TURISMO
 

EL FLORIDITA

 

 

UN ANGOLO DI PARADISO

di Guido Guidi Guerrera

Esiste un angolo di paradiso per tutti gli autentici edonisti del mondo che non può essere affatto ignorato: “El Floridita” dell’Avana, in fondo a calle Obispo e già affacciato al Parque Central. Chiamato oggi come ai tempi di Hemingway ‘cuna del daiquiri’, cioè ‘culla del daiquiri’, continua a mantenere intatta la sua tradizione di grande tempio dell’ottimo bere. In questa specie di spazio ‘uterino’ , che per forma geometrica ad ampolla rovesciata ricorda ed evoca il benessere atemporale di un ancestrale alveo materno, si apre anche un famoso ristorante dove qualità e prezzi sono rispettabilissimi entrambi. La cucina è internazionale e assieme all’ambiente tutto drappi e luci soffuse conserva quell’allure precastrista che ne faceva un ambìto locale dei vip americani dell’epoca. Assieme ad Ernest Hemingway erano clienti Ava Gardner, Spencer Tracy, Gary Cooper e insomma tutti gli alcolisti impenitenti del bel mondo dorato di cinema e letteratura. Già allora il conto al ristorante era assai salato, proprio come adesso dove, a parte ottimi crostacei e squisite aragoste, si pagano a prezzi sostenuti piatti abbastanza comuni e per giunta privi dell’aggressività coinvolgente della cucina cubana vera e propria. E’ nel lontano 1817 che viene inaugurato in  calle Obispo y Monserrate “La Piña de Plata”, che in seguito sarà conosciuto dal mondo intero col nome di Floridita. . Nel 1953 la rivista “Esquire” lo segnala ai suoi lettori come uno dei  bar più famosi del mondo mentre nel 1992 gli viene assegnato il prestigiosissimo premio ‘Best of the Best Five Star Diamond Award’organizzato  dall’ Accademia Americana di Scienze  Gastronomiche che lo laurea col  titolo di  ‘re del daiquiri e ristorante di alta classe ’. Oggi nel celebre caffè si consumano non meno di mille daiquiri al giorno e come ogni grande ristorante che si rispetti quello de ‘El Floridita’ può anche contare su una cantina  davvero invidiabile della quale Orlando Blanco Blanco  è il guru inappuntabile e perfetto. Un sommelier all’Avana è raro quanto un gelataio al polo, ma Blanco Blanco  lo è senza ombra di dubbio e con tutte le necessarie credenziali: “ Quando ho iniziato dieci anni fa a lavorare nella ristorazione sono entrato in contatto con il mondo per me fino ad allora sconosciuto del vino. Ho provato subito grande curiosità per l’enologia che qui a Cuba solo recentemente sta destando interesse, così ho conosciuto specialisti del settore italiani,francesi e spagnoli che hanno contribuito alla mia formazione. Devo dire che  qui da noi i vini più apprezzati sono cileni, australiani,sudafricani e californiani, ritenuti ottimi per il rapporto qualità-prezzo.” Orlando Blanco Blanco è stato in Italia dove ha avuto l’occasione di visitare le cantine Antinori in Toscana e Sartori nel Veneto, ma anche in Spagna invitato da Torres e da Sardà.  Un lungo viaggio di arricchimento culturale  che per lui come per ogni cubano al quale venga offerta la straordinaria possibilità in genere preclusa di uscire dal suo mondo, assume una miriade di significati e di emozioni. E nella memoria del sommelier del Floridita due vini troneggiano alla stregua di icone incontrastabili: l’amarone di Sartori e il Tignanello di Antinori. E mentre Orlando Blanco Blanco sogna l’Europa e le suggestioni più intense che certamente tiene nel cuore e non possono essere raccontate a chiunque, la sala de ‘El Floridita’ brulica della solita vita: di turisti distratti e sudati che vengono scaraventati dentro dalla guida di turno, di corteggiatori di atmosfere che continuano a  fissare la scultura di Hemingway appoggiato al banco tanto da sembrare davvero lui in carne ed ossa, di suonatori ambulanti che intonano ‘Guantanamera’, inni al Che e struggenti ‘Dos Gardenias para ti’. Dietro al banco lucido di lacca rossa e alluminio su cui campeggia la scritta ‘cuna del daiquiri’, i camerieri con le loro giacche scarlatte fanno fiorire nei cristallini bicchieri da cocktail quel liquido color del mare chiamato diaiquiri, inventato da un tale Constantino Ribalaigua Vert detto il Grande Constante che fu il proprietario del Floridita, quando la proprietà era possibile ed esisteva. Constante che usava una originalissima  macchina per tritare il ghiaccio americana marca flak - mak  fece la fortuna del bar preferito da Hemingway che ha reso immortali quelle atmosfere  nei suoi racconti e in particolar modo in ‘Isole nella Corrente’.  Danel Gonzales Hernandez, che forse ha ereditato per magia qualcosa del ‘Grande Constante’ , è ai giorni nostri uno dei camerieri più ‘gettonati’ del Floridita: modi simpatici, ottimo parlatore (conosce tra l’altro benissimo l’italiano) , fa dei daiquiri superbi e usa i suoi occhi verdi dallo sguardo caliente e magnetico per fulminare le sue innumerevoli prede femminili. Beato lui. D’altra parte pur rendendosene perfettamente conto da vero gentlemen glissa sull’argomento e giura di amare solo la sua donna. Ultimamente,  alla inarrivabile bravura di barman che ha portato pure lui l’anno scorso in Italia per un concorso internazionale  sta aggiungendo  la difficile arte di sommelier di sigari. Appassionato da otto anni, ha carpito ogni segreto che riguarda i ‘puros’ come si chiamano all’Avana, affinando le iniziali qualità di ‘aficionado’ che adesso sono do fatto quelle del professionista: “ Il sigaro necessita di cure speciali a cominciare  dalla pianta –  spiega Danel -  che va mantenuta sempre al giusto grado di umidità perché non si comprometta la qualità  delle foglie che devono essere sane e ben adatte all’uso. Dalla consistenza delle foglie e dalla loro miscela nasce il giusto equilibrio di sapore, combustibilità e forza del tabacco - ‘volado’, ‘seco’, ‘ligero’ - che si arrotola in tre stadi la capa,la tripa e il capote per dare forma definitiva ai sigari. Un buon assaggiatore  deve così avere buon naso, esperienza nella degustazione e soprattutto amore e passione.”  El sor Hernandez sostiene di preferire i Cohiba siglo XVI , i Montecristo n°2 e i Partagas serie P. Sta accendendo a un cliente  con un cerimoniale fastoso e lungo, che si preannuncia credo anche piuttosto dispendioso, un magnifico ‘Unico Robaina’ che mi sto mangiando con gli occhi.” Si gira verso di me ammiccando: non ti preoccupare ne ho uno qui tutto per te.”  Ecco perché, signori, all’Avana tornerei anche domani.

 

 

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