...SE TI SCRIVO DA CUBA

a cura di Gioia Minuti dall'Avana

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

LIBERTÀ PER OSCAR LÓPEZ  RIVERA E  INDIPENDENZA  PER PUERTO RICO

 

 


Cuba e Puerto Rico sono

di un uccello le due ali,
Ricevono fiori e pallottole
sopra lo stesso cuore

 

Edwin Gonzalez, è il delegato della Missione di Puerto Rico a L’Avana e mi dice: “Io lavoro qui dal 1991 e l’anno prossimo questa missione compirà il suo 50ª Anniversario.  Questa sede di Puerto Rico che si trova a Cuba, con la quale esistono vincoli storici, è la sola e unica ambasciata del Movimento Patriottico portoricano.

Abbiamo uffici nella ONU, ma nulla di paragonabile a questa ambasciata che abbiamo qui, una sorta di riconoscimento  delle autorità cubane ai portoricani che vengono nell’Isola.

Uno dei motivi è la realizzazione di un lavoro internazionale per l’indipendenza di Puerto Rico. Siamo a Miramar, il quartiere de L’Avana  vicino alla zona delle ambasciate e a diverse chiediamo appoggio sul tema della decolonizzazione di Puerto Rico nella ONU.

Il 22 giugno scade di nuovo l’anniversario e sono state approvate già 3 risoluzioni che pongono ben chiaro il diritto internazionale e il diritto di non essere una colonia, riconosciuto dalle stesse Nazioni Unite.

Un altro tema è il riscatto e il rafforzamento del vincolo con il popolo cubano: la destinazione politica non ci ha differenziato o allontanato.

Il prossimo 25 luglio si compiono 117 anni dalla colonizzazione nordamericana, anche se noi da sempre parliamo spagnolo e  siamo una nazione  latinoamericana, anche se ci hanno imposto la nazionalità statunitense e il passaporto degli USA. In tema di nazionalità abbiamo fatto dei passi avanti con un consenso nazionale nel paese.  

In Puerto Rico indipendentemente da come pensa la gente ideologicamente, e a parte coloro che vogliono che si sia uno Stato degli USA, di quel  establishment che ha già più di sessant’anni, esiste un consenso generale che vede Puerto Rico come una nazione, un paese e non una colonia.

Noi abbiamo il nostro Comitato Olimpico riconosciuto internazionalmente e culturalmente parlando abbiamo una presenza nostra di fronte al continente, al mondo, con artisti, cantanti, letteratura ora  e una proiezione nazionale. 

Questo riconoscimento è avanzato in America Latina e dobbiamo segnalare che Puerto Rico è considerato una nazione latinoamericana e caraibica da parte della CELAC, la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi.

La maggioranza dei casi coloniali s’incontrano in America Latina e questo è un tema che va attualizzato  dato che esiste una risoluzione sulla decolonizzazione della ONU.

Ci sono stati passi avanti con i paesi africani ed anche grazie a questo esiste un  Comitato di Decolonizzazione delle Nazioni Unite.

Agli Stati Uniti conviene che Puerto Rico sia una colonia  da un punto di vista commerciale ed economico, dato che il paese è in funzione degli interessi nordamericani.  Puerto Rico sta vivendo la peggiore crisi della sua storia come Stato e socialmente la colonia come tale si è degradata. Tutto il fondo di finanziamento del paese si trova a Wall Street, non in una banca in oro, ma in bonus a 25 o 50 anni. La gente li compra e con questo funziona il governo, a parte gli aiuti federali.

Questo si sopporta anche perchè ci sono molte limitazioni  imposte: come colonia non possiamo commerciare con nessuno se non gli Stati Uniti.

La legge di cabotaggio stipula che si può solamente utilizzare la marina mercantile nordamericana che è la più cara del mondo. Se i dominicani ci vogliono vendere qualcosa, non lo possono fare...  c’è una sorta di blocco e per questo l’85% delle cose  che si consumano si devono importare.

Noi non produciamo niente, nemmeno in agricoltura. 

 

GM: Qual’è la situazione sociale attuale in Puerto Rico?

 

EG: La disoccupazione è al disopra del 21% ufficialmente e il 60% della popolazione vive con gli aiuti federali. C’è una terza generazione che vive di aiuti economici degli stati Uniti,  ai quali ovviamente conviene mantenere questo schema economico. Noi occupiamo il 15º posto come compratori ufficiali degli Stati Uniti dopo il Brasile!

Ma la bandiera dell’indipendenza avanza, con le difficoltà di un paese colonizzato, con l’educazione disegnata per preservare la colonia, con elezioni regolate  come colonia.  Ma il tema nazionale avanza: è il nostro punto forte  come paese, come nazione e per questo ci siamo guadagnati il riconoscimento che siamo una nazione latinoamericana e caraibica ...e i nordamericani lo sanno!

L’impero dice che il tema di Puerto Rico è un problema interno degli Stati Uniti, ma non è così, è un tema coloniale che riguarda tutto il mondo.

È un tema che riguarda le Nazioni Unite, che hanno per questo un proprio comitato, è un tema della lingua.

Andiamo verso i 30 anni da quando è stato dichiarato lo sradicamento del colonialismo, ossia siamo in ritardo di 30 anni!

Puerto Rico è la principale colonia del mondo ed ha una popolazione economica, una lingua diversa e mantiene una grande battaglia in una situazione molto difficile, con timore da  parte di chi vuole aiutare, perchè esiste il ricatto esercitato dagli Stati Uniti, la minaccia costante, perchè non tocchino la loro Puerto Rico.

In un’epoca il 13% del mio paese era occupato da basi militari nordamericane, ma siamo riusciti a  cacciare via la marina nordamericana - con un grande trionfo popolare-  dalle isole di Vieques e di Celebra, e fu il primo consenso realizzato nazionalmente con il Movimento Indipendentista e il Governo Coloniale,  con tutte le correnti ideologiche di Puerto Rico, i religiosi, i sindacati...

È stata una grande vittoria, è stato uno scontro del popolo portoricano contro la marina da guerra statunitense e abbiamo vinto.

 

GM: Parliamo di Oscar López, ingiustamente recluso da 34 anni...

 

EG: “Nel caso di Oscar López Rivera, il nostro prigioniero politico, abbiamo un forte consenso  ideologico.  Noi abbiamo avuto molti prigionieri politici, ma lui è recluso da 34 anni e ne ha 72.

Abbiamo il consenso di tutti i governatori delle istituzioni coloniali e lo stesso governatore della colonia lo ha visitato in carcere a nome di Puerto Rico, non solo personale.

Inoltre abbiamo ottenuto il consenso per la scarcerazione di Oscar dei tre congressisti di Puerto Rico negli Stati Uniti  e lo stesso Caucus Ispanico del Congresso USA, che ha accesso a Oscar, ha dichiarato che si deve studiare il suo caso.

Oscar aveva ottenuto un indulto nel 1999, ma non lo accettò perchè non era prevista la liberazione dei suoi compagni di prigionia.

Ora sono passati 15 anni e tutta  Puerto Rico vuole che Oscar torni a casa.  È stato 12 anni in isolamento e la nipotina lo ha conosciuto attraverso un vetro.     

Lui è molto vincolato a quello che accade a Puerto Rico e se uscirà di prigione, come vogliamo  tutti, si vincolerà nuovamente al movimento indipendentista.  È in buona salute e si mantiene forte.

 Oscar è stato recluso per quattro anni e mezzo nella stessa cella con Fernando González, uno dei Cinque eroi cubani che sono già tutti liberi in Cuba e partecipano attivamente alla battaglia per la sua liberazione.  

Il caso di Oscar è il consenso politico più grande conseguito dalla nazione portoricana nella sua storia.


DI DOVE SONO I CANTANTI?

