sostenuto l'invasione statunitense di Haiti, ha gestito militarmente l'invasione della Somalia nel 1992, ha avallato l'intervento della Francia in Ruanda, ha gestito un intervento militare iniquo nei confronti dell'ex Iugoslavia, riconoscendo la Croazia di Tudjman, colpevole di gravissimi crimini contro le minoranze, servendo l'Onu da copertura dell'espansionismo dei paesi capitalisti e dei loro complici sovietici, dopodichè le potenze europee hanno cooperato nel finanziamento delle missioni coloniali ed hanno aperto nuovi scenari di guerra.


Il capitalismo significa sempre guerra, distruzione, miseria e morte; solo con l'annientamento, non certamente con mezzi pacifici, del sistema capitalistico l'umanità può essere liberata dallo sfruttamento e dalla morte.


Esiste una piena continuità tra l'operato del primo Governo Prodi, di D'Alema, quello di Berlusconi e l'attuale di Prodi; le nostre spese militari sono costantemente lievitate, arrivando a 27,8 miliardi di dollari nel 2.004, praticamente il costo di una finanziaria, come documenta lo Stockholm International Peace Institute e l'Italia spende per la difesa 484 dollari pro capite, mentre la Germania 411, il Giappone 332 e il Canada 377, e noi, con spudorata faccia tosta limitiamo, indiscriminatamente, tutte le spese sociali e medicinali anche per gli indigenti!
Nel novembre 2005, alla vigilia delle elezioni politiche, i DS promovevano un convegno in cui intervenivano , oltre a Fassino e a Marco Minniti, l'allora ministro della difesa Antonio Martino, il capo di stato maggiore della difesa Gianpaolo Di Paola, il segretario generale delegato Nato Alessandro Minuto Rizzo e l'amministratore delegato Fincantieri Giuseppe Bono. Lo scopo del convegno era quello di tranquillizzare le Forze Armate sull'impegno del futuro governo a destinarle cifre idonee alla loro funzione nel mondo.


Attualmente l'Italia è impegnata in 29 missioni militari, in diverse parti del mondo, con l'impegno di oltre undicimila soldati, il ministro della difesa Parisi rispondeva a Repubblica del 9 settembre . "se vogliamo rappresentare il nostro paese per quello che è non possiamo tirarci indietro e dobbiamo rispondere agli appelli per la pace nel mondo come fanno da sempre Francia, Gran Bretagna e Germania."


Poi, nei giorni scorsi, a El Alamein, lo stesso Parisi ebbe a dire: "Si può morire da giusti per una causa sbagliata e viceversa. Non si può fare carico delle scelte di allora a giovani che avevano 21 anni."

Nel contempo la mafia, la criminalità comune e politica, i "padroni del vapore" ingrassano e spolpano i diseredati, mentre si disserta di Dio e tutti i furbetti, i furbastri ed i furbacchioni sono benedetti, in barba a San'Agostino ed al buon Gesù che, secondo i Vangeli, predicò "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli." e "Beati gli ultimi perché saranno i primi."

 
Mio Padre, mazziniano ed agnostico, il giorno prima di affrontare la sua atroce morte, mi disse anche: "Se Gesù apparisse in Vaticano sarebbe crocefisso di nuovo, forse a testa in giù, come San Pietro."

 
Ora cosa accadrebbe al buon Gesù, se riapparisse tra noi, quando in tempi più feroci e meno leggiadri, ai quali si riferiva mio Padre, a volte rincorrendo a versi sia pure imperfetti, cercava di educarmi, i ladri, ed anche i galantuomini e persino i bambini e le donne gravide le attaccavano alle croci, mentre ora , in tempi meno feroci e più leggiadri, le croci le attaccano al collo dei ladri?

 
E noi, uomini e donne normali, ci meriteremo l'invettiva che Pier Paolo Pisolini diresse ad un italiota del suo e del nostro tempo: "Lei non ha capito niente perché è un uomo medio. Un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista" oppure sapremo cacciarla, con ogni mezzo, costi quel che costi, nelle fauci di chi di ragione ed ai quali spetta?
Noi abbiamo sofferto la piaga del riformismo, avvalorando l'idea dominante della borghesia circa la neutralità dello Stato e della democrazia nei conflitti sociali, respingendo il concetto che "ogni stato essendo lo strumento di oppressione di una classe sull'altra" (Lenin) e va "spezzato" (Marx) per sostituire alla dittatura della borghesia la dittatura del proletariato, cioè della stragrande maggioranza contro l'infima minoranza borghese .
Guido Neppi Modogna nel suo libro: "Guerra di Liberazione e giustizia penale dal fallimento dell'epurazione al processo alla Resistenza" rileva:


