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        IL CAMAJAN
          
        Essere “camajan” non 
        si realizza solo per numerosi viaggi a Cuba effettuati. E’ come un 
        vestito che indossi ma che non puoi comprare; te lo cuciono addosso 
        (sempre che tu ne abbia le caratteristiche) i cubani e le situazioni 
        della vita. Tu non puoi (o puoi) volerlo ma devi, eventualmente subirlo. 
        Italiani camajan non ne 
        conosco molti…forse, un paio, ma non di più.  
        Il camajan è quello 
        straniero inserito nella sfera cubana che dai cubani ottiene rispetto, 
        attenzione e considerazione. Il mio amico camajan è uno che vive la vita 
        come un chulo, sempre proteso alla ricerca dei soldi (in modo principale 
        la sua fonte viene alimentata dai turisti ma non disdegna affatto quella 
        proveniente dalla popolazione autoctona) che lo mettono nella condizione 
        di vivere la vita che gli aggrada. Il mio amico è così habanero (vive in 
        un quartiere periferico della capitale) che non lo distingueresti da un 
        cubano di Centro Habana. I suoi gesti, il suo abbigliamento, la 
        padronanza di cui dispone, lo mimetizzano con la fauna locale, con la 
        quale interagisce da pari. Anche lui a caccia di opportunità per 
        guadagnare la sua fetta di ricchezza (non per essere ricco ma solo per 
        consumare il capitale) è sempre disponibile alle esigenze altrui. Aiuta 
        i turisti italiani in difficoltà e chi ne fa richiesta, sendendo loro 
        sigari comprati di contrabbando, ron, donne e quant’altro offra 
        l’immenso panorama della borsa del commercio nero cubano. 
        Ha i suoi punti di 
        riferimento, le sue giuste maniglie per aprire le porte necessarie e se 
        non in prima persona, coltiva nel suo giro di relazioni, l’amico giusto 
        al posto giusto. 
        Può procurarti la 
        mulatta non professionista a 30 dollari a notte dalla quale se ne farà 
        dare 10 a mo di commissione e se la singherà pure e gratis quando 
        occorre. Venderà puros a 50$ la scatola, guadagnandone 30. Affitterà la 
        casa dei suoi amici cubani, prelevando 5$  a notte come suo guadagno. Ma 
        sarà carino, disponibile, amichevole ma soprattutto leale. Infatti, la 
        sua è la logica della fidelizzazione del cliente. Non ragiona come un 
        chulo cubano che vive sul riciclo della clientela e, quindi, non ha 
        scrupoli nello spremerla brutalmente per ricavarne il massimo. Il 
        camajan ha come sua filosofia di vita, il fatto ci tenere bene a mente 
        che un cliente è un cliente e come tale va rispettato e coccolato, 
        suggerendo allo stesso delle “dritte” calibrate in modo da convincerlo 
        del fatto che a Cuba, ha trovato un amico-guida-assistente che sarà a 
        sua disposizione anche per una futura visita. Il confine fra la 
        fidelizzazione e l’amicizia è ben marcato ma solo dalla parte del 
        camajan che, astutamente, cancella sin da subito ogni possibile 
        coinvolgimento che possa ledere i suoi presenti e futuri interessi. 
        Il nostro vate 
        spirituale, è ben inserito nell’intreccio cubano dei traffici e dei 
        servizi, conoscendo le risposte alle varie domande e risolvendo ogni 
        esigenza. Le jineteres e i chulos lo individuano dal suo modo di parlare 
        e di proporsi. Lo incontrano spesso (d’altronde anche la loro loggia 
        massonica frequenta gli stessi posti) e lo rispettano profondamente come 
        straniero ormai cubanizzato a tutti gli effetti. 
        Il camajan, certo, non 
        è onnisciente ed anche lui, ad un certo punto, deve passare la mano in 
        una sorta di alleanza, ma mantiene sempre il contatto con l’affare. 
        Conoscere un camajan è 
        raro ed è anche un privilegio, nonché particolarmente utile in 
        determinate circostanze. Infatti, pur guadagnando da qualsiasi fonte, il 
        camajan mette il turista nella condizione di ottenere quello che 
        desidera e al meglio di qualsiasi condizione presente, evitandogli 
        sonore fregature. 
        Non è praticabile una 
        indagine sui camajan presenti sull’isola perché vanno e vengono senza 
        sosta. E se ci sono, non li riconosci. 
        A volte scambi un 
        italiano che conosce bene Cuba per uno di loro e, magari, questi ama 
        pure farsi passare per camajan…ma l’apparenza, inganna. Non basta essere 
        abbronzati, indossare un paio di collanine, vestirsi da Corto Maltese e 
        fumare Popular senza filtro, per essere un camajan. 
        Il vero nostro uomo, 
        può anche vestire alla Corto Maltese oppure casual, oppure all’italiana 
        o in una mezcla di stili…si farà riconoscere lui se ne avvertirà la 
        necessità e non ti dirà mai “Ciao, io sono un camajan” ma ti condurrà 
        per mano, quasi elegantemente, sopportando le tue ingenue fantasie (per 
        te vitali ma a lui ininfluenti), dove trarrà il suo profitto che lo 
        metterà nella condizione di continuare a fare il camajan, bevendo ron y 
        Bucanero fuerte, bailando toda la noche, singando chicas mulata, 
        triguena y rubia per alzarsi la mattina seguente senza rimpiangere la 
        sua terra d’origine ed il traffico.Starà comodamente stravaccato  al bar in compagnia dei suoi amici e 
        complici cubani, a ridere e a scherzare sull’ultima chica conosciuta la 
        notte prima, mentre sorseggia l’ennesimo mojito della giornata: tanto 
        che gli frega, lui a casa, ha il Maalox lasciatogli in regalo 
        dall’ultimo turista conosciuto.
 
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