 

 

• Una famosissima canzone cubana chiede nel ritornello “Mamà, di dove sono i cantanti?”, frase che si applica in molte occasioni per capire “a chi conviene”.

Pochi giorni fa ho riso per il titolo di un articolo che sosteneva che “Cuba è piena di americani”.  Certo che sì! Cuba è un paese americano, anche se molti non lo sanno (pare) e fanno anche i giornalisti...

Gli americani,  nelle bocche e nelle penne di molti, sono solo gli statunitensi, lo sappiamo, ed è un problema di superficialità più che di ignoranza, forse.

Gli “errori di superficialità” con Cuba però sono quasi infiniti, e impediscono non solo di scrivere la verità sull’Isola e sulla sua realtà, con pregi e difetti, ma anche d’informarsi su quel che succede, di riferire le notizie come sono, di riferire la semplice realtà...

Anni fa c’era il problema della “libreta”, la tessera annonaria diciamo, (che esiste ancora). Non c’era un giornalista straniero che potesse riferire quali e quanti erano - e sono - i prodotti apportati a prezzo politico. Non c’era verso.

È solo un problema di precisione di una notizia che non ha segreti, è cosa pubblica. E invece no. Nemmeno con la povera “libreta” c’era modo di leggere come funzionava davvero questo servizio alla popolazione.

Ora, tre dei Cinque sono stati finalmente liberati, riempiendo di gioia tutta Cuba. La stragrande maggioranza dei cubani ha pianto vedendoli arrivare,  provocando una commozione liberatrice dopo sedici anni di ingiusta reclusione in condizioni terribili con mesi e mesi d’isolamento.

A Miami hanno reagito male ma era assolutamente prevedibile.

Questi Cinque uomini che sono Cinque Eroi, hanno combattuto il terrorismo contro Cuba - e non solo – e sono emblematici: non sono “spie liberate in cambio di “ e tanto meno sono stati scambiati con Alan Gross.

Alan Gross è davvero un agente segreto che veniva  a Cuba con l’obiettivo di    destabilizzare una nazione che si è guadagnata l’ammirazione e il rispetto del mondo, perchè mantiene il progetto politico sociale scelto dal suo popolo, ed è stato liberato per ragioni umanitarie.

Un’altro detenuto in Cuba è stato liberato scambiandolo con quei tre dei Cinque ancora ingiustamente reclusi, e non se ne fa il nome, ma è un fatto noto...bastava leggere i giornali per saperlo.

Chi vuole conoscere davvero Cuba e non venire nell’Isola a cercare elementi negativi, “le vergogne di un paese”,  deve pensare prima di tutto che  le famiglie cubane “normali” che sono la stragrande maggioranza,  vivono come in tutto il mondo, portano i bambini a scuola, vanno al lavoro, tornano a casa e fanno la lavatrice, vanno al mercato, guardano la televisione la sera, e magari arrivano con difficoltà alla fine del mese... e non frequentano i turisti, non li cercano, non fanno parte della loro vita a parte casi causali di amicizia.

Perchè si insiste a scrivere che a Cuba all’alba per le strade ci sono solo gli ubriachi, “i busca vida” come si dice in cubano, a caccia di turisti, gli intrallazzatori, le prostitute...

I lavoratori che si alzano all’alba, i professionisti d’alto livello, un popolo che si guadagna la vita come dipendente o in modo autonomo, sono la realtà di quest’Isola che resiste e combatte una battaglia che dura da più di mezzo secolo, spietata, che vuole abbattere la Rivoluzione con la fame e la miseria e che avanza, con fatica, ma avanza, lentamente, ma se si fanno i paragoni, molto meglio di molti paesi ricchi e industrializzati, senza bambini o anziani abbandonati, con la scuola, la salute, un tetto e la tranquillità sociale, tutto gratis per tutti.

Cuba ha scelto la sua strada e avanza, nonostante tutto che le hanno imposto con la legge del più forte, ma non della ragione.

Barack Obama ora ha fatto delle promesse, ma niente è cambiato: il blocco è lì, più duro che mai, con tutte le sue Leggi criminali,  la Ley de Ajuste assassina è lì, le proibizioni di viaggio sono sempre valide, le multe alle banche che effettuano operazioni con Cuba sono sempre vigenti.

E i cubani non sono tonti e non pensano, come alcuni scrivono, che Cuba domani sarà Bengodi perchè sarà invasa dai ricchi americani...

E tanto meno i giovani cubani aspettano con ansia le sigarette degli USA che ci sono sempre state o gli hamburger, così comuni...

Ricordo la falsa indignazione di una giornalista di fronte a dei biscotti fabbricati in Messico, con la marca statunitense. “Oddio, e la Rivoluzione non fa niente?”, diceva, roteando gli occhi e facendo la scandalizzata.

Questa sciocca ipocrisia deriva forse dalle frustrazioni di chi vuole imporsi come un  maestro della democrazia e della libertà, ma sotto sotto sa che sta dicendo un mucchio di scemenze?             

All’estero si danno grandi spazi a personaggi negativi che a Cuba sono quasi sconosciuti e non per mancanza d’informazione, ma per vero disinteresse. Sicuramente non tolgono il sonno a nessuno.  

Nell’Isola, chi vuole contare dev’essere utile alla comunità, deve apportare, lavorare, insegnare, criticare anche, ma far parte della società.

Chi è al soldo del nemico  non interessa, semplicemente, e non provoca terremoti.

È evidente che ora le spade si affilano da parte di coloro che vedono, per una possibile nuova relazione tra gli USA e Cuba, svanire i loro denari, molti più di 30... I detti dissidenti, che sono agenti al soldo di un governo straniero, hanno molti diritti nell’Ufficio d’Interesse degli USA, come l’uso dei media di trasmissione più moderni, tra le molte facilità, diciamo. E sono proprio gli USA che non permettono a Cuba  l’utilizzo dei cavi sottomarini, obbligando all’uso dei satelliti con tutti loro limiti.

Obama ha promesso un’apertura in questo settore.  Stiamo a vedere...           

Dispiace leggere articoli in cui si parla della “Cuba vera”, quella con le case devastate... ma di cosa stiamo parlando? 

Una volta i comunisti dovevano avere le pezze sul didietro, si diceva, sennò erano falsi comunisti...  Adesso la “Cuba vera” dev’essere quella con le case che crollano?  

Se chi ha scritto questo conoscesse un pochino Cuba, non si sarebbe mai permesso di affermare simili e povere menzogne.  

La Cuba vera è quella rivoluzionaria che vive e lavora, che costruisce e ricostruisce le case, vedi Santiago,  si sviluppa ed ha un esercito di professionisti in tutto il mondo, esempio di solidarietà e amicizia tra i popoli. 

La “Cuba vera” è quella che resiste da più di mezzo secolo al blocco, che sa ridere e correggere i suoi errori, che ha un governo che è andato a ricevere i suoi Cinque Eroi, che canta nelle piazze delle periferie con Silvio, che studia e ha un numero di laureati superiore a quello di molti paesi ricchi e sviluppati.

Che da esempi al mondo intero in molti settori, dalla biotecnologia, all’ educazione.

La “Cuba vera” è un paese di persone piene d’orgoglio e capaci, esemplari,  e chi scrive articoli su Cuba per qualsiasi  giornale del mondo e in qualsiasi lingua, dovrebbe prima di tutto ricordarsi di tutto questo. •             


L’AVANA È PIENA DI AMERICANI!

• La comicità esilarante di un titolo involontariamente - spero – comico: “L’Avana è piena di americani... mi ha fatto ridere di prima mattina.  E ci credo che la capitale di Cuba è “piena di americani!”...

