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STORIA

 

 

Aprile del 1959: Fidel negli  Stati Uniti

 

di Gustavo B. Estorino

 

 

• Il 15 aprile del 1959, l’allora  primo ministro Fidel Castro iniziò un viaggio di due settimane negli Stati Uniti, invitato dalla Società degli Editori di Quotidiani del paese.

Prima d’abbandonare il suolo cubano disse: “Questa visita è una continuazione dell’Operazione Verità per difendere la Rivoluzione da tutte le calunnie”.

Una folla lo aspettava da ore davanti all’aeroporto di Washington e gridava “Fidel! Fidel!”.

Quando scese dall’aereo, un robusto agente gli disse: “Non può andare verso la gente”, ma lui non lo ascoltò, burlò la sua vigilanza e si avvicinò alla barriera della pista che separava il pubblico.

Il giorno dopo fidel dichiarò: “voi siete abituati a vedere i rappresentanti degli altri governi venire qui a chiedere denaro. Io non sono venuto per questo. Sono venuto solo per cercare di raggiungere una miglior intesa con il popolo nordamericano. Necessitiamo migliori relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti”.

Poi incontrò il segretario di Stato Christian Herter. Un funzionario che lo voleva conoscere osò dire solamente: “Dottor Castro, io sono quello che maneggia le cose di Cuba”, e Fidel replicò immediatamente: “Scusate, ma chi maneggia le cose di Cuba siamo noi!”

Poi incontrò la stampa e parlò di compensare il bilancio commerciale tra l’Isola e il vicino del nord. 

Parlo con i membri dela Commissione Esteri del Senato il 17 aprile.

Due giorni dopo affrontò un gruppo ostile nel programma televisivo  Meet the press. (Incontro con li telereporters), e si riunì  con Richard Nixon, allora vicepresidente degli USA.

Al termine della conversazione dichiarò alla stampa d’aver esposto la sua opinione sulle dittature e la democrazia.

“Non può esistere una vera democrazia sino a quando ci sarà tanta fame, uomini senza lavoro e  tanta ingiustizia”, aggiunse.

Fidel andò nell’Università di Princeton, il 20 aprile, dove tenne una conferenza. 

Nell’università di Columbia, il 21, dopo il suo intervento, ci fu uno scambio intenso con gli studenti; il giorno dopo andò nella sede della ONU e il 24 espresse la solidarietà della Rivoluzione cubana con l’America Latina in una manifestazione affollatissima, nel Parco Centrale di New York, dove pronunciò un discorso acceso e memorabile.

“Poche volte nella vita ci viene data l’opportunità di vivere un minuto tanto emozionante come questo. È possibile che per molti anni della storia di questo continente non si sia mai vista una manifestazione come questa, non per la sua importanza numerica, anche se è davvero grande e stando a quanto si dice è la più grande mai vista a New York, che è la più grande città del mondo”,  disse alla folla che lo acclamava.

Poi puntualizzò: “Il valore di questa manifestazione radica nelle persone che sono qui, perchè non ci sono solo cubani, qui ci sono i dominicani, i portoricani, i messicani, i centroamericani… e anche un buon numero di nordamericani”.

Poi, fece una vera dichiarazione di principio: “Non sono venuto qui a nascondere niente, perchè la nostra Rivoluzione non ha niente da nascondere. Non sono venuto qui a chiedere niente, perchè la Rivoluzione non ha niente da chiedere, se non amicizia e comprensione. Sono venuto qui  semplicemente per fare quello che facciamo nella nostra patria: parlare al popolo, dire la verità, esporre i nostri pensieri. Sono venuto a dimostrare ancora una volta la nostra immensa fede nei popoli”.

Tra gli applausi  e gli evviva, Fidel parlò del destino del processo iniziato nell’Isola.

“Governare per noi significa salvare la giustizia e soprattutto salvare la democrazia nel continente americano, perchè se la Rivoluzione cubana si sbaglia, se la Rivoluzione cubana fallisce,  cosa avverrà delle speranze dell’America? Cosa avverrà di quel che Cuba può fare per la democrazia dell’America? Senza volerlo,  senza ambizioni da parte nostra, la nostra Patria è diventata un esempio, senza nemmeno proporselo Cuba è diventata una speranza”.

“La presenza di questa folla di latini in questa notte è più eloquente di qualsiasi ragione, è più eloquente di tutte le parole  e dice altre cose, che i popoli d’America stanno con la nostra Rivoluzione democratica, umanista e di giustizia e che aspirano a sviluppare le loro economie, a sviluppare la proprie ricchezze; che l’America Latina, che i latinoamericani e i nordamericani abbiamo gli stessi sentimenti e che questa visita e questa manifestazione grandiosa dimostrano che i popoli dell’America Latina possono contare sulla solidarietà del popolo nordamericano”.

“Ho fiducia in quello che stiamo vedendo. Ho fiducia in questo risveglio formidabile del nostro continente. Ho fede assoluta nel futuro di questo continente, ho fede e posso assicurare qui che sono certo che il futuro dell’America sarà un futuro molto diverso da quello che è stato sino ad oggi.

Già da allora Fidel segnalava la necessità dell’unità dei popoli latinoamericani.

“Uniamo tutti i popoli in una sola aspirazione. Uniamo tutti i popoli  dell’America Latina in un sola spiegazione. Unire  e non divedere.  Uniamo tutti i popoli del continente in una grande aspirazione continentale. Questa à la dottrina della nostra Rivoluzione”.

Il giorno dopo Fidel andò a Boston e dopo uno straordinario ricevimento  rispose alle domande degli studenti di Harvard. 

La mattina di domenica 26 aprile lasciò il territorio degli Stati Uniti per andare in Canada, anche se il giorno dopo, in viaggio per l’Argentina fece un breve scalo a Houston, in Texas.

Per diversi giorni dopo la sua visita la stampa continuò a commentare le due intense settimane di Fidel negli Stati Uniti.

Il capo degli ispettori della polizia di New York dichiarò che il primo ministro cubano aveva avuto il ricevimento più grande mai dato ad un dignitario latinoamericano: una cos mai vista nella città nei suoi 25 anni di servizio.•