RACCONTI SU CUBA


 


 

GUEVARA

 

Torno a Cuba dopo la scoperta dei resti del “Che”. Quando appresi la notizia in televisione, mi riproposi di effettuare, durante un successivo viaggio sull’isola, una sorta di pellegrinaggio atto a rendere omaggio al guerrillero eroico.

Dopo aver srotolato i circa 260 km. di Carrettiera che separano il Mausoleo dalla capitale, giungo a Santa Clara, memorabile sede storica dell’ultimo atto della rivoluzione cubana, avvenuta proprio sotto la regia di Guevara.

Il Mausoleo non è come altri monumenti, triste…tutt’altro. Nell’enorme piazza antistante, una curata vegetazione vivacizza il luogo e fa superare anche i due cartelloni di stampo “slogan-socialista’ che incorniciano la piazza.

Solo per il fatto di trovarsi a due passi dalla spoglie mortali del Che, si avvertono una serie di sensazioni presenti nel nostro immaginario collettivo.

Il Monumento, che vede il Che in plastica posa e che non lo raffigura molto precisamente, fa comunque imperare l’idea di immortalità raggiunta dalla sue effige.

Dopo un garbato ma attento controllo, posso finalmente varcare la soglia del Mausoleo entrando per una porticina di legno chiaro intarsiato, all’interno di una grande camera rettangolare dal basso soffitto di legno a cassettoni, da dove s’irradia una soffusa illuminazione. Di fronte, e per tutta la lunghezza di una parete di marmo lavorato a mosaico, si aprono le nicchie di tutti i compagni delle guerriglia boliviana caduti con il Che.

Su ognuna, c’è il volto scolpito nel marmo, del combattente che è ospitato nella tomba e non importa che, realmente, i suoi resti siano li composti.

Al centro, sporgente rispetto al resto della parete, la tomba di Ernesto Guevara de La Serna, contenente le sue spoglie scoperte solo dopo 30 anni dal suo assassinio.
Al pensiero che lui riposa a pochi centimetri da me, mi fa provare una emozione unica ed indescrivibile, come la piccola stella luminosa prodotta da un minuscolo faretto e che cade a lato della sua lapide.

E sotto lo sguardo vigile della militare verde olivo che assicura protezione al luogo, mi accorgo di avere gli occhi lucidi.

Guevara non è solo l’essenza del mito incarnato e mercificato ma è l’idea dell’uguaglianza, della vita in un mondo fatto da simili per i simili. E’ l’uomo che si è sacrificato nel nome di questa filosofia, annullando i suoi rapporti, azzerando gli innumerevoli vantaggi che poteva avere, partecipando di prima persona in modo attivo agli obblighi imposti dal percorso che aveva tracciato nel nome di una giustizia che non esisteva.

Probabilmente non è stato scevro da errori e limiti. Forse, entrò anche in duro contrasto con Fidel Castro. Sicuramente ha rinunciato a tutto pur di continuare a dare, tutto il suo apporto agli afflitti della terra.

Adesso sono qui, a ringraziare colui che non ho mai conosciuto ma che ha tracciato la strada a milioni di giovani per decenni. E questa sensazione mi accompagna anche durante la visita al piccolo museo annesso dove, in un sobrio scenario, scopro alcuni oggetti ed alcune cose a lui appartenute che soddisfano la curiosità operata dalle mie sensazioni.
Come spiegare quelle foto ingiallite, il ritaglio del giornale anni 50, il suo dispensatore di medicina contro l’asma, la bombilla, il suo basco e lo storico giubbetto che indossava il giorno in cui Korda lo fotografò nella immortale icona che tutti conosciamo?

Grazie Che!

Grazie di avere illuminato il un milionesimo di micron questa insulsa esistenza terrena, cercando di indirizzarci lungo la strada che tracciasti con amore e disinteresse. E, al di la delle barriere politiche dettate dall’ideologia che come religione pone steccati e sputa sentenze, tutti gli esseri umani, guardando i tuoi insegnamenti dovrebbero capire che esiste e sempre esisterà una via di fuga che può essere faticosamente percorsa prima che la globalizzazione annulli le nostre identità.

E sotto il sole cubano, emozionato e rinfrancato, saluto il mio amico il Che, col pugno chiuso in segno di rispetto, omaggio ed amore fra gli uomini.

Hasta Siempre Comandante! 

 

 

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