Cuba è in America, anche se molti in verità non lo pensano. A quanto pare “gli americani”, con i “nostri” dei films western di una volta, per molti italiani sono solo gli abitanti di New York, Washington, forse della Florida e di Miami in particolare, per una serie di motivi non esattamente nobili.  Cuba però è davvero in America e i cubani sono davvero americani! 

I gringos, gli yankees come vengono chiamati nei paesi dell’America Latina,   sono semplicemente statunitensi, nemmeno nordamericani, perchè nel nord del continente c’è il Canada. 

E con L’Avana piena di americani, l’embargo non è mai stato un problema, diceva va quel titolo di un grande quotidiano italiano, “fuggito rapidamente da Internet la mattina presto di sabato 20... e non ricercato, lo confesso, per mancanza d’interesse.  

Il Blocco, che non è un “embargo”, è una durissima realtà ribadita e accentuata da tutte le amministrazioni degli Stati Uniti.   È vincolato a Leggi come la Torricelli e la Helms Burton, che sono veri attentati ai diritti umani del popolo cubano. 

Il blocco, che non è un embargo, ha portato molte sofferenze a quel popolo cubano che Obama ha tanto nominato nel suo lungo discorso manipolatore, quel popolo, ha detto, che gli Stati Uniti vogliono tanto aiutare...

Ha parlato come un buon padrone che se ti porti bene ti fa delle concessioni. Ma in realtà gli Stati Uniti si sono auto isolati negli anni e Cuba è più in alto che mai nella considerazione internazionale, realtà sostenuta e ribadita da moltissimi governi.   

Obama ha commentato: “Abbiamo  accolto con beneplacito la decisione di Cuba di offrire un maggior accesso a Internet ai suoi cittadini e continuare ad incrementare l’impegno con le istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e il Comitato Internazionale della Croce Rossa che promuovono valori universali, ed ha aggiunto: “Non mi faccio illusioni rispetto ai continui ostacoli alla libertà che il cittadino cubano comune dovrà affrontare ancora”.

Cuba è uno dei paesi più apprezzati e stimati dalle agenzie internazionali e regionali della ONU,  basta leggere i rapporti di UNICEF,  la FAO, la OMS, etc.  Cuba è esemplare per la sua solidarietà e cooperazione e chi vieta l’uso dei cavi sottomarini per le connessioni in Internet sono proprio gli Stati Uniti.

Ben vengano migliori relazioni tra i due paesi e magari si aggiustassero davvero le relazioni, nel totale rispetto della sovranità e dell’autodeterminazione. 

Magari si potessero realizzare esportazioni e importazioni a beneficio dei due popoli, magari le famiglie si potessero incontrare senza passare per quel calvario  delle interviste e del detto “bombo”.

Ben vengano, grazie presidente Obama, le nuove concessioni  per le rimesse e per altri settori, ma se lei avesse detto solo qualche parola di scusa ai cubani per tutte le sofferenze inferte in tutte questi anni al popolo di Cuba, dal trionfo della Rivoluzione, lei avrebbe ricevuto l’affetto e la gratitudine di un popolo che sa volere bene e lo sa dimostrare, il popolo di Cuba stima il popolo nordamericano che patisce per moltissime restrizioni che lei non riconosce, ma che sono molto evidenti e screditano il suo paese e parte delle sue dichiarazioni.

Chi crede ancora più nel sogno americano come lo si intendeva anni fa?

Se si legge tra le righe il discorso del presidente  Obama, si incontrano i gravi problemi della società statunitense.  Obama non riconosce il Governo di Cuba,  ma ha parlato con Raúl, perchè il suo Governo era ormai assediato da critiche sempre più forti a proposito della politica mantenuta contro Cuba, da una movimento internazionale che condanna le azioni degli Stati Uniti, le guerre degli Stati Uniti, la prepotenza e la smania di  dominio degli Stati Uniti.

“Dopo tutto questi cinquant’anni hanno dimostrato che l’isolamento non ha funzionato . È ora che adottiamo una nuova messa a fuoco” ha dovuto ammettere.  Comunque  se verrà il segretario di Stato John Kerry, che ha rilasciato dichiarazioni molto oneste, questa piccola Isola coraggiosa,  brutalmente trattata dal suo grande vicino del nord, questa piccola Isola, abitata da americani, sarà il solo paese del mondo che accoglierà un alto dirigente degli Stati Uniti senza grida di sdegno e cartelli di condanna contro la loro cupola.    

I Cinque sono tutti insieme qui nella loro Patria, con le loro famiglie  e tutta Cuba ha espresso la sua grande felicità per questo assieme ai suoi grandi leaders. Viva Fidel e Viva Raul!           


“QUESTA È CUBA, UN PICCOLO UCCELLO CON PICCOLE ALI, MA DI GRANDE BELLEZZA E DIGNITÀ, CON UN PICCOLO CUORE CHE BATTE VELOCE E CHE NON HA PAURA DI NIENTE E DI NESSUNO...”

 

Un compagno medico. Alberto Petrosellini, iscritto all’Associazione Italia Cuba,  ha scritto al compagno  romano Franco Forconi questa bella e interessante lettera-testimonianza della sua recentissima esperienza cubana.

“Caro Franco, è da poche ore che la carretta del cielo, stipata di balneari più che di viaggiatori attenti, mi ha scaricato a Fiumicino di ritorno da l’Havana; lunghe ore insonni a ripensare, il fuso che confonde, non so se sono mai partito, la confusione, i soliti frastuoni dello scalo, forse ho vissuto un immaginario: il sorriso della gente, la semplicità, la grande dignità anche nella difficoltà del giorno, tutti i giorni, l’affettività dell’amicizia, la serenità del vivere quotidiano nella determinazione, questo è quanto rivivo di quei giorni cubani.

Incredibilmente diverso, forse unico, dal mondo che ho conosciuto, ne ho visto tanto, e a gratis, il padre dirigente di una compagnia aerea, già a 13 anni in giro per l’India, affamata e stracciona, mille religioni e mille caste, le violenze quotidiane, gli avvoltoi si saziano dei resti di tutto, il finto cieco getta sotto le ruote del carro il bambino scarnito per incassare il danno ed assicurarsi un pasto per pochi giorni; ai confini con il Vietnam le nuvole si accendevano dei bagliori del napalm, generosamente somministrato dai liberatori statunitensi, per poi fuggire precipitosamente e vergognosamente, sconfitti più dalla forza della determinazione.

Il furto quotidiano delle risorse, le sette sorelle affamano i popoli d’Africa, forniscono le armi del massacro, una tribù contro l’altra a litigarsi il nulla, ma l’occidente restituisce con le onlus elemosine di falso buonissimo e tutti si mettono l’anima in pace.

Ecco è girando il mondo che ho immaginato un mondo diverso dove il rispetto e l’uguaglianza di tutti restituisca la dignità del vivere.

Studente svogliato, caparbiamente laureato in Medicina , pronto a fare la mia parte, cittadino del mondo, nel ‘68 ho maturato la mia scelta. Ho scoperto ora che quel mondo esiste, per le strade di l’Havana, piene di vita e di speranze, dignitosamente ogni giorno, contenti dell’essenziale, superfluo il nostro stile di vita.

Per venti giorni all’Ospedale della Pradera, un quarto d’ora dal centro, dove, disperatamente curato, moriva Chávez oggi celebrato come un eroe cubano, a fianco dei colleghi, ad imparare da loro una alternativa che aprirà un modo completamente diverso di cura in tutto il mondo, a scoprire nuove ipotesi scientifiche; medici cubani di grande professionalità, di grande cultura, con grande semplicità e grande amicizia, distrattamente uscivano dalla camera operatoria, convinti del loro insegnamento, mi lasciavano solo con il paziente a praticare la nuova tecnica.