"La scelta di ricorrere allo strumento delle amnistie per sanare la contraddizione tra la continuità dell'ordinamento giuridico preesistente e l'esito vittorioso della guerra civile ha reso invece particolarmente grave l'avere attribuito alla magistratura ordinaria la competenza ad applicare i provvedimenti di clemenza; magistratura che, per la sua formazione culturale, era necessariamente portata a privilegiare tra i due poli della contraddizione il valore della continuità dell'ordinamento giuridico ereditato dal regime fascista ed a misconoscere la portata rivoluzionaria della guerra civile. Quei giudici la guerra di Liberazione non l'avevano combattuta; l'avevano subita ed erano quindi propensi a rimuoverla come una fastidiosa parentesi."
"Come è noto per la punizione dei reati di collaborazionismo con il tedesco invasore vennero predisposti una legislazione speciale e specifici organi giudiziari, le Corti di Assisi Straordinarie.
È altrettanto noto che il capitolo delle sanzioni contro il fascismo si risolse in un sostanziale fallimento, propiziato dalla mancata epurazione della magistratura e dal ruolo svolto dalla Corte di Cassazione nel vanificare le corti di assise di primo grado. Qui peraltro importa soprattutto mettere in rilievo che per la repressione del collaborazionismo venne operata la scelta di politica legislativa di apprestare leggi e organi giudiziari speciali al fine di adeguare gli interventi giudiziari alla realtà della guerra civile che aveva visto lo scontro tra le brigate nere della Repubblica di Salò, le formazioni partigiane e le popolazioni civili vittime delle barbarie nazifasciste.
Nei confronti dei partigiani non venne invece approvata alcuna specifica disciplina legislativa, né per legittimare le azioni commesse durante la guerra di liberazione ed immediatamente dopo la sua conclusione, né per la repressione dei reati eventualmente commessi nel corso della guerra civile. Il problema venne abbandonato- se così si può dire- al diritto penale comune, cioè al codice penale Rocco del 1930, ed agli organi della giustizia ordinaria, cioè ai giudici che si erano formati durante il fascismo e non erano poi stati epurati dopo la caduta del regime. Si verificò, in altre parole, un caso emblematico di continuità delle leggi e degli apparati e degli uomini tra il regime fascista e l'ordinamento repubblicano."
Quindi una dichiarazione del giudice Alessandro Galante Garrone, in un suo scritto: "Il fallimento dell'epurazione è stato un fattore fondamentale di quell'altro fenomeno che è stata la corruzione. Tutto si lega e l'enorme lavacro che speravamo non c'è stato."
Il Presidente emerito Francesco Cossiga ha dichiarato: " È stata rovinata una generazione. Il terrorismo aveva origini nella Resistenza, nella delusione dei giovani verso il PCI. Se non ci fosse stato il compromesso storico PCI/DC le Brigate Rosse non sarebbero nate."
Non solo la mia generazione, ma la seguente e quelle che verranno, dovranno farsi carico del nostro insopportabile coacervo di infamia durante la dolorosissima e certamente sanguinosissima via crucis che seguirà fino alla sperabile, ma non affatto certa, catarsi!
Non pochi di noi partigiani intendevamo "dare l'assalto al cielo", quasi nessuno di noi avendo compreso che con quei fottutissimi "padri della patria" che ci ritrovavamo non avremmo potuto assaltare neppure un Vespasiano, esattamente come ora: basti porre mente a cosa è accaduto con gli yankee a seguito della morte di Callipari che rifiutano al nostro "sgangherato" Governo di consegnargli il loro soldato che lo ha abbattuto per giudicarlo ed il nostro "santissimo" Governo che a sua volta non ha sollecitato un qualsiasi pubblico ministero, a seguito della battaglia dei ponti a Bagdad, di procedere, a norma di legge, contro quel nostro soldato che comandò ad un suo collega di annientare un insorto ferito ed a terra e nemmeno contro colui che adempì a quella criminale insistenza, come tutto il mondo ha potuto udire dalle televisioni e dai giornali, dato che, almeno attraverso "la Repubblica", fu possibile udire quello nostro sempiterno sconcio e vergogna.


La classe politica vuole conservare i propri privilegi in un Paese che sta perdendo tutto, destra e sinistra sono ora alla pari e se gli Italiani non se ne accorgeranno subito tutto sarà perduto e nemmeno la dignità sarà salva!

  
Bertinoro. 30 ottobre 2006

Umberto Fusaroli Casadei  grande invalido della guerra di liberazione e combattente contro il colonialismo in Africa


 

 

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