CULTURA
CUBANA
Cuba e Botteghe
Oscure, dialogo a singhiozzo
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Un documentato libro di Onofrio Pappagallo ricostruisce le
relazioni bilaterali tra comunisti italiani e cubani dal 1959 al
1965.
di ALDO GARZIA
E’ poco noto
ai più che ci fosse anche un italiano sull’imbarcazione Granma quando il
2 dicembre 1956 sbarcò sulle coste cubane per accendere la scintilla
dell’insurrezione contro il governo di Fulgencio Batista. Si trattava di
Gino Donè (1924-2008), un ex partigiano finito a Cuba dopo la
Resistenza. Più noto è il viaggio a L’Avana, compiuto nell’ottobre del
1981, da Enrico Berlinguer e da una delegazione del Pci composta da
Antonio Rubbi, Renato Sandri e Ugo Baduel. L’incontro si svolge in un
momento particolare: l’Unione Sovietica ha occupato militarmente
l’Afghanistan. Il Pci condanna, i comunisti cubani approvano. Noto è
anche il rilievo avuto dalla rivoluzione cubana sul dibattito della
sinistra italiana degli anni Sessanta fino al ’68, quando l’uccisione di
Ernesto Che Guevara in Bolivia (1967) sembrò la sconfitta dell’ipotesi
di far crescere un terzo polo della politica mondiale da incuneare tra
Stati Uniti e Unione Sovietica.
Quasi sconosciuta è invece la storia dei reali rapporti tra i comunisti
italiani e Cuba all’indomani del 1959, quando Castro e Guevara entrano a
L’Avana. Ora questa lacuna storiografica è colmata da un meticoloso,
documentato e prezioso libro di Onofrio Pappagallo, giovane ricercatore
presso l’università di Bari (Il Pci e la rivoluzione cubana, Carocci,
pagine 258, 26 euro). La chiave interpretativa che orienta la ricerca
dell’autore (limitata all’arco temporale 1959-1965) è che il Pci fosse
molto interessato a capire la natura politica della rivoluzione a Cuba
assieme a ciò che accadeva in alcuni Paesi del Terzo mondo con la fine
del colonialismo.
Il “polimorfismo” indicato da Palmiro Togliatti nel pieno del conflitto
tra Mosca e Pechino sulla scena internazionale presupponeva, infatti, il
crescere di realtà non assimilabili al tradizionale rapporto di egemonia
esercitato dall’Urss. Questa preoccupazione di Togliatti toccherà poi
l’acme nel Memoriale di Jalta, scritto nel 1964 poche ore prima di
morire in Crimea, dove si auspica un multipolarismo all’interno del
movimento comunista internazionale. Da qui l’interesse iniziale del Pci,
come di gran parte della sinistra europea, a capire cosa stesse
accadendo in un’isola dei Caraibi dove una rivoluzione aveva scelto
l’identità socialista senza particolari rapporti con l’ortodossia
moscovita e si era sviluppata al di fuori delle regole del leninismo
(senza un partito comunista egemone, senza un proletariato industriale).
Ma questa iniziale attenzione - si desume dalle pagine di Pappagallo -
decresce quando L’Avana sceglie di indicare ad altri Paesi
latinoamericani la via della lotta guerrigliera e di aiutare i movimenti
che adottano quella modalità di lotta politica.
Da quel momento in poi è un susseguirsi di viaggi che però non saldano i
rapporti tra comunisti cubani e comunisti italiani: Luigi Pintor nel
1963, Pietro Ingrao nel 1964, poi Ugo Pecchioli, Giuseppe Chiarante e
Rossana Rossanda, per citare solo alcuni dei protagonisti di quelle
relazioni. A prevalere sono più i dissensi e le diffidenze che i punti
di convergenza, malgrado in quegli anni fosse presente a L’Avana, come
corrispondente dell’Unità, Saverio Tutino che informava stabilmente, sia
sul quotidiano del Pci sia sul settimanale Rinascita, sugli avvenimenti
che accadevano a Cuba e nel resto dell’America Latina. La curiosità del
Pci verso Cuba si affievolisce del tutto via via che la rivoluzione a
L’Avana si istituzionalizza e per sopravvivere viene a più miti consigli
con Mosca. Il viaggio di Berlinguer del 1981, da questo punto di vista,
è un episodio isolato. Forse Cuba e il Pci parlavano due linguaggi
politici differenti. Lo stesso Pappagallo, autore del libro, sembra
avvalorare tale ipotesi.
Onofrio Pappagallo
Ha conseguito il dottorato
di ricerca in Storia dell’Europa moderna e contemporanea presso
l’Università di Bari. Studioso dei processi politici che hanno
interessato l’America Latina, è stato ed è promotore, attraverso
numerose iniziative, della diffusione della conoscenza del mondo
latino-americano.
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Onofrio Pappagallo
Il PCI e la rivoluzione cubana
La via latino-americana al socialismo tra Mosca e
Pechino (1959-1965)
Prefazione di Carlo Spagnolo
Studi Storici Carocci
€ 26,00
2009 pp. 256 ISBN 9788843051885
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In che misura il movimento comunista internazionale
fu influenzato, negli anni Sessanta, dall’esperienza rivoluzionaria
cubana? A cinquant’anni dall’entrata trionfante di Fidel Castro e dei
barbudos a L’Avana, l’interrogativo da cui prende le mosse la ricerca di
Pappagallo apre lo sguardo sulle peculiarità del processo rivoluzionario
cubano, la cui svolta socialista colse di sorpresa il mondo intero.
L’adesione di Cuba al socialismo, la scelta di una "terza via" si
ripercuotono sulle politiche del PCI e della sinistra italiana durante
gli anni Sessanta, offrendo un’insolita chiave di lettura degli assetti
ideologici dei partiti in quegli anni. Gli echi della rivoluzione cubana
attraversano la politica mondiale, collegando Cuba ai percorsi storici
internazionali e trascinandola in un intreccio di relazioni in continuo
scontro e confronto. L’analisi delle influenze reciproche, dei
condizionamenti e degli sviluppi messi in moto dalla rivoluzione cubana
ripercorre quegli anni appassionandosi al gioco di specchi e di richiami
che pone Cuba al centro della politica internazionale.
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