Il poco tempo libero in giro per la città con Juan, taxi driver laureato in legge ragionavo di massimi sistemi: San Francesco, il mercatino del porto, il lungomare con le onde dell’oceano che saltano per decine di metri sull’asfalto, i quartieri spagnoli, panni stesi ed un brulicare di vita, di musica, carretti con la frutta di tutti i colori, come Napoli, tutto quello che è possibile si fa direttamente in strada.

Juan accetta senza imprecare contro l’embargo l’ennesima rottura del manicotto dell’acqua, lo aiuto nelle riparazioni, il sedile è sfondato, scomodo, lo sportello non si chiude, lo specchietto si è svitato, un gran frastuono di campanelli quando la maniglia è volata via sull’asfalto, importante recuperarla un’altra non c’e’. Mille razze convivono fraternamente, la loro bellezza viene proprio dalla rimescolanza, maschi molto belli, e le donne, le famose donne cubane, slanciate, vestite con grande decoro e fantasia esprimono una femminilità spesso prorompente di simpatia e d bellezza.

Questo in breve un viaggio a Cuba, caro Franco: un affaccendato colibrì nel giardino di Felix che mi ospitava, assaporava questo o quel fiore indaffarato e frettoloso: questa è Cuba un piccolo uccello con piccole ali, ma di grande bellezza e dignità con un piccolo cuore che batte veloce e che non ha paura di niente e di nessuno.

Un abbraccio Compagnero

 

Alberto.


SE TI SCRIVO DA CUBA SPECIALE CELAC

 

Sono giorni di fuoco qui a L’Avana, per  la stampa locale e straniera accreditata e anche per una parte della popolazione, dato che ci sono percorsi  obbligatori perchè si sta svolgendo il II Vertice della CELAC,  la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi formata da 33 nazioni indipendenti che si riconoscono nel pensiero e negli ideali di Bolívar e di Martí.

La città sarà “presa” da molti capi di Stato e di Governo e anche da diverse prime Dame, che svolgeranno un‘agenda parallela.

Il Vertice d’alto livello durerà due giorni  – il 28 e il 29 gennaio - a Pabexpo,  preceduto dalla riunione dei ministri degli Esteri e da quella dei  coordinatori nazionali.

Cuba è stata presidente nel 2013 e il 29 consegnerà la presidenza pro tempore – ricevuta dal Cile all’inizio del 2013 -  alla Costa Rica.

Saranno presenti anche Ban ki Moon e il segretario generale della OSA, Insulza, come invitato straniero.   Si tratta indubbiamente di una notizia storica, ma la grande stampa italiana ignora tutto questo con un’indifferenza che allibisce.

Ieri un grande giornale  italiano ha scritto che “una Cristina( la presidentessa dell’Argentina) stanca andrà in febbraio anche  ad un incontro di capi di Stato a L’Avana. Un buon esempio di giornalismo preciso e incisivo sicuramente, per non parlare dei criteri sulla persona. 

E mi  chiedo perchè...

Se 33 nazioni, ossia i loro governi, i loro capi di Stato e quindi anche i loro popoli, si uniscono in un blocco regionale che lavora per un’integrazione di ideali, delle economie e dello sviluppo, nel rispetto delle differenze e le diversità, per migliorare le condizioni di vita di milioni di persone in questi tempi di crisi e con dei risultati positivi, vuol dire che si può operare per cerare quel mondo diverso e migliore nel quale crediamo profondamente. 

Questo Vertice ha, al centro del suo lavoro, la lotta contro la fame, la miseria, la disoccupazione, per la pace e senza le armi nucleari. 

La CELAC si consolida  e l’America latina va avanti, con tutte le sue differenze, trovando le soluzioni nei negoziati e nel dibattito pacifico.  Gli Stati Uniti non fanno parte della CELAC  - e nemmeno il Canada - per ovvie considerazioni. 

E sicuramente è quest’ultima la motivazione per cui la grande stampa italiana ignora  la CELAC e quel che succede in una grande parte di mondo. 

Forse se certi giornalai italiani provassero ad essere indipendenti davvero, nei loro articoli s’incontrerebbero idee, notizie, informazioni e sentimenti.

Ma questo evidentemente è meno importante di scandali e manipolazioni e non importa a quanto pare quel che arriva ai poveri lettori, che vengono informati davvero malamente o meglio vengono ben disinformati.        

 


ANDARE DOVE? A CUBA, PER ACQUISTARE UMANITÀ  

 

 

• Nei paesi sviluppati le tentazioni  sono molte, troppe,  e di ogni genere. 

Per questo, come conseguenza ci sono troppi desideri irrealizzabili, che provocano violenze, furti, crimini, appropriazioni indebite, truffe, e altri misfatti del genere  e nei casi “migliori” molti sospiri, frustrazioni, stress, depressioni...

Pochi giorni fa sulla stampa italiana si leggeva di un gruppo di ragazzine, minorenni, che si prostituivano per comprarsi “ capi d’abbigliamento firmati”, e che ricevevano come compenso mensile cifre che molti pensionati sognano dopo una vita d’onesto lavoro e che molti altri, sfruttati, guadagnano con fatica in diversi  mesi...

La bramosia, le necessità create inventate e fomentate da media di stampa spesso ripugnanti - indimenticabile in un giornalino per bambini la frase in rosso, invitante: “ diventa qualcuno, guadagna di più”-, la bellezza contraffatta, e riconosciuta come tale solo con il trucco dell’epoca, i capelli così tagliati, le unghie lunghe così, gli accessori che costano quattro stipendi di un qualsiasi lavoratore, e l’eterno invito, che è quasi una costrizione, per non essere esclusi, a non essere mai se stessi, a non avere originalità,  a non distinguersi “dal branco”, a non avere idee e soprattutto ideali.

La fermezza non è facile da conquistare e soprattutto quando uno è giovane e sta costruendo la propria personalità è quasi inevitabile “cadere”, per far parte del gruppo, essere come il gruppo stabilisce – pena la solitudine se non obbedisci- e fare di tutto per poterlo realizzare, essere come ti ordinano.

A Cuba esiste una realtà sociale e culturale che fa invidia a qualsiasi paese e soddisfa l’individuo che fa proprio lo studio, l’interesse, la storia e gli ideali.

Se uno ci pensa bene, le necessità umane sono soprattutto spirituali, quelle materiali sono comuni a tutti e si potrebbero soddisfare per tutti – magari - con la sola buona volontà dei governi, e lo dice anche la FAO.

Ma l’ultimo rapporto  Oxfam informa che le 85 persone più ricche del mondo possiedono tanto denaro come 350 milioni di poveri. Basta guardarsi attorno per capirlo, e se non si ha il cuore duro per soffrirne.

Il cuore duro è una particolarità dei cittadini dei paesi più ricchi, che possono anche guardare una persona morire sul marciapiede senza muovere un dito.  

Il cuore diventa duro quando non si legge, non si partecipa allo sviluppo sociale, non ci si occupa degli altri, non si fa nulla per costruire quel mondo diverso e migliore in cui molti per fortuna credono e operano per realizzarlo.

Per tutto questo, se c’è una cosa che non capisco è perchè ci sono dei cubani che vogliono andare a vivere negli Stati Uniti, dato che “il sogno americano suppongo sia sfatato da molti anni. Spesso ci sono forti ragioni di riunione familiare, molto comprensibili, e non sono questi i casi che non si comprendono, ovviamente. Ma sono quelli di coloro che possono andare in Florida, a Miami, o in Spagna, a Madrid, che d’improvviso, ( partiti da un paese dove un bambino è il figlio di tutti, dove il vicino è il miglior amico - quasi sempre-  dove la gente è gentile, affettuosa, generosa e colta, dove tutti hanno una casa, cibo e cure, e tutti quelli che vogliono studiano, dove le tue gioie sono quelle di chi ti circonda, anche al di fuori della famiglia. Un popolo che si sa divertire, sa giocare, insegnare, e   dove, in caso di necessità, sono sempre molti quelli pronti ad aiutarti, pur nel mezzo di un mucchio di difficoltà e necessità, per colpa del blocco, della crisi mondiale e i problemi di bilancio di un‘Isola economicamente povera, ma molto ricca di preziosi sentimenti). dimenticano tutto, cancellano tutto, e riescono a guardare con indifferenza i poveri tirati sui marciapiedi e si sentono felici quando “comprano”...

Forse hanno qualche soldo di più, ma perdono il meglio della loro umanità, della condizione di essere umano che condivide con bontà, con generosità, condivide senza egoismo quello che ha.

L’impressione è che l’emigrazione verso gli Stati Uniti e i paesi dell’Europa  è solo una trappola e dovrebbe avvenire il contrario: se molti emigrassero a Cuba dai paesi ricchi, acquisterebbero dei tesori d’umanità che si sfiorano anche trascorrendo magari le vacanze, conoscendo la realtà dell’Isola e non solo i grandi alberghi, e, in particolare, partecipando alle Brigate Internazionali di Solidarietà.  Provare per credere! • 


                                                

 

E SONO GIÀ 21!

 

• Sono venuta a Cuba 21 anni fa, spinta dal fortissimo desiderio di vivere in una società differente da quella europea, seguendo il mito del Che e di Fidel, della Rivoluzione alla scoperta di un’Isola  mitica per molti e anche per me, dal 1959.

E sono rimasta perchè Cuba è davvero il miglior paese del mondo dove vivere.

E non è facile per un europeo “entrare” a far parte della famiglia cubana, non da turista ma da pari...a me dicono “sei già cubana” ma quello che non so è dov’à cominciato il già.

Senza dubbio in quest’Isola si impara molto, soprattutto il rispetto, l’educazione, la mancanza di concorrenza e competizione dure, il senso del dovere anche se apparentemente si conoscono meglio i diritti.

I bambini qui sanno tante cose, ma sono davvero bambini, e fin da piccoli non ci si vergogna dei propri sentimenti, delle proprie malattie, e si ride di tutto, ma  con un’ironia buona e tenera. Il cubano ha un profondo senso dell’ironia che spesso ti lascia spiazzato...

Sono stati anni molto costruttivi per Cuba dall’uscita lenta e faticosa dal periodo speciale, sempre schiacciati sotto un blocco crudele e perverso, stabilito da persone che essendo alla guida del Governo dell’impero più poderoso, volevano - e vogliono-  far arrendere Cuba per fame, malattie e disperazione.

Uno dei ricordi più forti di quegli anni sono le famiglie in bicicletta. I trasporti erano quasi collassati, le automobili non avevano pezzi di ricambio, la benzina era razionata, e per spostarsi le famiglie si muovevano su una sola bicicletta: lui ai pedali, lei dietro con un bambino in mezzo e a volte anche un bambino piccolo in un sedile davanti al padre, e ancora dietro a tutti i pacchetti e le borse. E si viveva e si facevano anche le feste, si ballava, non c’era tristezza.

S’inventavano i rimedi alle infinte mancanze.

Noi avevamo tre cucine: una a gas, per quando arrivavano – giorno benedetto - le bombole, tre per quattro appartamenti. Una l’avevano persa anni prima e non era mai stata rimpiazzata. Poi la cucina elettrica, la più difficile per il consumo e per gli apagones,

La cucina a kerosene era  quella che lavorava di più, ma la più pericolosa.

Le nostre vicine andavano una volta al mese a San Antonio de los Baños - era un viaggio inenarrabile, partendo di notte e prendendo diversi camion - a trovare dei contadini amici e tornavano cariche, con frutta e verdura fresche, prodotti quasi inesistenti nella capitale.

Non dimenticherò mai che mi regalavano sempre un frutto o un pochino di fagiolini perchè, dicevano, “io ero abituata  a mangiare vitamine e non mi dovevo ammalare”.  Al posto arrivavano camion carichi di carote già quasi marce perchè non c’erano frigoriferi. Si salvavano meglio i cetrioli, i cavoli e le barbabietole, ma c’era anche il problema di lavarli, perchè se non c’era la luce non entrava l’acqua e le verdure erano sempre coperte di terra...

Poi le cose sono migliorate, ma i prezzi sono aumentati molto nei mercati...

Ora vendono anche ananas già  puliti e affettati, l’aglio sbucciato, che perde subito il profumo, frutta bella e lucida, che pesa moltissimo su un salario cubano.

In 21 anni ho conosciuto quasi tutta Cuba, con i suoi posti più belli, le città storiche, le tradizioni, la musica , la cultura profonda.

Parlando con un italiano in visita gli ho detto che essere maestro a Cuba pone su una sorta di altare, è motivo d’orgoglio, ho ricordato che Martí era il Maestro, e il rispetto che si porta ai maestri in questa nazione, e lui mi ha guardato e ha fatto dei commenti molto amari.  Non guadagnano più degli altri, ma hanno un’enorme responsabilità e già questo li rende speciali.

L’Italia è lontana da tutto questo: qui si legge e si apprezza il libro “Cuore”, c’è la cattedra Antonio Gramsci, si lodano le virtù e  dedicarsi al benessere e alla crescita della società è un bene grande, non è una costrizione o un sacrificio. 

Il lavoro volontario nel tempo libero, la condivisione fraterna delle cose, della conoscenza,  la comprensione, aiutando a crescere e a migliorare, aiutare ad educare, applicando i principi del socialismo in un paese dove studiare è un diritto gratuito, dall’asilo ai dottorati,  è Cuba. 

Sono stati 21 anni in cui ho avuto l’onore e il grande privilegio di conoscere e parlare con Fidel, Chávez, con Raúl e con Almeida, con tanti ministri e intellettuali, in un paese intelligente e sereno, nonostante la guerra che gli impongono con  tutti i mezzi, capace di difendersi e con tutti gli argomenti della verità.

 Sono stati tanti i momenti di lotta, le manifestazioni guidate da Fidel, le proteste per la aggressioni, per il sequestro di Elián, le ingiustizie, le provocazioni, i crimini contro Cuba, Fabio...

Per un intellettuale  questo è davvero un paese ideale, ma non solo: qui anche i contadini criticano “Madame Bovary”, conoscono la situazione politica regionale e di molti paesi, possono affrontare qualsiasi informazione e quello che quasi tutti i cubani apprezzano molto è conoscere cose nuove, ascoltare pareri diversi, nel rispetto, discutere in modo costruttivo, sentire racconti di posti che non conoscono, la loro storia. 

E qui non si dimentica di certo la storia : gli Eroi e i Martiri fanno parte del quotidiano e non con la retorica, ma per insegnare a  imitarne le virtù, dando l’esempio.          

Kenia Serrano, presidentessa dell’ICAP ha scritto in Facebook che “Gioia Minuti è una cubana nata in Italia”, ed è assolutamente vero.

Mi ha fatto moltissimo piacere e ne sono davvero orgogliosa.

 


COME ERAVAMO: LE VACANZE DI UNA VOLTA...

 

Senza essere Matusalemme, molti - e anch’io -  ricordano com’erano le vacanze di una volta, quando si andava sempre nello stesso paese, al mare,  in montagna o anche in collina, e non si parlava di “bed and breakfast” ma di pensioni generalmente accessibili alla classe media.

Si parlava con molto anticipo delle vacanze, già prima della fine della scuola – se non studi niente mare quest’anno, minacciavano alcuni genitori - e le conversazioni erano costellate da “come starà la signora Pina? Ti ricordi che aveva problemi allo stomaco?  Come no, e sua cognata  aspettava un bambino! Chi sa se è maschio o femmina? Allora  non si facevano ancora le eco per sapere in anticipo... e si ripassavano le conoscenze dell’anno prima.  

E poi c’era la sartina che veniva a casa per i costumi di cotone – non erano elastici  e per qualche capo per le vacanze. 

Le mamme si facevano cucire molti capi e discutevano per giornate con le sarte e le amiche. E finalmente il viaggio,  che era sempre un avvenimento con l’ultima domanda: “Hai chiuso il gas?” e le raccomandazioni alla vicina che avrebbe badato al gatto...  e poi via!  

La pensione a Viserbella era come la casa, la si conosceva sin da piccoli, i cambiamenti erano sempre pochi e ben illustrati dalla padrona – buona cuoca- , una porta più grande, la cucina nuova..  I sapori erano noti e graditi,  c’era sempre qualche ragazzino che diceva “io la lattuga non la mangio” e provocava  rimproveri e litigi,  ma alla fine si soprassedeva...

“Il bagno adesso no che hai mangiato adesso gridavano sempre le mamme e le nonne, che speso non entravano nell’acqua”.  Per fare il bagno in mare  ti portavi la tua sdraio e i tuoi asciugamani,  i bambini stavano sulla sabbia e giovavano lì coi secchielli e le palette. 

Non erano molti quelli che sapevano nuotare.  “ Guarda che sole che c’è!  Mettiti il cappellino!”  Alla  sera: “ Adesso a letto che è tardi” “Ma dai che siamo in vacanza... sembrava tutto un gioco in un mondo diverso, che però era uguale un anno dopo l’altro.   

Seduti nel giardinetto, guardando gli altri villeggianti passeggiare, facendo due chiacchiere piene di buon senso con  gli altri ospiti della pensione che erano quasi vecchi amici,  tutti con la stessa “tendenza politica”, così che i papà non  discutevano, al massimo cercavano di cambiare il mondo.

Le signore invece, che erano quasi tutte mamme,  parlottavano sempre tra di loro di misteri incomprensibili e guardavano di sottecchi i bambini,  abbassando la voce in rari sussurri.

Una volta una mamma, indicando un bambino che passava per il più discolo disse: “Sa già quasi tutto”, e le altre signore scandalizzate portarono la mano alla bocca, mentre io morivo d’invidia per uno che sapeva “quasi tutto” e mi faceva sentire più che mai ignorante.  

Adesso:

ora le valige si devono preparare con straordinaria attenzione.  Forse è meglio comprare quel che serve all’arrivo e poi lasciare tutto lì. Si devono – o meglio è meglio! - mettere i lucchetti,  il blocco numerico, il nailon a quintali orribile e pesante attorno...  

Il bagaglio a mano con tutte le sue proibizioni già serve assai poco... lo uso per le scarpe. Gli aerei sono lì con tutti in fila, tutti seduti, tutti con la luce spenta, la cintura allacciata,  tutti col vassoietto  in mano.  

Poi finalmente arrivi al grande albergo, enorme, che ha abitazioni per quasi mille ospiti.  Ti mettono il braccialetto, ti danno le schede-chiave per la tua stanza bella e spaziosa. Le stelle sono cinque disegnate all’ingresso. Tutto è compreso. 

Gli alberghi dei Tropici sono molto affascinanti, soprattutto per le piante, i cocoteros,  che crescono implacabili sotto il sole, tra la sabbia...

Le piscine relax,  se alcuni ospiti leggessero le proibizioni – non tuffarsi, non bambini, non gridare,  non reggheton - sarebbero meravigliose. 

Si va a mangiare al self-service  con centinaia di tavoli, lunghissimi banchi colmi di ogni ben di dio, come si dice,  decine e decine di camerieri che girano  sorridenti e gentili con enormi vassoi carichi quasi sempre di bicchieri;  carrelli colmi di centinaia di piatti sporchi. 

Abbigliamenti tanto differenti che diventa uno spettacolo guardare.  Ci si serve da soli. Tutto quello che vuoi,  ti risiedi al tuo tavolo, mangi  e guardi.

A parte il tuo gruppo, di uno o più elementi, non è facile parlare con gli altri, sembra d’essere in un ascensore. Bevi il caffè espresso  al bar e l’ammazza caffè è un liquore prestigioso.  L’animazione ricrea gli ospiti  con balli canti e spettacoli vari.  

Gli ospiti guardano, applaudono a volte, vanno a dormire,  a colazione e così via, conversando il minimo. 

La difficoltà di comunicazione che s’instaura in questi bellissimi  luoghi di villeggiatura di massa è straordinaria e impressiona 

Anche i sorrisi scarseggiano, mentre si cammina per deliziosi sentieri  delimitati da fiorellini colorati.  Per fortuna ci sono i giardinieri che invece salutano, parlano, ridono e ti regalano grilli fatti con le foglie di palma. Anche i gatti sono motivo di piccoli scambi verbali e risatine.

Sono passati tanti anni e ancora non so “quasi tutto” come quell’odioso moccioso di Viserbella, ma a volte parlo di quelle vacanze, di quell’atmosfera un pò decadente e rilassata davvero -senza cartelli per insegnarti - dove gli ospiti della pensione erano sinceri e spontanei, quando non era ancora inutile scambiarsi gli indirizzi.


IL COMPLEANNO DI FIDEL  

 

Se c’è al mondo una persona schiva al mondo è Fidel, nemico delle lodi sperticate, attento solo i veri valori, amico profondo di poche parole,  ma di grandi sentimenti. Un esempio tra tutti è la lettera che ha scritto dopo la morte di Hugo Chávez , che era suo collega come presidente,  ma era suo figlio, il suo discepolo, un  amico, un socio alla cubana, con cui ridere, cantare, ricordare  a cuore aperto.

E ora Fidel compie 87 anni molto intensi, mentre Hugo ne avrebbe compiuti solo 58, e non c¡è nemmeno arrivato,  lasciando un vuoto umano enorme, perchè se il Venezuela avanza grazie a Maduro e a tutti compagni impegnati  nella Rivoluzione bolivariano, che hanno studiato con lui e portano avanti il suo imprescindibile legato, è la sua figura che manca, è il suo sorriso così accattivante, la sua risata trascinante, la sua amabilità, la sua anima grande aperta ai problemi e ai dolori degli altri, del suo popolo e degli altri popoli del mondo. 

Fidel compie 87 utili anni, occupato in ricerche e investigazioni, sempre dedito al benessere delle popolazioni, cercando soluzioni alle plaghe che tormentano gran parte del umanità per responsabilità dei governanti di paesi poderosi, neoliberisti e guerrafondai.

È molto più che egoismo quello che si applica nelle politiche contro i paesi del detto Terzo mondo: è genocidio, è furto dei cervelli, è furto di materie prime,  è negazione dell’essere umano in quanto tale,  e anche della sua sopravvivenza.

Chi ci sarà dopo di noi sarà testimone di quel che accadrà in questo povero pianeta... ma la vita continuerà, dice Fidel, che è sempre stato carico di quel meraviglioso ottimismo che caratterizza i veri rivoluzionari.

A Cuba, contro gli opportunisti,  i nemici della società, i venduti al nemico che è uguale ma non è lo stesso, si svolge quotidianamente la battaglia per rinforzare il socialismo, per  sviluppare un socialismo prospero e sostenibile per il benessere della popolazione, seguendo le Linee approvate nel VI Congresso del PCC, applicando nuove misure economiche, studiando e correggendo quando è necessario, come ha insegnato Fidel e come sostiene e spiega Raúl, con la sua capace presidenza.

Fidel  merita di vedere l’eliminazione del blocco e i Cinque, tutti e Cinque,  liberi a Cuba, e questo è quello che gli auguro per il suo compleanno.

Cuba va e vale la pena!

Invio e inviamo mille e mille auguri a Fidel, per il suo 87º compleanno il 13 agosto, all’uomo che ha reso possibile la realizzazione del sogno di un uomo, di un popolo nuovo, solidale e generoso, che condivide quello che ha e non quello che gli avanza.

Buon compleanno Comandante  Fidel da questa italiana che più di 20 ani fa è venuta a Cuba per dedicare  silenziosamente tutto il tempo che le resta alla realizzazione di tutto quello che Lei espose in “La storia mi assolverà”.

Hasta la victoria, sempre!  


INDISCIPLINA, ALCOOL  E MORTE...

  

• Sono già undici  a L’Avana i morti intossicati con alcool metilico, venduto e bevuto come  rum.  Questa disgrazia è avvenuta in questi giorni di festa estiva, con i bambini in vacanza, e molti lavoratori in ferie, in un quartiere umile del municipio de La Lisa: il Consiglio Popolare Balcón Arimao.  Due dipendenti dell’Istituto di Farmacia e Alimenti, hanno rubato questo alcool da un locale del loro luogo di lavoro e lo hanno rivenduto ad una donna che lo ha a sua volta venduto in maniera illegale, provocando morte e dolore in molte famiglie.

Nel fine settimana  più di 60 persone hanno bevuto  questo falso rum, questo veleno, sicuramente con ghiaccio dato il caldo che fa. 

Forse alcuni  lo hanno anche allungato con la cola, com’è abituale.

A Cuba non ci sono droghe, poca marijuana, pastiglie di vario tipo di moda tra alcuni gruppi di giovani  “a caccia d’emozioni”,  ma altre droghe no, e si punisce severamente chi ne possiede, ma l’alcool è un problema.

La terra della canna da zucchero produce eccellenti liquori: aguardiente e rum in particolare consisti nel mondo intero. Nell’Isola c’è anche un mercato di rum in moneta nazionale,  caro per uno stipendio standard, ma accessibile per una festa o un’occasione se bevuto con discrezione.  

La Rivoluzione ha sempre fatto campagne d’educazione e prevenzione  contro il fumo

(Fidel non ha mai più fumato in pubblico dopo la decisione dell’Isola di fare propaganda contro il consumo del tabacco) ed ha sempre allarmato contro l’eccesso di alcool.

Spot televisivi e radiofonici sono costanti,  reiterando di non guidare se si beve, di non offrire mai alcool ai ragazzini, insegnando che uno non è “più uomo” se si ubriaca... ci sono anche le donne che devono, ma sono una minoranza...

Ma tutto questo non basta. 

E in questo caso era veleno quello che hanno bevuto: l’alcool metilico è pericolosissimo e mortale.  Forse e questo è l’inizio della tragedia, i due che lo hanno rubato non sapevano   esattamente quanto è dannoso, pensavano che fosse una sorta di “cispa ‘e tren” come si chiamava negli anni più duri del periodo speciale una sorta di alcool micidiale, e chissà se la donna che lo ha poi venduto era al corrente di quello che è, e che fa, se ingerito, l’alcool metilico. Se lo sapevano sono dei criminali, e non solo dei delinquenti approfittatori.

Molti tra coloro che sono stati ricoverati staranno sotto controllo per un buon periodo, per il pericolo della cecità che sopravviene se s’ingerisce questo veleno, e magari  hanno solo accettato un bicchiere di rum da un amico o da un vicino, che ha comprato il liquore pensando di fare un affare...

Uno dei ricoverati ha semplicemente accettato un bicchierino da un amico, perchè era domenica, facendo due chiacchiere; poi si è sentito poco bene e gli hanno detto che c’erano parecchie persone che stavano male dopo aver bevuto “un trago”, e così è andato all’ ospedale  e ne è uscito bene, grazie alle cure immediate.   

È una storia triste, costata undici vite umane per un sorso di rum e dovuta solo all’avidità di alcune persone che per pochi soldi hanno ucciso biecamente, ignorando tutto quello che la Rivoluzione insegna, la conoscenza che offre, l’importanza assoluta e prioritaria dell’essere umano, la difesa della vita.

Nell’Isola, icona di virtù  nel mondo, è penoso che accadano fatti di questo genere,  e anche se i responsabili risponderanno per  questi delitti, resta  più importante la necessità  d’insistere maggiormente, di ripetere  gli insegnamenti su una sana condotta di vita, con tutta l’attenzione a ciò che si mangia o si beve, a comprare solo legalmente prodotti sicuri. Anche se poi, è tristemente vero,  accadono anche disgrazie impreviste.  


DOPO  IL 26… VIENE IL 26!
 

In un’occasione ho scritto dell’emozione che ho provato, tutti i primi  maggio, a cantare l’Internazionale in gruppo con Fidel a pochi metri da lui, al termine della manifestazione, con la sua voce guida, e migliaia di compagni  di tutto il mondo a fare il coro in una piazza emblematica, com’è Piazza della Rivoluzione,  con Josè Martí che ti guarda e sorride in quelle  occasioni.

Pochi sanno che uno dei primi lavori di Fidel come avvocato, fu la difesa degli abitanti della zona dove ora c’è  la piazza, persone modeste, lavoratori,  che avevano ricevuto l’ordine di sgombero dal regime di Batista, che li avrebbe messi tutti in mezzo alla strada senza la difesa appassionata ed intelligente del giovane avvocato  che riuscì ad ottenere per loro degli alloggi sostituivi, che non erano  stati previsti.

In un’altra piazza, a Santiago di Cuba, l’altro ieri si è cantato l’Inno del 26, con Raúl, che è il fratello minore di Fidel per l’età, ma non certo per le capacità, che a due anni è alla guida dell’Isola, fomentando grandi cambi indispensabili per un futuro  fruttifero, cambi nell’economia, nella produzione, nella mentalità.

Sono passati 60 anni da quel 26 di Luglio su cui non si è scritto ancora abbastanza, quel giorno della Santa Ana in cui molti furono uccisi, in cui accaddero fatti di disumana crudeltà, in cui l’eroismo di tanti giovani brillò più che mai, in cui si scrisse a lettere di fuoco la volontà d’indipendenza, di sovranità, di libertà, di democrazia di una generazione – quella del centenario  di Martí -  e di un popolo oppresso.

Costò una guerra la libertà, la vera indipendenza; costò tante vite di patrioti, ma giunse trionfante il 1º gennaio del 1959.

Qui a Cuba si canta che il 26 è il giorno più allegro della storia e non certo per cinismo, ma per sottolineare la volontà che mise in moto una marcia inarrestabile che, dopo la Moncada, portò al Messico, alla traversata con il Granma, alla guerra sulla Sierra, alle colonne degli invasori,  alla vittoria.

Liberi o morti, aveva detto Fidel.  

E poi è venuta la lotta costante contro  le angherie degli Stati Uniti, contro il blocco, contro le campagne false e vergognose, le manipolazioni, i furti di cervelli, di denaro, di marchi degli Stati Uniti e dei loro vassalli...

Più di cinquant’anni di battaglia ininterrotta, e nonostante questo Cuba è diventata un paese esemplare in molte sfere, con enormi conquiste, una popolazione colta, il rispetto dei diritti, salute ed educazione gratis e garantite e la sua forte decisione d’integrazione regionale.

La crisi internazionale e i problemi economici interni hanno differenziato  una parte della realtà cubana che esisteva, che pesava sullo Stato , paternalista, ma: “Nessun cubano sarà abbandonato”, ha reiterato Raúl più volte, incitando nello stesso tempo alla disciplina, alla produttività, all’impegno, alla costruzione di un socialismo  prospero e sostenibile...

E per costruire tutto questo si deve prendere come esempio quel 26, quel giorno  della Santa Ana, e fare di ogni giornata  che viene un nuovo 26, un giorno di lotta e di conquista, con Fidel e con Raúl, con tutte le donne e gli uomini  degni, cubani o no, che credono che un mondo migliore è possibile.

Per questo a Cuba siamo sempre in 26! •   


IL 26 DI LUGLIO PER MIGLIORARE L’UOMO 

 

Qui a Cuba siamo in 26!

Sono passati 60 anni da quel giorno storico della Santa Ana, quando un centinaio di giovani  rivoluzionari molto valorosi decise, con la guida di Fidel, di assaltare la seconda fortezza militare dell’Isola, devastata dalla ferocia di Fulgencio Batista e i suoi sgherri.

Furono avvenimenti immemorabili quelli del 26 di luglio, le fondamenta del trionfo della Rivoluzione sulle basi delle idee di José Marti elaborate  ed applicate da Fidel.

 Quel 26 di luglio di 60 anni fa è qui tra di noi, per noi, in noi,  partecipanti attenti alle sfumature, a qualcosa “che si sa solo adesso”, alle parole dei personaggi coinvolti allora,  vistando i luoghi  di quella Santiago insanguinata dalla tirannia. 

È una data internazionale, che si celebra in molti paesi.  Fu una dimostrazione di enorme volontà, di coraggio basato nelle idee del Maestro, nel suo centenario, di desideri di libertà, democrazia,  sovranità qualsiasi costo.  

E ancora non si può dimenticare,  e non si deve dimenticare il massacro dei giovani combattenti  fatti prigionieri e vilmente trucidati.  

Batista non ha mai pagato per le sue atrocità, così come molti altri tiranni, fuggiti  con gli ultimi tesori rubati nelle loro nazioni depredate,  sempre protetti dai  governi degli Stati Uniti di cui  erano sempre  complici.

Le varie generazioni di cubani festeggiano in molti modi questo 26, in tempi in cui si lavora per perfezionare il socialismo,  con  un reclamo di un maggior apporto di disciplina, di etica, di onestà, di dedizione, d’amore per questa piccola Isola che è un emblema, un esempio  che risorge sempre dalle ceneri in cui la vorrebbero seppellire, sempre più in alto.

Non basta il blocco, non bastano le campagne diffamatorie, non bastano le proibizioni di tutto ciò che potrebbe aiutare ad uno sviluppo maggiore, delle conoscenze  e delle tecnologie. 

Oggi ci sono molti compagni di lotta al fianco di Cuba,  ci sono fratelli e  amici di  Cuba, ci sono i Cinque, tutti esempi del rivoluzionario cubano eroico, e questo rende Cuba diversa  e migliore, con tutti i problemi da risolvere che ci sono.  Quest’Isola è comunque differente e qui l’uomo è al centro dell’universo, che è umanità, come disse Martí.

Il  26 non è solo festa: è promessa, è impegno, è ricordo e celebrazione, è tristezza nel ricordo,  è amore di migliaia di meravigliosi compagni di tutte le età. Tutti impegnati a dimostrare che qui è sempre 26.

Il 26 è simbolo di come può essere un popolo, una società,  per crescere  e unire, rinforzare e apportare benessere, amicizia e pace.


DIRE LA VERITÀ 
 

Attualmente chi ha la possibilità d’usufruire di mezzi tecnici moderni e sofisticati  - e non si pensi che tutti i cittadini del mondo  hanno questa possibilità:  sono milioni coloro che quasi non sanno cos’è un telefono -  è tempestato da un mucchio di note e notizie e inviti e allerta di vario genere solo aprendo la posta elettronica.  

Un’alta percentuale delle note e dei messaggi sono da cestinare per volgarità, prepotenza, superficialità, mancanza di precisione, mancanza  d’investigazione, affermazioni false, incitamento sottile all’odio, al razzismo e all’esclusione.

Poi ci sono i giornali,  e va detto che la stampa alternativa nel mondo è davvero troppo poca. È  povera e coraggiosa, ma limitata per colpa dell’arma più poderosa che oggi si usa nel mondo: il denaro.

I governi non agiscono certo per formare coscienze e nemmeno nelle scuole - a tutti  i livelli – s’insegna ad avere un criterio razionale sul denaro, che è utile e  serve per vivere,  e va ottenuto  lavorando.

Se comprare è il motto imperante - o meglio era dati i tempi di crisi -  il  “non comprare” fa sentire frustrati... porta all’aggressività, all’asocialità, alla depressione, alla violenza, alla menzogna, alla delinquenza, al mondo della droga e anche peggio...

Ricordo un bambino in un super mercato che gridava alla madre “ Comprami” urlando frenetico e alla domanda della madre “Ma cosa?”, rispose: “Non so, comprami”! 

La frustrazione che oggi s’intuisce dalle note di cronaca, su fatti di  violenza, dai dettagli sulla mancanza di relazioni civili, sulla non comunicazione che esiste tra le persone impressiona, riguarda soprattutto gli abitanti dei paesi più ricchi, ricchi o poveri che siano...  Tutto questo si somma ai problemi sempre esistenti  di violenza e sfruttamento dell’ infanzia e di genere, di razzismo e intolleranza.   A Cuba si parla e si discute di tutto questo. Qui si formano le coscienze, in uno sforzo costante e a tutti i livelli scolastici,  seguendo la precisa volontà e l’orientamento del Governo.  Anche se non tutti recepiscono allo stesso modo e sono diversi che si lascino turlupinare dalla false sirene che chiamano dai paesi poderosi.

La scuola di José Martí è più che mai vigente ed ha superato molti confini, approdando in Venezuela, Ecuador, Bolivia e altri paesi della regione, dove si insegna a dare il giusto valore al denaro, a non farne un “dio padrone”.  

Tornando ai giornali, un titolo di uno dei più importanti giornali italiani riporta: La stella del baseball cubano in fuga per la libertà...”

Si potrebbe scrivere una tesi su quanta tossicità  è implicita in questo titolo, sulla manipolazione di una situazione, sulla mancanza – forse volontaria di  conoscenza della vita a Cuba. 

Un cittadino cubano che vuole partire dall’Isola lo può fare pagandosi un passaporto  e “la libertà” (lui sa quella che cerca perchè a Cuba non manca di certo) se la può cercare dove più gli piace. 

La fuga tra virgolette perchè nessuno è prigioniero, è per denaro, solo per i soldi che comandano nella vita di molti, illusi.  

Durante una conferenza stampa, alla domanda di una giornalista, se era vero che due ragazzi del Balletto Nazionale di Cuba si erano fermati negli Stati Uniti durante una turnèe, Alicia Alonso, la stella cubana, rispose: “Sì è vero, ed hanno fatto molto male, non per noi, ma per loro stessi.  Noi abbiamo un gran numero di ballerini di grande capacità e loro non sono i migliori...

Adesso cominceranno a ballare con qualche gruppo,  ma appena faranno un errore  o tra qualche anno  saranno abbandonati, senza lavoro e senza ricordi.  

Senza più possibilità. Inoltre non erano ancora totalmente maturi e  preparati, sono molto giovani, e qui con noi avrebbero continuato la scuola, seguiti  e curati. E qui avrebbero ballato sino a quando  fosse stato possibile,  ma poi avrebbero continuato a partecipare,  insegnando ed essendo ammirati, stimati ed amati come il primo giorno, perchè se il denaro non è molto, per una lunga serie di motivi, primo tra tutti il blocco criminale imposto dagli Stati Uniti, l’amore che Cuba offre ai  suoi professionisti, in qualsiasi campo, è grande e vale molto più del denaro che offrono all’estero “fino a quando servi”, e soprattutto dura per tutta la vita.

Attualmente esiste nel mondo detto più ricco una sorta di massacro delle intelligenze che viene chiamato libertà, e dove fanno il deserto dicono che c’è la pace!    

 

 

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